Non sono con voi in questo congresso molto importante, ma la mia assenza e' dovuta a motivi contigenti. Deriva da una serie di problemi che ho avuto sul lavoro che mi impediscono ogni movimento in questo momento. Tutto capitato all'ultimo minuto.
Lungi da me la tentazione di sottrarmi alla doverosa valutazione dell'operato del triumvirato, per la parte che mi compete. Il giudizio per quanto mi riguarda è presto detto: si e' trattato di una assenza piu' che di una presenza, e le poche attivita' che ho svolto non richiedevano certo il ruolo di segretario nazionale per poterle fare. Si e' trattato di compiti che solo in una situazione straordinaria e strana come la nostra possono essere considerati propri di un segretario nazionale. E certo molti militanti del Cora hanno fatto molto di piu' di quello che sono riuscito a garantire io in quest'anno.
Autocritica? No, ve la risparmio. Anche perche' preferisco le critiche, alle un po' lamentose autocritiche commiserative. Critiche che spero possano essere costruttive, non per me ma per la crescita del Cora.
Del resto i successi sono arrivati anche se la debolezza cronica delle nostre strutture ha ormai raggiunto livelli di astenia patologica. M riferisco a quanto e' riuscito a strappare Carmelo dal Consiglio comunale di Torino. Certo, certo, conosciamo tutti i limiti dell'ordine del giorno e la strumentalizzazione che gli antiproibizionisti di sinistra e i proibizionisti di destra ne stanno gia' facendo (si vedano l'incredibile manifestazione di Torino a favore della legalizzazione delle droghe leggere). ma e' stato un fatto, ottenuto grazie alla capacita' e alla intelligenza di un antiproibizionista targato Cora (ed anche a quella specie di panzer delle segreterie che risponde al nome di Giulio Manfredi), e venduto sul mercato della politica come il prodotto piu' fresco e fecondo che il dibattito sulle droghe ha prodotto nel nostro paese dal referendum ad oggi. Ci siamo montati la testa? No, cerchiamo di montare il dibattito, con le contraddizioni che questo comporta.
Della nuova crescita del Cora avrei voluto parlarvi a Bruxelles. Avrei voluto ascoltare e conoscere i nuovi militanti antiproibizionisti che sono venuti al nostro Congresso, perche' soprattutto con loro riusciremo a creare il Cora internazionale che ci siamo dati come impegno allo scorso Congresso di Roma. Ma non essendo con voi provo a inviarvi per iscritto qualche considerazione, sperando che possa essere utile al dibattito di tutti.
Un passo alla volta
Il dado e' tratto, non credo si possa tornare indietro. Al Cora internazionale non c'e' alternativa. Perche' e' doveroso travolgere le frontiere proibizioniste dei parlamenti e delle droghe con una politica antiproibizionista autenticamente sovranazionale. Quante volte ci siamo detti che la legalizzazione delle droghe ha bisogno di una dimensione politica, istituzionale e geografica almeno non inferiore all'Europa? Quante volte ci siamo detti che tutte le battaglie, anche importanti, che a livello nazionale possiamo condurre non daranno la spallata decisiva al regime proibizionista imperante, anche se con diverse sfumature, in Olanda come in Irlanda, in Grecia come in Spagna? Questa e' la volta buona, ed il fatto che la consapevolezza sia maturata in un momento difficile per il Cora italiano non toglie nulla alla forza dell'idea ed al fascino del progetto che abbiamo di fronte.
Credo, pero', che ci sia bisogno di darci del tempo, non per allungare il brodo o per lanciare ancore al passato che non vogliamo far passare: il pericolo e' che il Cora internazionale sia una realta' virtuale. Bella come tutte le cose virtuali, ma poco agevole come strumento di lotta politica. E di questo abbiamo bisogno, non certo di una nuova macchina di sogni.
Cosa intendo quando dico di prendere tempo? Semplice: la mozione politica che uscira' dal congresso di Bruxelles deve prendere atto che non puo' non esserci un percorso per la creazione reale, non virtuale del nuovo Cora. E quando parlo di percorso intendo date, obiettivi di struttura e di politica antiproibizionista in Europa. Se non esiste una struttura minima di azione antiproibizionista (ci tengo molto a questa parola, azione antiproibizionista, perche' e' quello che ci caratterizza da tutti gli altri antiproibizionisti di parola, come in Italia ormai si moltiplicano di giorno in giorno).
Questo non significa che oggi a Bruxelles non deve nascere il nuovo Cora, al contrario spero che tanti tra di voi intervengano e espongano come vedono la nuova dimensione del Cora, quali risorse e quali opportunita' deve poter utilizzare ed attivare. Ma dobbiamo essere realisti, non virtuali appunto, e darai un tempo di verifica puo' servirci per darci un progetto piu' meditato di quello che in questi pochi mesi e con i pochi mezzi che abbiamo, siamo riusciti a concepire.
Non prendo tempo, e non intendo creare una occasione per tornare sui nostri passi. Vorrei che imparassimo dall'esperienza del partito radicale.
Due anni, per consolidare i primi nuclei di azione antiproibizionista in Europa e sperimentare cosa e' possibile fare negli USA. E quando parlo di consolidare parlo anche dell'Italia, che ha bisogno urgente di consolidamento, di mettere radici, cioe', di produrre almeno un altro paio di centri di azione antiproibizionista come Firenze o Torino. Ciascuno con le sue caratteristiche ma comunque attivi sul fronte delle politiche sulle tossicodipendenze. Due anni per cercare di capire quanti soldi e dove trovarli. Due anni per studiare a fondo la struttura organizzativa, per metter mano a un nuovo Statuto e convocare un nuovo Congresso di fondazione. Per poter lavorare, poi, nei due anni successivi preparandoci al meglio per la scadenza elettorale del rinnovo del Parlamento europeo.
Una nuova struttura: i gruppi di azione antiproibizionista regionali
Quale nuova struttura dare al Cora internazionale? Partiamo da un dato semplice, un dato di riconoscibilita' territoriale, di possibile omogeneita' di azione, al di fuori e al di la' delle unita' nazionali che per molti dei paesi che fanno parte della nostra Europa (non solo quella UE) non hanno praticamente senso.
Preferisco una struttura Cora con una forte segreteria internazionale ed un organismo di confronto e controllo dell'operato del segretario. Ma ci vuole una struttura, e secondo me la dimensione regionale potrebbe essere quella giusta.
Regioni? Si le regioni d'Europa: pensate alla realta' italiana: ha veramente senso parlare di un Cora italiano, ben sapendo noi che i nuclei di azione antiproibizionista saranno si e no in dieci regioni italiane? Preferisco sapere che esistono dieci nuclei regionali operanti piuttosto che illudermi di Cora nazionali esistenti solo sulla carta.
In piu' la creazione di realta' nazionali potrebbe esaltare interessi elettorali o di altra natura che dobbiamo tener lontani come la peste dalla nostra nuova natura. Se partiamo col piede giusto dobbiamo evitare da subito la tentazione di creare tanti piccoli feudi nazionali che, oltre a far ridere nella nostra attuale realta' organizzativa, sarebbero pericolosi.
Far parte del Cora dovra' voler dire essere iscritti ad una autentica organizzazione di azione antiproibizionista sovranazionale, che trova concretezza nei gruppi di azione regionali. Niente italiani o francesi o tedeschi, e le azioni, anche quelle rivolte ai parlamenti nazionali, sono condotte direttamente dalla segreteria.
Credo che si possa provare, almeno a concepire questa nuova struttura.
Qualche numero
Gli obiettivi minimi della nuova struttura devono essere concreti: un iscritto per ogni 20.000 abitanti, mi sembra una dimensione attendibile, in termini di militanza ed in termini di risorse economiche di cui il nuovo Cora ha bisogno. Ma bisogna essere ragionevoli, e le eccezioni devono essere subito formalizzate. Per alcuni paesi questo limite non ha senso, o e' troppo chiedere ai pochi militanti che si stanno organizzando di darsi questo obiettivo. Ma stara' ai nuovi organi dirigenti valutare le eccezioni e quanto, con saggezza, bisogna chiedere ai nuovi gruppi perche' possano dirsi nuovi nuclei di azione antiproibizionista.
La nostra nuova sede non puo' che essere Bruxelles, senza dimenticare quello che possiamo continuare a fare da Roma, o magari da Firenze, se esistono le condizioni per trasferire a Firenze la conduzione di alcune delle nostre attivita'. E dobbiamo cercare di concepire strumenti per la circolazione delle informazioni sul Cora. Abbiamo bisogno di uno strumento e di un veicolo, ma per far questo abbiamo bisogno di soldi. E se tanto mi da tanto non credo che noi si possa immaginare di fare il nuovo Cora non mettendo a bilancio preventivo almeno 100 milioni l'anno.
Come e dove cercarli e' nostro compito, e non deve essere sottovalutata nessuna strada.
Destra e sinistra
Potra' sembrare un discorso tutto italiano, ma dobbiamo parlar chiaro sul nostro rapporto con la destra e la sinistra. E credo che anche ai nostri compagni che d'Italia sanno poco o nulla interessera' sapere cosa sta accadendo. Non e' uno scherzo che il segretario del piu' grande partito ex-comunista d'Europa, oggi al governo, dichiara di volere la legalizzazione delle droghe leggere. Se non si spiega quanto sta accadendo si rischia di prendere lucciole per lanterne.
Un caro amico italiano, descrivendo i rapporti del movimento omosessuale con i partiti politici italiani diceva che "la sinistra fa finta che esistiamo e la destra che non esistiamo".
L'immagine puo' essere usata anche per noi antiproibizionisti radicali, e mi spiego.
La destra fa finta che non esistiamo: che non esistono i nostri argomenti, che non esistono le nostre analisi. Quello di cui ha bisogno la destra proibizionista e' non parlare seriamente dei nostri argomenti. Guardateli mentre ripetono le solite litanie sui pericoli derivanti dalla droga libera, sventolando paure e solleticando l'ottusa reazione di chi crede che il male stia nelle sostanze e nelle tentazioni che gli uomini sentono per le sostanze. In realta' non v'e' nessun politico di destra, della destra proibizionista che io conosco (in Italia o all'estero) che non ripeta meccanicamente le pseudoteorie di qualche scienziato, ma soprattutto quello che dicono i rappresentanti delle comunita' terapeutiche che sono diventati i veri, unici, organici paladini del proibizionismo di Stato. E quindi della connivenza tra Stato e organizzazioni criminali. In Italia abbiamo numerosi esempi della mobilitazione totale delle comunita' di ispirazione religiosa contro ogni ipotesi di legalizzazione delle droghe leggere. C
he non risparmia nessuno, nemmeno le comunita' di Don Ciotti, non pregiudizialmente contrario alla legalizzazione, ma trascinato e costretto al silenzio dagli interessi curiali che ne tarpano ogni possibilita' di affrancamento dal pregiudizio proibizionista. Mi ha fatto molta impressione sentire Don Ciotti in una recente conferenza stampa dire che per lui "la riduzione del danno era impegno per l'uomo", compiendo cosi' a livello semantico quella trasformazione dei principi della harm reduction che per essere realmente tali non possono essere disgiunti dalla legalizzazione dell'uso delle sostanze psicosomatiche. Non riduzione del danno ma impegno per l'uomo, ha detto Don Ciotti, dimenticando che "l'impegno per l'uomo" dei Sert italiani prima di cominciare a parlare di riduzione del danno ha prodotto migliaia di persone sieropositive e di morti di Aids.
La destra proibizionista fa finta che non esistiamo, deve farlo, perche' se facesse i conti fino in fondo con i nostri argomenti metterebbe a nudo l'inconsistenza dei propri. Esiste anche una destra antiproibizionista, lo sappiamo, e speriamo che cresca e si dia forza. Si dia forza diventando piu' visibile, organizzata, con noi del Cora innanzitutto.
La sinistra, dicevo, fa finta che esistiamo: e quanto faccia finta lo vediamo tutti i giorni. I Verdi sono ormai diventati il partito con piu' antiproibizionisti ai vertici dopo il Partito Radicale. Addirittura il primo partito italiano, il piu' grosso ex partito comunista d'Europa, erede della tradizione, mai discussa, di Togliatti e di Berlinguer, ha il proprio segretario che si dice d'accordo con la legalizzazione delle droghe leggere. Ma allora abbiamo vinto? Siamo vicini al primo traguardo della legalizzazione dei derivati della cannabis?
No, non e' cosi'. E il tempo che ci separa dalla legalizzazione delle leggere dipendera' da come noi riusciremo a impostare i prossimi mesi di iniziativa antiproibizionista in Italia. Tutto quello che con il governo Prodi riusciremo ad avere e' una piu' robusta depenalizzazione dell'uso e del commercio della cannabis. Tutto qui: lo hanno gia' detto la Bindi, Bianco, la Turco, mentori del compromesso ad oltranza per salvare l'unita' delle sinistre e dei cattolici al governo in Italia.
La legalizzazione e' un'altra cosa. Ed anche la sinistra italiana lo sa. Ma non lo dice, accontentandosi di raccogliere la rendita di qualche voto o di qualche simpatia elettorale di coloro che vogliono lo spinello libero, e nulla piu'.
La sinistra ha messo in piedi una grossa operazione di marketing politico con l sue campagne pro-legalizzazione. fatta salva la buona fede di alcuni, per il resto si tratta di banale "cura delle propieta' elettorali". Di quelle proprieta' etniche quasi, perche' essere a favore dello spinello libero e' parte dei cromosomi di molta sinistra, non solo italiana.
Per far questo devono ridurre l'antiproibizionismo ad una campagna per lo spinello libero, e costringere nell'angolo gli antiproibizionisti del Cora, rei di rappresentare in corpore vili quello che l'antiproibizionismo e' in realta'. Oltre ad essere un pericoloso contendente sul piano dell'audience politico-partitica.
Quindi gli uni fanno finta che esistiamo e gli altri che non esistiamo. E noi?
Dobbiamo continuare, imperterriti, a pretendere di discutere dei fatti, non delle petizioni di principio o degli ideali. Fatti, numeri, analisi serie dell'esistente e degli effetti del proibizionismo sulla vita di tutti noi.
Antiproibizionisti di tutto il mondo ....
Sono due le principali famiglie di antiproibizionisti che conosciamo. La prima e' quella che trae ispirazione dal liberismo economico, che ha messo piu' seriamente in discussione l'esistenza e la forza dei mercati illegali, il pericolo da essi generati ed ha indicato la sottile connivenza involontaria tra azione proibizionista degli stati e diffusione del mercato illegale delle droghe, con quello che ne consegue sul piano dell'aumento del deficit di democrazia e di sicurezza che tutti paghiamo, nei quartieri delle grandi citta' europee come nei paesi in via di sviluppo.
La seconda e' quella che trae fondamento da un substrato culturale a contorni variabili. Se dovessi fare un nome mi viene quello di Castaneda, sapendo benissimo che lui stesso sarebbe scandalizzato e offeso di sapersi capostipite di un antiproibizionismo sulle droghe. Di fatto si tratta di una corrente che non solo sospende il giudizio sull'uso di sostanze (come il liberalismo economico ed il pensiero liberale classico fa su tutti i comportamenti individuali non dannosi verso terzi) ma addirittura ne valorizza qualche aspetto.
Molta sinistra americana si e' nutrita di questa cultura, e molta di quella europea. Dietro moltissimi movimenti per la legalizzazione delle droghe leggere c'e' questo tipo di cultura, un po' beat generation di rito californiano e un po' vitalista come molti movimenti europei del secolo scorso sono stati.
Noi dobbiamo essere non la terza via, bensi' lo strumento che gli antiproibizionisti di tutti i tipi riconoscono come quello piu' adatto perche' dall'enunciazione di teorie si passi ai fatti concreti delle leggi da riformare e dei parlamenti e delle istituzioni internazionali da smuovere.
Dobbiamo chiamare gli antiproibizionisti di tutto il mondo a raccolta intorno ad obiettivi concreti, non per riflettere ma per fare. Il Cora come organizzazione di azione antiproibizionista internazionale, appunto. Secondo me e' quello che dobbiamo fare.
Cari compagni e amici, care compagne ed amiche,
spero che queste poche considerazioni vi possano servire. Cosi' come le note su una possibile mozione statutaria che ho inviato. Certo la mia assenza toglie interesse e peso alle mie proposte, un po' come i matrimoni per procura .... fatene, comunque, l'uso che credete piu' opportuno.
E soprattutto spero che sappiate far tesoro degli importanti interventi che a Congresso sono previsti.
Oggi spediro' le mie prime centomila lire per iscrivermi al Cora internazionale del 1997. Sono al vostro fianco nel lavor che ci aspetta.
Vi abbraccio
Enzo Cucco
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