In un articolo dedicato al problema del Tibet, John Gittings, giornalista del quotidiano londinese "The Guardian", scrive che il Dalai Lama ha avvertito la Cina della possibilità che il popolo tibetano possa mettere in atto una qualche forma di protesta armata se l'oppressione cinese dovesse continuare o farsi ancora più dura. In quello che lui stesso ha chiamato "un grido disperato", il leader tibetano ha detto che se il suo approccio moderato dovesse fallire egli potrebbe anche dimettersi dal suo ruolo. I negoziati con Pechino sono ormai interrotti da più di un anno, ha dichiarato il Dalai Lama nel corso di una conferenza stampa a Londra; mentre "la repressione aumenta e il numero di coloni cinesi (in Tibet N.d.R.) cresce di giorno in giorno", il Dalai Lama comincia ad essere criticato da alcuni militanti della resistenza tibetana per essere troppo "morbido". Il Dalai Lama ha anche sottolineato come le recenti concessioni statunitensi alla Cina abbiano incoraggiato Pechino ad una repressione perfino più du
ra. Queste dichiarazioni del Dalai Lama fanno seguito a numerosi segni di una crescente disillusione del leader tibetano. La sua disponibilità a un ragionevole compromesso con Pechino non stata apprezzata e Pechino anzi ne ha invece approfittato per affermare che la "cricca del Dalai Lama" insiste ancora nel chiedere una completa indipendenza. Il Dalai Lama ha detto anche che molti anziani in Tibet gli chiedono di tornare a qualsiasi costo mentre i giovani lo hanno consigliato di non consegnarsi ai cinesi ma rimanere all'estero e parlare "a nome di tutto il popolo tibetano". Nel 1991 il Dalai Lama aveva chiesto alle autorità della Repubblica Popolare di Cina di potersi recare in Tibet per una breve visita ma Pechino aveva posto come condizione che egli dichiarasse ufficialmente che il Tibet aveva sempre fatto parte della Cina. (EuroTibet News N·2)