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Conferenza Tibet
Verni Piero - 27 febbraio 1995
Rinviata in India la marcia della Pace da Delhi a Lhasa.

Il Dalai Lama ha chiesto agli organizzatori della Marcia della Pace da Delhi a Lhasa di posticipare la loro iniziativa e di optare invece per una meno drammatica Marcia per la Pace da Dharamsala, sede del Governo tibetano in esilio in India, a New Delhi. Gli organizzatori hanno aderito alla richiesta del leader tibetano e quindi la Marcia della Pace partirà il 10 marzo da Dharamsala e giungerà a New Delhi il 7 Aprile. Gli organizzatori hanno chiesto al Dalai Lama di essere presente sia alla partenza della Marcia sia al suo arrivo nella capitale indiana. La decisione del Dalai Lama è stata motivata sia dalla preoccupazione di non fornire il pretesto alle autorità cinesi per una repressione su larga scala del movimento democratico all'interno del Tibet, sia dalla volontà di evitare forti tensioni con i governi nepalese e indiano. Le autorità nepalesi avevano nei giorni scorsi dichiarato ufficialmente che mai avrebbero permesso ai partecipanti alla Marcia di entrare in Nepal e quelle indiane avevano fatto capir

e che avrebbero potuto impedire ai partecipanti di dare inizio alla Marcia.

Questa decisione, riteniamo estremamente sofferta sia per gli organizzatori sia per lo stesso Dalai Lama, evidenzia la difficoltà obiettiva in cui si trova il popolo tibetano nel momento in cui deve organizzare nell'esilio momenti reali di lotta e di organizzazione politica. E' chiaro infatti che le autorità indiane e nepalesi, sia pure in misura differente (molto più dura e filocinese la posizione del Nepal e più morbida quella dell'India), non possono consentire una reale attività anticinese del movimento tibetano all'interno delle loro nazioni. Nemmeno, come nel caso della preannunciata marcia della Pace da Delhi a Lhasa, quando si tratta di attività rigorosamente pacifiche e nonviolente.

Questo stato di cose, che cade peraltro in un momento in cui la repressione politica e culturale in Tibet si è notevolmente intensificata fino a raggiungere punte che ricordano i giorni della Rivoluzione Culturale, pone il movimento tibetano e lo stesso Dalai Lama di fronte ad una serie di nodi e contraddizioni di non facile soluzione. Per questo riteniamo che, oggi più che mai, il popolo tibetano necessita dell'aiuto e della solidarietà dell'opinione pubblica internazionale. Riteniamo che la decisione di dover rinunciare, speriamo solo temporaneamente, ad un gesto di lotta civile e democratico come la Marcia della Pace da Lhasa a Delhi appaia agli occhi del popolo tibetano come un ulteriore segno di sconfitta e di umiliazione. Abbiamo fondati motivi per ritenere che sconfitte del genere rendano sempre più pesante la condizione materiale e psicologica dei tibetani, all'interno e all'esterno del Tibet occupato, e possano spingere settori consistenti del popolo tibetano verso una sempre maggiore sfiducia nei c

onfronti degli ideali e delle tecniche nonviolente.

E' con questa consapevolezza che rinnoviamo il nostro impegno a favore della settimana di mobilitazione per il Tibet che si terrà a Roma dal 6 al 10 Marzo prossimi. Dobbiamo a tutti i costi riuscire a mobilitare l'opinione pubblica del nostro Paese sul dramma del Tibet e far sentire al popolo tibetano il calore e la forza di una solidarietà viva e concreta. Allo stesso tempo dobbiamo rendere chiaro a tutti che la lotta democratica tibetana non sarà lasciata sola ad affrontare la cinica realpolitik degli stati e la brutale violenza dell'occupazione cinese.

Quindi chiamiamo, con ancora più convinzione di prima, l'opinione pubblica democratica a mobilitarsi per le ragioni negate del popolo tibetano e a venire a Piazza Navona dal 6 al 10 Marzo 1995.

Perchè il Tibet viva.

Piero Verni

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