da la Repubblica, 20 maggio '95, pag. 14di Renata Pisu (sintesi)
Pechino. I fantasmi degli intellettuali di Pechino, invisibili ed inafferrabili presenze in questa citta' che sta accuratamente cancellando ogni memoria del passato, due giorni fa hanno battuto un colpo per far sapere che ci sono e che hanno qualcosa da dire. In 45 hanno firmato una lettera in cui chiedono che il governo tratti con vero spirito di tolleranza tutti coloro che hanno opinioni politiche proprie o un loro credo religioso; che non consideri piu' come "elementi ostili" coloro che non sono allineati, che non li sottoponga piu' a attacchi insidiosi, a sorveglianza stretta, che non lo costringa piu' agli arresti domiciliari o a lunghe pene detentive. Chiedono inoltre che non siano etichettati piu' come "controrivoluzionari" tutti coloro che hanno partecipato nel 1989 al movimento per la democrazia di Tienanmen, soffocato nel sangue il 4 giugno.
E' chiedere troppo? No, secondo il padre dell'atomica cinese Wang Ganchang, un fisico nucleare che oggi ha 88 anni e che dall'ottobre del 1964, quando regalo' la bomba a Mao, e' sempre stato il massimo consigliere del governo in materia scientifica. No, secondo un altro eminente fisico, Xu Liangying, famoso in Cina per aver tradotto le opere di Einstein. E' stato Xu a rivelare che il segretario della sezione di partito dell'Accademia delle scienze, avendo avuto sentore dell'iniziativa, gli aveva consigliato di non fare niente che potesse mettere in crisi la stabilita' sociale. Al che Xu avrebbe risposto che quello che avevano intenzione di fare non poteva che "giovare alla stabilita' sociale".
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La petizione dei 45 intellettuali in favore della democrazia appare come una mossa se non concordata di certo appoggiata da una delle fazioni in lotta per la successione, cioe' quella piu' "democratica" o per lo meno i cui massimi esponenti non sono stati direttamente implicati nella repressione di Tienanmen. A chi e' stata infatti indirizzata la lettera? Personalmente al Numero Uno, il presidente Jiang Zemin, l'uomo che oggi assomma i massimi poteri istituzionali, e al Numero Tre, Qiao Shi, ex capo dei Servizi segreti, della Commissione centrale di controllo del partito e oggi presidente dell'Assemblea nazionale del popolo. E' stato invece del tutto ignorato il Numero Due della gerarchia cinese, il primo ministro Li Peng, l'uomo intorno al quale in questi giorni si va facendo il vuoto. Che abbia seguito gli ordini di Deng Xiaoping non e' piu' una scusante oggi che Deng e' ormai come se non ci fosse piu'. E come mai Jiang Zemin e Qiao Shi sono pro-democrazia? Qui sta il punto di maggiore interesse per le sor
ti future della Cina: potrebbero infatti esserlo per convenienza o potrebbero esserlo per convinzione. Comunque stiano le cose, la loro alleanza si va profilando sempre piu' sicura, e per il momento entrambi sembrano promettere, ognuno a modo suo, l'avvento del regno delle regole, se non della democrazia.
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A Pechino corre voce che Qiao Shi in particolare, nonostante il suo passato di uomo dei servizi segreti, stia sempre piu' puntando sul ruolo istituzionale della Assemblea del Popolo che da un anno non vota piu' all'unanimita' qualsiasi legge o nomina le venga presentata. Corre voce che con i dossier segreti in suo possesso o con la minaccia di voto contrario dell'Assemblea, ormai abbia la situazione in pugno. Si dice anche che pero' Qiao Shi potrebbe fare la fine dell'apprendista stregone della democrazia, che cioe' corra il rischio che l'Assemblea gli sfugga di mano e si proclami democratica e sovrana.
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