da Il Sole-24 ore, 24 maggio '95, pag. 4di Michele Calcaterra
Dura reazione cinese alla decisione di Clinton di invitare il presidente Lee Teng-hui.
Tokio. Il fatto che Washington abbia concesso al presidente taiwanese, Lee Teng-hui, di visitare gli Stati Uniti (sebbene in forma strettamente privata) apre nuovi orizzonti ed è fonte di nuove preoccupazioni per quel che riguarda i delicati equilibri politici nell'area asiatica.
Non a caso, ieri, il ministro degli esteri cinese, Qian Qichen, ha dichiarato che Pechino "reagirà fermamente" contro questa decisione richiamando gli statunitensi alle loro responsabilità e invitandoli a ritornare sui loro passi. Difficile predire quali saranno le contromisure che Pechino intenderà adottare, ma di certo i rapporti tra Stati Uniti e Pechino sono destinati, almeno nell'immediato futuro, a irrigidirsi.
Il fatto, comunque che Washington abbia deciso di cambiare strategia nei confronti di Formosa è una chiara dimostrazione della volontà degli Usa di dare in qualche modo un riconoscimento ufficiale all'isola, considerata dai cinesi né più né meno una Provincia come tutte le altre. E' comunque da qualche tempo che la comunità internazionale sta lavorando al "coperto" per tentare di risolvere la delicata posizione di Taipei. Non a caso le principali nazioni internazionali hanno stabilito a Taiwan delle sedi diplomatiche non ufficiali con lo scopo di agevolare i rapporti con il Governo locale.
In qualche modo, quindi, Taiwan sta crescendo e sta chiedendo di poter godere di quella sovranità nazionale che per il momento le è stata negata per non urtare la Cina e per non sconvolgere gli equilibri precari esistenti tra le due parti. La decisione degli stati Uniti giunge in un momento delicato a due mesi di distanza dai previsti colloqui di luglio tra Pechino e Taiwan, organizzati per tentare di risolvere alcuni dei principali punti di frizione e, soprattutto, per dare una maggiore garanzia di tranquillità agli scambi commerciali e produttivi esistenti tra i due poli contrapposti della stessa Cina.
Vedremo quindi quali sviluppi avrà questa nuova "uscita" degli Stati Uniti, tenuto conto che gli americani stanno svolgendo nell'area un costante lavoro di controllo e di vigilanza perché non scoppino delle tensioni. Taiwan è uno dei casi più evidenti, senza dimenticare le recenti polemiche scoppiate sull'appartenenza delle isole Spratlys e il ruolo diretto che Washington svolge nel tentare di risolvere il problema coreano.
L'area asiatica è uno dei punti più "caldi" del globo, un crocevia dove si intrecciano e sono in continua trasformazione non solo i rapporti politici, ma anche quelli economici. Un'area in grande sviluppo dove il mantenimento di una situazione di tranquillità è basilare per non compromettere il futuro.
Per questo non si capisce come mai gli Stati Uniti abbiano deciso di confrontarsi apertamente con la Cina sul problema taiwanese. Forse per accelerare un processo di aperto riconoscimento di Formosa da parte della comunità internazionale, almeno per quel che riguarda la sua posizione economico-commerciale. Non a caso Taipei sta da tempo spingendo per assumere un ruolo di primo piano nell'Apec e soprattutto per entrare a far parte del Wto. Ma anche in quest'ultimo caso la Cina ha fatto chiaramente intendere che la partecipazione di Formosa dovrà essere successiva a quella di Pechino.
Una situazione generale, quella asiatica, estremamente ingarbugliata, che vive di continue tensioni e dove il ruolo delle nazioni occidentali e del Giappone deve essere soprattutto di mediazione. In particolare, poi, per quel che riguarda la Cina, il Paese sta vivendo una fase di estrema incertezza, sia sotto il profilo politico, sia sotto quello economico. E andare verso un confronto diretto non sembra proprio la strada più idonea.
E' pur vero, d'altro canto, che gli Stati Uniti non sono nuovi a prese di posizione di questo genere: lo hanno fatto nel passato per quanto riguarda la tutela dei diritti umani e più recentemente per tutelare i propri interessi a causa delle contraffazioni e del continuo abuso delle proprietà intellettuali. E ora, forse, l'Amministrazione ha valutato che sia giunto il momento buono per "giocare" su due tavoli. Vedremo come andrà a finire.
TENSIONE PECHINO-WASHINGTON DOPO L'APERTURA USA A TAIWAN
da Il Sole-24 ore, 24 maggio '95, pag. 4
di Michele Calcaterra