Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 14 mar. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Tibet
Sisani Marina - 8 giugno 1995
DENG E' VIVO. IL DENGHISMO NO.

dal Corriere della sera, 8 giugno '95, pag. 11

di Renato Ferrero.

Senza attendere che il patriarca esali l'ultimo respiro i successori hanno già rallentato le riforme. La Cina già in mano a sette tecnocrati che promettono »crescita graduale .

Pechino. Le riforme rimangono, ma il denghismo è morto. Senza attendere che Deng Xiaoping esali l'ultimo respiro, i successori stanno indirizzando la Cina su una nuova strada, che non muta gli obiettivi definiti dal sovrano moribondo ma cambia i metodi. Non si parla più di privatizzazioni delle industrie pubbliche, di zone economiche speciali, di stimoli alle province capaci di »arricchirsi per prime , di sviluppo accelerato al massimo. Le nuove parole d'ordine sono solidarietà, lotta all'inflazione ed alla corruzione, gradualità nella crescita e nelle riforme.

La Cina passa la mano dalla guida di un condottiero audace, che doveva rivoluzionare il sistema economico, a quella di tecnici, in maggioranza ingegneri che intendono concludere la transizione ad un capitalismo autoritario in maniera meno avventurosa e squilibrata. Gli uomini d'affari occidentali giudicano positiva la svolta: »Meglio procedere con calma su un terreno solido che correre sull'orlo d'un abisso.

Tuttavia la Banca mondiale mette in guardia i nuovi leaders contro il pericolo d'una eccessiva prudenza, ed afferma che »il Paese non può permettersi di rallentare le riforme .

La nuova leadership - Sette tecnocrati sono stati scelti negli anni scorsi come eredi dei veterani. La nuova struttura dirigente esclude da una parte i marxisti ortodossi e dall'altra gli innovatori radicali Zhao Ziyang, il segretario del Pcc abbattuto nell' 89 per aver tollerato le agitazioni. Fra i sette il più tiepido verso le riforme, e l'unico direttamente coinvolto nella strage di Tienanmen, è il premier Li Peng. Il gruppo centrale è costituito da moderati: il nuovo responsabile supremo Jiang Zemin, capo del partito, dello Stato e delle forze armate; il vicepremier Zhu Rongji, un riformista efficace ma non liberale; il »giovane Hu Jintao, 52enne; l'ammiraglio Liu Huaqing, garante della fedeltà dei militari. A destra il blocco dei riformatori politici: il presidente del parlamento Qiao Shi ed il presidente dell'Assemblea consultiva (assemblea di partitini professionali, in pratica corporazioni) Li Ruihuan, che vogliono uno Stato di diritto ed un controllo parlamentare sul governo.

Da quando Li Peng ha perso influenza, dopo la scomparsa del patriarca conservatore Chen Yung, Jiang Zemin s'è avvicinato al potente Qiao Shi, ex responsabile dello spionaggio e della polizia politica. Lo ha fatto per due motivi: perché desidera cancellare la macchia di Tienanmen, al fine di promuovere una riconciliazione con l'élite colta, e perché vuole impedire che l'ala di Qiao s'allei con l'opposizione di Zhao Ziyang, sostenuta dalle province del sud, dalle imprese private, dall'intellighenzia.

In base ai programmi già esposti, Jiang Zemin cambia la linea di Deng su almeno sette temi.

Lotta alla corruzione - Tollerata da Deng, che la giudicava utile per indurre la burocrazia a favorire i cambiamenti, la corruzione è esplosa dopo che il patriarca, nel '92, ha consentito alle unità amministrative ed agli organi del partito di condurre operazioni economiche. Deng riteneva infatti che il comunismo sovietico si fosse dissolto anche per lo scarso coinvolgimento dei suoi apparatchik nelle attività produttive. Egli ha pure incoraggiato i figli dei leaders a lanciarsi negli affari sfruttando le protezioni politiche: in tal modo ha messo a tacere i loro padri, i moralisti conservatori.

La corruzione è il principale motivo di malcontento dei cittadini, ma secondo Deng per impedire crisi basta continuare a far crescere con rapidità il benessere, Jiang Zemin invece ritiene che l'inflazione prodotta da uno sviluppo impetuoso sia una nuova fonte di proteste, ed ha quindi definito la lotta al malgoverno »il mezzo per ridurre la collera popolare . Per la prima volta ha colpito in alto, abbattendo Chen Xitong, segretario di Pechino e membro del Politburo, mentre finora il partito s'era limitato a »schiacciare le pulci per proteggere le tigri . Ed ha messo agli arresti un giovane dell'aristocrazia rossa, figlio d'un amico di Deng. Queste iniziative spettacolari però lasciano scettici i cinesi.

Rallentamento dello sviluppo - Deng voleva una crescita superiore al 10 % nel limiti dell'inflazione tollerabile. Aveva così spinto lo sviluppo fino al 13,4% del '93 e il carovita al 24% l'anno scorso. I successori giudicano invece che tale strategia crea troppi squilibri. Nel piano quinquennale che sarà varato in marzo fisseranno tetti annui del 7-8% per lo sviluppo, e del 10% per l'inflazione.

»Arricchirsi per primi - Deng favoriva il boom delle province costiere, capaci di correre, e ciò ha aggravato gli squilibri geografici, che Jiang Zemin intende correggere con politiche preferenziali per l'interno, »il terzo mondo cinese . Il nuovo slogan è »Fu pin , salvare i poveri.

Freno alle riforme - Per gli stessi motivi la nuova leadership rallenta le riforme come quella che stava allineando tutti i prezzi a quelli di mercato e che creava inflazione, e rinvia i fallimenti di industrie pubbliche, per non far esplodere il numero dei disoccupati. Boccia le privatizzazioni, che taglierebbero il personale inutile, e punta invece ad integrare meglio il settore pubblico, ispirandosi al modello dell'Iri italiano.

Investimenti stranieri - Le cinque zone speciali d'investimento, orgoglio di deng, non sono più di moda. Si dice che »hanno distorto la concorrenza, con i privilegi di cui godevano . Perdono favore pure le province del Sud, cresciute »anche grazie alle speculazioni . L'autonomia concessa da Deng alle aree ricche verrà ridotta, ed il governo si sforzerà di riaccentrare i poteri ed i cespiti finanziari. Gli investimenti esteri continueranno ad essere attratti, »in modo più selettivo e controllato . Il capitale straniero sarà favorito se aiuterà a modernizzare le infrastrutture e le grandi industrie, con limiti alla concorrenza che le joint-ventures fanno alle imprese pubbliche.

Politica estera - Ai denghisti (cominciando dai figli del patriarca) viene rivolta l'accusa di essere troppo filoamericani e filogiapponesi. Il nazionalismo è la nuova base ideologica del regime, s'attendono maggiori frizioni con Washington e Tokyo, e maggiori opportunità per gli europei.

Riforme politiche - La nuova dottrina »neoautoritaria prevede da una parte il rafforzamento dell'apparato repressivo e del governo, e dall'altra uno sforzo per consultare gli intellettuali e gli imprenditori privati. Dovrebbe crescere il potere del parlamento (eletto dalle assemblee provinciali, scelte da quelle municipali a loro volta elette dalle assemblee di base, le sole votate dai cittadini). E dovrebbe ampliarsi il ruolo delle corporazioni. Escluse dai processi resteranno le forze potenzialmente destabilizzanti: gli operai delle industrie non pubbliche, i migranti che lavorano senza garanzie contrattuali, le masse contadine.

DENG E' VIVO. IL DENGHISMO NO.

dal Corriere della sera, 8 giugno '95, pag. 11, di Renato Ferrero.

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail