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Sisani Marina - 10 giugno 1995
RIESPLODE LA GUERRA FREDDA TRA PECHINO E WASHINGTON

da Il Sole-24 ore, 10 giugno '95, pag. 4, siglato R.Es.

Duro attacco per la visita del leader di Taiwan.

Washington. Dopo 16 anni di relazioni basate, nonostante alti e bassi, su una comune "strategia di fondo" tra Cina e Stati Uniti si è tornato ieri a parlare di guerra.

La crisi è precipitata proprio quando nulla pareva in grado di turbare l'atmosfera di giubilo alla casa Bianca per l'esito della missione di salvataggio del pilota abbattuto in Bosnia.

Riferendosi a una visita che il Presidente di taiwan Lee Teng-Hui sta compiendo negli Stati Uniti, il principale quotidiano cinese l'ha paragonata a un atto di "belligeranza", come le guerre che videro a lungo Pechino e washington schierate su frotni contrapposti: quella di corea, nel 1950-53, e quella del Vietnam, durata complessivamente dal 1954 al 1975.

E così un Bill Clinton esultante per essersi divincolato dal più complesso conflitto degli anni novanta si è improvvisamente trovato in un clima bellico da anni Settanta.

Era almeno da un ventennio, infatti, che la Cina non usava un linguaggio tanto minaccioso in relazione alla disputa su taiwan, l'opulenta isola che dal 1949 è la roccaforte dei nazionalisti dopo la loro sconfitta sul continente nella guerra civile con i comunisti. "Gli Usa stanno giocando con il fuoco", ha scritto l'organo di stampa del PC, il Quotidiano del Popolo. In un fondo improntato ad un aasprezza di toni con scarsi riscontri dalla normalizzazione diplomatica del 1978.

Mé sembra avere avuto esito un tentativo rabbonitore del Presidente americano Bill Clinton, che ha convocato immmediatamente l'Ambasciatore della Repubblica Popolare Li Daoyu.

Il Presidetne, ha indicato la Casa bianca, ha sottolineato il carattere privato della vistia dell'anziano Le Teng-hui, sentimentalmente legato agli Stati Uniti fin dall'epoca degli studi giovanili all'Università di Cornell.

L'Ambasciatore, tuttavia, non è apparso molto toccato da queste argomentazioni e un portavoce della Presidenza americana ha dovuto gelidamente ammettere che "non vi è staa concordanza di vedute in proposito2. Né l'irrigidimento di Pechino - dopo i malumori già manifestati negli ultimi tempi per i crescenti ammiccamenti tra Washington e Taipei - sembra solo dettato da motivi tattici.

Il Quotidiano del popolo, in particolare, non ha esitaato a fare un amesse di citazioni dalle stesse opere di Deng Xiaoping, il patriarca comunista dalla salute ormai compromessa, per dare un ampio inquadramento storico alla polemica con gli Stati Uniti.

 
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