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Conferenza Tibet
Pobbiati Paolo - 23 giugno 1995
Pechino e il Dalai Lama

Titolo per il messaggio

da Internazionale 23 giugno 1995

articolo apparso su Far Eastern Economic Review

DUELLO POLITICO E RELIGIOSO TRA PECHINO E IL DALAI LAMA

Il Dalai Lama ha scelto l'undicesima incarnazione del Panchen

Lama, la seconda autorita' del buddhismo tibetano. E' un bambino

di sei anni su cui adesso si gioca un conflitto nel quale la Cina vuole

mostrare la sua forza.

Pechino e Nuova Delhi - 1o giugno 1995

Dove sara' Gedhun Choekyi Nyima, il ragazzino di sei anni che

il mese scorso e' stato dichiarato l'undicesima incarnazione del

Panchen Lama ? Il secondo "Buddha vivente" tibetano in ordine

d'importanza e' al sicuro fuori dalla sua terra natale insieme

all'esiliato Dalai Lama, divino sovrano dei tibetani e vincitore

del premio Nobel ? Oppure e' ancora in patria ostaggio delle

esigenze politiche di Pechino e potenziale punto di raccolta

dei sentimenti anticinesi dei suoi compatrioti?

Sapere dove si trovi ora Gedhun e' un problema che ha piu' di

un semplice interesse teologico. I tumulti etnici in Tibet,

repressi con la violenza nel 1988, coincisero con l'inizio

di un anno di manifestazioni di protesta che percorsero le

strade di tutta la Cina, culminando nel Movimento per la

democrazia di Piazza Tienanmen e nel massacro del 4 giugno

1989. Con l'approssimarsi dell'anniversario della

protesta [l'articolo e' del 1o giugno], Pechino non vuole

rischiare una ripresa dei disordini in Tibet - soprattutto in

vista delle ripercussioni sulle lotte di potere che seguiranno

la scomparsa del patriarca Deng Xiaoping.

Ad aumentare l'incertezza, i comitati per le relazioni

internazionali di entrambe le camere del neoconservatore

Congresso degli Stati Uniti hanno approvato un progetto di legge

che prevede la nomina, da parte di Washington, di un "messo

speciale" da inviare in Tibet. Il progetto del Senato arriva

persino a definire il Tibet "un paese sovrano occupato", e

aggiunge che i suoi veri rappresentanti sono il Dalai Lama e

il governo tibetano in esilio a Dharamsala, in India.

Pechino non e' esattamente della stessa idea. Secondo il

portavoce del ministero degli Esteri, Shen Guofang, il Dalai

Lama e' soltanto "un politico impegnato da tempo in azioni tese

a dividere il paese e a sabotare "unita' nazionale". "La nomina

dell'undicesimo Panchen Lama non e' che un'ulteriore prova della

sua attivita' cospirativa", ha aggiunto Shen.

Una serie di collaborazionisti tibetani, compresi alcuni deputati

del Congresso del Popolo della "regione autonoma", si sono uniti

alla condanna ufficiale. In un articolo apparso sul Quotidiano

del popolo [organo ufficiale del Partito Comunista Cinese],

un membro del filogovernativo Comitato di ricerca sul Tibet

spiega in dettaglio come, sin dall'epoca dell'imperatore Qianlong

della dinastia Qing, 200 anni fa, i Panchen Lama venissero di norma

selezionati attraverso un processo tracciato dal destino, ma

soggetto all'approvazione delle autorita' centrali cinesi.

Secondo Losang Toinzhub, sindaco della capitale tibetana Lhasa,

"le regole in vigore nei 2OO anni passati non vanno mai ignorate.

Il Dalai Lama ha infranto le regole, dunque la sua cosiddetta

ratifica della reincarnazione non e' valida". A parte gli appelli

ai precedenti storici, il dottor Pi Mingyong, storico

dell'Accademia Militare delle Scienze, notava con approvazione,

nel numero di gennaio della rivista Strategy and Management, che

lo scopo della politica di Qianlong nei confronti del lamaismo

era di "neutralizzare i cervelli e sopire la militanza dei

popoli mongolo e tibetano".

Pur con tutta la loro enfasi, comunque, nessuno dei portavoce di

Pechino ha dichiarato che Gedhun non sia affatto l'undicesimo

Panchen Lama. Le divergenze vertono sulla procedura, piu' che sul

risultato delle ricerche della nuova reincarnazione.

Fonti tibetane sospettano che il nome di Gedhun fosse addirittura

presente sulla breve lista di candidati stilata da un comitato per

la ricerca, riconosciuto dal governo, del monastero centrale dei

Panchen dei Tashi Lhunpo, a ovest di Lhasa. NormaLmente, le nuove

incarnazioni dei lama vengono riconosciute attraverso una

combinazione di responsi di oracoli, segni fisici ed es5perimenti

nel corso dei quali i candidati vengono interrogati su dettagli

riguardanti la vita dell'incarnazione precedente. ll decimo

Panchen Lama mori' in circostanze misteriose nel 1989, durante una

delle sue rare visite a Tashi Lhunpo.

Verso la fine dello scorso anno, Pechino sembrava intenzionata a

offrire al Dalai Lama la facolta' di approvare la scelta finale del

comitato per la ricerca. Quando, un paio d'anni fa, emersero due

contendenti per l'investitura a nuova incarnazione del Karmapa,

capo della influente setta nera tibetana, il Dalai Lama diede il

suo appoggio al candidato sostenuto da Pechino. Questa scelta gli

costo' il sostegno di alcuni tra i gruppi indipendentisti tibetani

in esilio. Ma almeno, si disse, pose le basi per la sua consultazione

in occasione della piu' importante questione dell'incarnazione del

Panchen.

Ma l'offerta partita da Dharamsala di ricevere in visita il

coordinatore del comitato per la ricerca del monastero di Tashi

Lhunpo, Chattral Rinpoche, non e' stata presa in considerazione.

In tal caso si sarebbe potuto sperare nell'intervento indiretto di

un mediatore come Gyalo Thondup, fratello maggiore del Dalai Lama e

piu' volte intermediario tra Pechino e Dharamsala. Anziche' spingere

verso questa soluzione, il Dalai Lama ha preso l'iniziativa, nominando

il suo candidato a undicesimo Panchen Lama e invitando cortesemente

Pechino a "estendere la propria comprensione, collaborazione e

assistenza".

Per buddisti e tibetani il decimo Panchen Lama resta una figura

controversa. Molti lo considerano un collaborazionista che ha

legittimato l'invasione dei comunisti cinesi. Anche dopo la partenza

del Dalai Lama, in seguito al fallito tentativo d'insurrezione del

1959, egli preferi' restare in Tibet. Accetto' persino la carica di

vicepresidente del Congresso nazionale del popolo cinese.

Alcuni, invece, sottolineano la sua ferma difesa degli interessi

tibetani. Gia' negli anni Sessanta il Panchen Lama presentava

petizioni contro gli abusi ufficiali perpetrati in Tibet. Per il

suo impegno subi' dieci anni di carcere; venne umiliato e costretto

a spezzare il voto del celibato con un matrimonio forzato. Ottenne

la completa "riabilitazione" soltanto nel 1987. Anche nei suoi

ultimi anni di vita continuo' a sottoporre petizioni al governo su

argomenti come la pratica della tortura e dell'assassinio di Stato

in Tibet: il degrado ambientale degli altopiani; l'annientamento

della cultura tibetana e l'intervento etnico sulla popolazione

tibetana attraverso l'immigrazione in massa di cinesi Han.

Secondo uno dei suoi segretari, durante l'ultimo viaggio a Tashi

Lhunpo, il decimo Panchen Lama avrebbe di nuovo insistito su

questi temi. Tra i suoi ascoltatori erano presenti anche alcuni

funzionari del governo che egli avrebbe schernito apertamente:

"Prendetevi la mia poltrona al congresso. Non ha alcuna

importanza. La mia vera posizione non ha niente a che fare con

voi. Non spetta a voi prendere o dare" . (M.G.)

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