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Conferenza Tibet
Pobbiati Paolo - 24 giugno 1995
Tibet, il Panchen Lama rapito dai cinesi

da ILáGIORNO - 24 giugno 1995

Era appena stato riconosciuto dal Dalai Lama reincarnazione

della seconda autorita' del buddhismo

TIBET, IL PANCHEN LAMA RAPITO DAI CINESI

Ha solo sei anni. Si inasprisce la repressione militare.

di Luca Vido

Milano - I militari cinesi hanno rapito il Panchen Lama e la

sua famiglia. La notizia, per essere colta nella sua profonda

gravita', necessita di qualche spiegazione. Il Panchen Lama e' la

seconda autorita' religiosa, dopo il Dalai Lama, del buddhismo

tibetano. Entrambe sono figure che al di la' della carica

religiosa, e anche politica, che rivestono impersonano la

realizzazione spirituale alla quale ogni tibetano dedica la

propria vita. Ben al di la', quindi di un semplice riconoscimento

gerarchico e' la dedizione che il popolo ha per loro. Se a questo

si aggiunge il non trascurabile dettaglio che il Tibet e', dal 1950,

occupato militarmente e assoggettato nel modo piu' totale e

repressivo dalla Cina, si puo' comprendere la portata reale della

notizia.

Un particolare rende ancora piu' riprovevole il gesto cinese:

il Panchen Lama, che si chiama Gedun Choeky Nima, ha solo

sei anni. Infatti questa importante carica religiosa, come quella

del Dalai Lama e di molti altri grandi maestri, non e' elettiva ma

si perpetua da secoli attraverso la reincarnazione. Lungo e

complesso e' il rituale che permette il riconoscimento, ed e' da

sempre delegato alle piu' alte cariche religiose tibetane. Proprio

qui starebbe la causa del rapimento: il piccolo, infatti, e' stato

ufficialmente riconosciuto dal Dalai Lama solo poche settimane

orsono e i cinesi hanno fatto sapere che solo a loro, e in virtu'

di non si sa quale autorita', era invece demandato questo

compito. Evidentemente la famiglia del piccolo Gedun non dava

sufficiente affidamento sulla futura politica del bimbo, e quindi

...

Se la notizia, resa nota dal segretario del partito radicale

Olivier Dupuis a Bruxelles, verra' confermata segnerebbe

un'ulteriore escalation della gia' durissima politica cinese in

Tibet. Qualche dato, meglio di ogni parola, puo' renderne

l'idea. Entrate in armi nel 1950 a Lhasa, la capitale, le truppe

della neonata Repubblica Popolare Cinese tentarono dapprima

una difficile convivenza con il governo tibetano.

Progressivamente la maglie si strinsero e si capi' che non c'era

piu' spazio per il dialogo. Nel 1959 Lhasa insorse contro gli

invasori e fu un bagno di sangue, solo il primo di una serie che

ha causato un milione e duecentomila morti ad una popolazione

che ne contava appena sei milioni e mezzo. Duecentomila sono

attualmente i tibetani che vivono in esilio sparsi un po' in tutto

il mondo. A Dharamsala, nel nord dell'India, attorno al Dalai

Lama e al governo in esilio, se ne e' raccolta una comunita' di

alcune decine di migliaia. Per coloro che non sono morti o

fuggiti, e ancora oggi molti tentano la difficile via della fuga

attraverso le alte vette himalayane, da quel 1959 e' calata una

¼cortina di bambu' che oramai da 36 anni cela agli occhi del

mondo cio' che avviene in Tibet. Ma basta scorrere il

recentissimo rapporto che Amnesty International ha dedicato al

Tibet per rendersi conto quanto sia dura e implacabile la

repressione. Ormai il popolo tibetano e' ridotto a essere

minoranza nel suo stesso paese a causa della massiccia politica

di immigrazione forzata voluta da Pechino. Ha sopportato di

vedere i suoi templi, circa seimila, rasi al suolo e le immagini in

essi costudite offese e degradate; ha sopportato le sterilizzazioni

e gli aborti forzati compiuti sulle sue donne; ha sopportato la

distruzione di foreste, i depositi di scorie nucleari, la

costruzione di ghetti nelle sue citta', l'impossibilita' di impiego

nella pubblica amministrazione, le dure condanne per chi e'

stato ¼sorpreso a pregare o con una foto del Dalai Lama in

tasca. I tibetani hanno sopportato tutto, anche di pagare le

pallottole con le quali venivano giustiziati i parenti e gli amici

che non abbassavano la testa, i colpevoli del solo ¼reato di

voler essere liberi. Sopporteranno anche questo. E il mondo

?áAncora continuera' a far finta di niente ? Davvero i governanti

di Pechino (gli stessi di Tienanmen)ásono cosi' potenti ? Cosi'

importanti le loro commesse, i loro contratti ?

*- Amira V1.5 REG (Amiga) -* one world, one operating system

 
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