1) Se non si tiene presente che i tibetani credono fermamente nella tradizione della reincarnazione e, soprattutto, che alcune personalità particolarmente realizzate a livello interiore possano in qualche modo guidare il processo delle proprie rinascite, si rischia di non comprendere molto di questa vicenda. Per i tibetani, dal Dalai Lama all'ultimo (si fa per dire) contadino, il Panchen Lama è in grado di decidere quando e dove reincarnarsi e questa sua scelta avviene sulla base di sue precise valutazioni. Quindi per i tibetani se il Panchen Lama è rinato in Tibet vuol dire che è in quel Paese che ritiene giusto vivere ed operare. Non si tratta quindi di un caso, come riterremmo noi laici incalliti, ma di una scelta ponderata.2) Il Dalai Lama e il Panchen Lama, nel corso dell'intera storia delle loro rispettive reincarnazioni, si sono sempre reciprocamente riconosciuti; nel senso che quello dei due che era già in età adulta si assumeva la responsabilità di riconoscere e/o di approvare la reincarnazione dell'altro. E' assolutamente falso (se non ci fosse di mezzo una situazione così drammatica sarebbe addirittura ridicolo) che il governo cinese abbia mai avuto una qualche forma di potere nei confronti delle scelte dei Panchen Lama. Peraltro quest'ultimo non ha mai avuto un ruolo politico nella storia tibetana ma solo un, altissimo, ruolo spirituale in modo particolare all'interno della scuola maggioritaria in Tibet, quella Gelug-pa.
3) Il Dalai Lama, probabilmente anche su indicazioni dell'abate di Tashilumpo (sede storica dei Panchen Lama nel Tibet centrale), ha riconosciuto Gendun Choeky Nima come autentica reincarnazione dell'11· Panchen Lama esercitando un suo diritto consacrato sia da secoli di storia sia dalla sua veste di massimo esponente della religiosità tibetana (oltre che della scuola Gelug-pa).
4) Il Dalai Lama, nella lettera in cui rendeva noto al mondo il riconoscimento, chiedeva anche ai cinesi di consentire al bambino, che comunque sarebbe rimasto in Tibet, di avere una adeguata educazione spirituale nel monastero di Tashilumpo.
5) Il Dalai Lama, probabilmente, non pensava che le reazioni dei cinesi al suo annuncio potessero arrivare al punto di rapire (se di effettivo rapimento si trattasse) il bambino ed i suoi genitori. Probabilmente non pensava neppure che le autorità di Pechino arrestassero l'abate di Tashilumpo, Chatrel Rinpoche, e il suo principale collaboratore sotto l'accusa di aver rivelato al Dalai Lama l'esistenza del piccolo Gendun Choeky Nima. Va ricordato che Chatrel Rinpoche era stato nomitato dagli stessi cinesi capo del Comitato Ufficiale per la Scoperta del Panchen Lama. In occasione della conferenza di Vilnius di poche settimane or sono ho avuto modo di parlare direttamente con il ministro tibetano Tashi Wangdi a proposito della sicurezza del piccolo Panchen Lama. Tashi Wangdi mi ha detto che Dharamsala riteneva improbabile che Pechino potesse attentare alla sicurezza personale del bambino e dei suoi famigliari per paura di provocare reazioni da parte del popolo tibetano e della comunità internazionale.
6) La reazione isterica con cui Pechino ha reagito al riconoscimento del Panchen Lama da parte del Dali dimostra, se ce ne fosse bisogno, quale sia il livello della libertà religiosa in Tibet ed in quale conto siano tenute le scelte delle massime autorità spirituali tibetane. Un semplice riconoscimento di una personalità buddhista ha provocato: a) una valanga di insulti e di accuse contro il massimo rappresentante del popolo tibetano; b) l'arresto di un monaco colpevole, forse, di aver segnalato al suo leader spirituale l'esistenza di un bambino; c) il probabile arresto (possibile ai sensi della legge cinese) dello stesso bambino di sei anni e dei suoi genitori. Pechino ha infatti recentemente emanato una severa legislazione riguardo ai riconoscimenti delle incarnazioni che prevede dure pene detentive per chi è in qualche modo coinvolto in riconoscimenti non autorizzati dal governo centrale.
Questo è il sintetico quadro degli avvenimenti e, francamente, non mi sembra nascondere niente di oscuro e poco chiaro. Al contrario dimostra con chiarezza quale sia il livello di repressione attuato dai cinesi in Tibet ed in quali condizioni di sudditanza debba vivere il popolo tibetano. Fino a quando?
Piero Verni