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Sisani Marina - 17 agosto 1995
"Io, guardia rossa, oggi miliardario"

Dopo 10 anni di "rieducazione marxista" nel lager di Mao, l'ingegnere Shi Shan Lin diventa manager. Una ricetta per la Cina: "Mercato e solidarieta' ci daranno il benessere".

di Massimo Nava (inviato)

Corriere della Sera, 17 agosto 1995, pag. 9

Pechino. Per il signor Shi Shan Lin i lavori forzati sono una costante, la meta' della sua vita. Una condanna a dieci anni, durante la rivoluzione maoista, e altri dieci anni, per libera scelta, nell'epoca di Deng, da quando fa l'imprenditore privato quindici ore al giorno, senza ferie, senza domeniche, senza concedersi i lussi ostentati dai nuovi ricchi che ormai affollano la Cina: il golf club, gli orologi da diecimila dollari, la jeep americana.

Per Shin Shan Lin contano i valori del'imprenditore: il profitto e l'espansione della fabbrica, una sua creatura, in pochi anni fra i primi gruppi industriali privati della Cina. La sua e' gia' storia di domani, quando la Cina modernizzata superera' il prodotto lordo degli Stati Uniti.

Il Chang Ning Group, tremila impiegati e operai, produce di tutto: pile ricaricabili e animali di peluche, scaldabagni e pompe idrauliche, batterie e una "coca-cola" cinese, con un fatturato di 15 milioni di dollari ed esportazioni persino a Taiwan. La sede centrale e' 40 chilometri a nord di Pechino.

Nella Cina ingorda di consuni e novita', Shan Lin non ha spento la memoria sugli anni della rivoluzione che gli e' costata l'umiliazione psichica dei processi popolari e nemmeno sui principi della societa' in cui vive.

Negli anni Sessanta, e' un promettente studente di ingegneria al politecnico di Harbin, ai confini con l'URSS. Giovane guardia rossa, abbraccia la rivoluzione culturale maoista, diventa un leader e guida una marcia di quarantamila studenti a Pechino. Gli bastano pero' pochi mesi per rendersi conto che quella follia ideologica stava trascinando la Cina nel terrore e pochi giorni per essere additato come nemico del popolo.

"Mi ero limitato a qualche critica pubblica e a qualche invito alla moderazione. Fui subito arrestato. Il mio dossier si allungava ad ogni interrogatorio: 54 capi d'accusa, come controrivoluzionario, e 400 processi in pubblico che continuarono anche dopo la scarcerazione."

Shi Shan Lin passa due anni in isolamento nel carcere di Harbin, senza nessun contatto con la famiglia, genitori e fratelli, che nel frattempo vengono emarginati dalla vita civile. Il padre venne licenziato, il fratello escluso dalluniversita'.

Ai lavori forzati, in un lager creato all'epoca dell'invasione giapponese, Shan Lin subisce la tortura psichica, l'ossessiva rieducazione ideologica e sopravvive con una ciotola di riso al giorno. "C'erano piu' di tremila prigionieri. La meta' erano criminali comuni che venivano trattati meglio e avevano mano libera contro noi controrivoluzionari. Tutti i pomeriggi, piccoli ottusi aguzzini ci chiudevano in una stanza e ci ripetevano le critiche e la lezione politica che noi dovevamo essere capaci di ripetere. Io ero il principale oggetto di critica. Nessuno poteva tentare di difendersi: bastava una mezza parola per essere lasciati in balia dei criminali comuni. In quei momenti non mi rendevo pero' conto della mia fortuna: soltanto dopo la liberazione, venni infatti a sapere che ero stato condannato a morte e che il tribunale aveva commutato la pena. Non c'erano le prove, nel mio comportamento, di crimini organizzativi e materiali."

Liberato nel '79, nell'anno dell'ascesa di Deng, Shan Lin viene anche a sapere che tutto quello che gli era costato il carcere e i lavori forzati, cio' che aveva avuto il coraggio di sostenere nelle discussioni pubbliche, era diventato all'improvviso "giusto e corretto per tutti: studiare, prendere iniziative, creare imprese". Ora che il libretto rosso di Mao e' in vendita sulle bancarelle dei souvenir, la Cina dell'eroe proletario presenta il miliardario modello.

Fuori dal lager, e' un uomo distrutto, ma ha quelle doti che i contadini cinesi indossano come la pelle: la pazienza, l'orgoglio, la forza di ricominciare. Sempre. Insegna all'universita' , si sposa con una ragazza che oggi lavora nella sua fabbrica, sopporta le critiche e i sospetti dei vicini di casa ancora coinvolti nella sbornia ideologica e comincia a coltivare il sogno che le riforme di Deng rendono possibile: l'iniziativa privata nel libero mercato.

"Mi sono impiegato in una piccola impresa di imballaggi. Dovevo garantire un certo profitto, il resto era guadagno mio. Gia' il primo anno, i profitti triplicarono. Cosi' decisi il gran salto: un'impresa tutta mia". All'inizio, in attesa che i programmi del governo si traducessero in leggi e certezze, il capannone industriale viene registrato come cooperativa, un tipico paravento dell'ipocrisia cinese nei momenti di trapasso, in cui tutti fanno cio' che ufficialmente non e' ancora permesso e nemmeno proibito.

Ma l'unico padrone e' Shan Lin che comincia cosi' la sua seconda vita ai lavori forzati: in fabbrica dalla mattina alla notte, senza pause, domeniche comprese, anche oggi che, dal primo maggio, e' in vigore la settimana corta e milioni di cinesi stanno scoprendo il piacere del weekend fuori citta'.

Negli anni novanta, tecnici e operai si moltiplicano e le produzioni si diversificano. Shan Lin apre uffici in tutta la Cina, inventa nuovi articoli, viaggia ed esporta in Giappone, in Corea, Stati Uniti, Italia.

La fabbrica e questo piccolo grande uomo regalano immagini di una Cina piu' reale di quanto facciano capire la corsa sfrenata ai consumi e la miriade di locali di karaoke. Shan Lin, accanto ai capannoni, ha fatto costruire le case e le scuole per i suoi operai, pranza e cena con loro, non concepisce il profitto come ricchezza personale, non possiede automobile.

La sua vita e' una pennellata di etica protestante sulla piu' tumultuosa rivoluzione industriale del secolo. Nella Cina degli speculatori e degli affaristi, dei telefonini e dei grattacieli, Shan Lin e' la spiegazione di una formula inconcepibile: l'economia di mercato nello stato che ancora prescrive lezioni di marxismo nelle suole.

Shan Lin non ha smesso di criticare: "Non capisco perche' un mio viaggio d'affari duri due giorni e quello di una delegazione pubblica almeno una settimana". E' un accenno alla corruzione dilagante: 800 funzionari sotto inchiesta e 13 mila episodi di tangenti e irregolarita' scoperti nei primi cinque mesi di quest'anno.

Shi Shan Li e' convinto che il sistema di relazioni industriali partorira' anche la moralita'. E forse la democrazia. Lui che ha conosciuto il carcere dice ai giovani di Tienanmen: "Si e' corso il rischio di rivivere le tragedie della rivoluzione culturale. Soltanto una forte base economica e l'integrazione internazionale possono permettere la democrazia. E' questione di tempo".

"Io, guardia rossa, oggi miliardario"

di Massimo Nava (inviato)

Corriere della Sera, 17 agosto 1995, pag. 9

 
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