Storie ordinarie...
Intervista di Piero VERNI
a Tenzin CHOEKYI (monaca, 26 anni)
Da bambina sono andata a scuola, ma siccome la scuola è davvero molto lontana e la mia famiglia era povera, non era possibile continuare gli studi. Quindi lasciai la scuola per aiutare i miei genitori. Sono nata nel villaggio di Tsoshun, che è a due ore e mezza di viaggio da Lhasa.
Nel 1988 entrai nel monastero di Nieuchung, uno dei monasteri più antichi. I cinesi avevano distrutto questo monastero, ma in seguito esso era stato ricostruito da un gruppo di monache. So che questo monastero è poverissimo, ma le monache sono molto unite e coraggiose. Scarsissimi i mezzi di sussistenza, ogni giorno le monache dovevano provvedere al fabbisogno quotidiano. Non c'è un insegnante che ci istruisce e guidi, e inoltre c'era appena il tempo per uno studio personale.
Per mantenere il monastero le monache devono uscire per elemosinare il cibo ecc.. Dobbiamo procurarci la legna per cucinare, i materiale per restaurarlo come i mattoni devono essere trasportati da almeno due chilometri di distanza. I cinesi non ci permettono di muoverci liberamente anche se per legge abbiamo il certificato di residenza e ci veniva negata la possibilità di muoverci liberamente all'interno del Tibet. Questo mi rattristava notevolmente. Mi sono anche resa conto che il Tibet è completamente diverso dalla Cina per quanto riguarda la lingua, il vestiario e anche il comportamento. Quindi mi impegnavo a manifestare i miei sentimenti. Ho anche compreso che senza una stabilità politica non ci sarà libertà di religione.
I Cinesi ci dicono sempre "salvaguardia o mantenimento della religione=ribellione separatista". Ma da Monaca ho potuto rendermi conto che non ci sono né diritti né libertà religiose, contrariamente a quanto sostengono i Cinesi. Per questo in 6 monache ci riunimmo per protestare contro il Governo Cinese davanti al Bakor, a Lhasa. Era il 14 ottobre dell' 89, avevamo appena fatto pochi passi quando fui arrestata e imprigionata per tre anni, fino al 14 ottobre del '92. Dopo l'arresto ci picchiarono e ci ammassarono come animali, una sull'altra, in una jeep militare. Ci interrogarono: volevano sapere chi ci aveva portate e chi ci aveva detto di manifestare.
Dopo due mesi fui rilasciata. Andai a visitare il monastero. Quando le monache mi videro, mi pregarono di restare. Siccome però, secondo al legge cinese, nessun monaco o monaca che fosse stato imprigionata può fare ritorno al monastero, io spiegai la reazione che avrebbero dovuto affrontare. Mi dissero ripetutamente di non preoccuparmi. Mi spiegarono che non avevano ricevuto alcun contributo per il restauro e il mantenimento del monastero, e che quindi non avevano motivo di sentirsi obbligate a rispettare le loro leggi. "Noi restiamo nel monastero perché tu e le altre monache imprigionate vi possiate unire a noi così che il monastero possa funzionare regolarmente".
Nel 1988, quando ero entrata nel monastero, eravamo circa 90 monache. Quando ci tornai nel '92, ce n'erano soltanto 6, mentre circa 10 erano partite di loro volontà per far visita ai loro genitori in villaggio lontani. I Cinesi comunque mi resero impossibile rientrare nel monastero. Loro dicevano "loro (i prigionieri politici) sono malati di mente, e la loro malattia danneggia il monastero". Non solo rifiutarono la mia riammissione, ma prelevarono mio zio per un interrogatorio, e perquisirono da cima a fondo la maia casa. Quindi il 1. dicembre del '93 fuggii dal Tibet diretta in India.
Durante il mio interrogatorio dissi ai Cinesi che il Tibet è un paese indipendente. Essi si adirarono e mi chiesero di fare una storia dal 7. secolo, epoca in cui la principessa cinese andò in sposa al re tibetano Songtsen Gampo. Sostenevano che questo matrimonio costituisce il legame che rende il Tibet parte inseparabile della Cina; e questo è chiarissimo dalla storia. Al che io replicai "In questo caso anche la principessa nepalese andò sposa al nostro re Songtsen Gampo: forse questo significa che una parte del Tibet dovrebbe appartenere al Nepal? Se Nepal e Cina si dividono il Tibet, quale sarà la posizione del Tibet?" Chiesi al funzionario: "Se tu hai una sorella, e lei viene data in sposa a un ragazzo, la proprietà di questo ragazzo diventa forse tua proprietà? No. C'è un rapporto tra Cina e Tibet, ma il Tibet era indipendente, e non ha mai fatto parte della Cina." Subito cominciarono a picchiarmi, usando un bastone elettrico, ecc... Arrivò l'ora di pranzo e loro se ne andarono a mangiare, lasciandoci f
uori sotto un sole bruciante. Purtroppo durante la dimostrazione ci eravamo coperte più del normale per difenderci dalle percosse quando saremmo state picchiate.
Tornarono dopo pranzo. Eravamo tutte sudate. Ci legarono faccia a terra, usarono bastoni elettrici sul petto e su altre zone sensibili. Le violenze, le percosse durarono alcune ore. Quindi ci misero in una cella per un paio di settimane, senza né materassi né coperte, e con cibo scadentissimo. Quindi pronunciarono le sentenze su di noi: quattro di noi furono condannate a tre anni, una a 8 e un'altra a 9 anni. Queste ultime ricevettero una condanna più pesante perché entrambe al monastero avevano maggiori responsabilità ed erano sempre state a capo di un gruppo di dieci.
Forse durante le sessioni di rieducazione tenute periodicamente nel villaggio avevano sempre resistito con coraggio; per questo motivo i cinesi le ritenevano le maggiori responsabili dell'incitamento della gente ad organizzare manifestazioni. Quindi quelle due monache furono spedite alla prigione di Drapchi e noi fummo detenute nella prigione di Gutsa. Io ho passato due anni e mezzo a Gutsa, e altri sei mesi a Tonlung. A Gutsa effettuavano prelievi di sangue, il cibo era scarso, le percosse continue. Posso testimoniare che una volta che sei prigioniero la tua salute non sarà mai più buona. (vedere la sua intervista tradotta parola per parola per il resto).
I Cinesi hanno costruito uffici a spese del popolo. Ad esempio il denaro per il salario era raccolto a carico della gente, la gente deve dare un contributo in mattoni, pietre e legno, e spesso la gente deve andare a lavorare in questi cantieri senza retribuzione. Ho visto avvenire questo nel mio stesso villaggio, con i miei occhi, e sono assolutamente sicura che i Cinesi seguono la stessa procedura anche in altre parti del Tibet. La pretesa cinese di avere contribuito al restauro dei monasteri è falsa. Nei monasteri, sia maschili che femminili, noi dobbiamo pagare delle tasse. Soltanto a Tsuklagkhang e a Tse i Cinesi forniscono per la manutenzione un importo minimo. Questa somma è nulla rispetto a quello che loro prelevano da altri monasteri sia maschili che femminili.
La pretesa di avere ricostruito molti monasteri è infondata. Sapendo che come buddisti abbiamo in particolare il voto di non uccidere alcuna vita, mandavano monaci e monache ad ammazzare i maiali per farci infrangere i nostri voti. A causa di queste torture e di queste percosse io soffro tuttora alla testa; e quando mi concentro molto sui miei studi la testa comincia a girarmi e dolermi. La mia salute non è più quella di una volta.