SFIDA TIBETANA A PECHINO
di Ilaria Maria Sala
il manifesto, 3 settembre 1995, pag. 3
La conferenza stampa tenuta ieri sera da Irene Santiago e Supatra Masit, rappresentanti ufficiali dell'organizzazione del Forum delle Ong, si è conclusa con l'annuncio di un ultimatum che verrà comunicato al Coc, il Comitato organizzativo cinese, oggi alle 12,30, se le condizioni previste dal regolamento delle Nazioni Unite non saranno rispettate. La situazione sembra essere precipitata, dopo tre giorni di difficoltà, di continui abusi.
Questa mattina le donne affette da handicap, diverse decine aderenti a varie organizzazioni, hanno espresso la loro offesa: una percentuale minima dei locali nei quali si svolgono le attività del forum sono raggiungibili con le sedie a rotelle. I giornali indipendenti non hanno potuto essere stampati.
I continui controlli sulle partecipanti cinesi e sui loro contatti con donne di altri paesi hanno contribuito a creare una atmosfera malsana, che ha oltrepassato i limiti dell'accettabile ieri, al seminario organizzato dalle 9 donne tibetane in esilio che sono riuscite a partecipare alla conferenza malgrado l'opposizione del governo cinese. La questione tibetana è uno dei nervi più scoperti delle autorità cinesi, che non tollerano nessun tipo di commento sulla loro invasione militare della regione. In questi giorni poi, mentre il politburo è impegnato a celebrare il trentesimo anniversario della creazione della »Regione autonoma del Tibet , l'arrivo di nove donne cariche di documentazione sulle violazioni dei diritti umani, riproduttivi, e religiosi delle loro sorelle sotto l'occupazione cinese, è naturalmente stato ricevuto come il fumo negli occhi.
La stanza dove era previsto il seminario della Associazione delle donne tibetane (Adt) in esilio era completamente riempita, fin da un'ora prima dell'inizio, da un folto gruppo di cinesi, in gran parte membri della delegazione ufficiale, e forze dell'ordine in borghese, intenzionati a impedirne lo svolgimento. Quando le donne tibetane sono entrate, accompagnate dalle rappresentanti delle Ong scandinave che ne hanno consentito l'ingresso al forum, hanno trovato spazio appena sufficiente per sedersi. Quando hanno cominciato a mostrare il loro materiale e a descrivere le condizioni nelle quali vivono le donne in Tibet, i presenti, definiti da Chimi Thonden come una »banda di spie della polizia cinese, che ci impediva di uscire, tenendoci in mano come agnelli sacrificali , hanno boicottato la presentazione, interrompendo con domande, insulti, minacce.
Qualche ora dopo, la delegazione tibetana ha indetto una conferenza stampa, nella quale hanno ricordato come, dal momento in cui hanno messo piede al forum, sono state seguite, fotografate, filmate e registrate, e come una sorte simile sia toccata anche alle persone chele hanno avvicinate per parlare con loro. Chimi Thonden ha detto, a nome della delegazione, che dopo una lunga riflessione, le donne tibetane avevano preso la decisione di non boicottare la conferenza, ma di fare il possibile per essere presenti e per attirare l'attenzione sui problemi nel loro paese. Nessuna delle 67 donne tibetane che avevano richiesto un visto all'ambasciata cinese per partecipare alla conferenza lo ha ottenuto. La decisione dei servizi di sicurezza cinesi di perseguitarle si è tramutata in boomerang: ora le conferenze stampa si succedono a ritmo frenetico. Amnesty International ha indirizzato una lettera al comitato organizzatore, chiedendo che questi abusi e prevaricazioni da parte del paese ospitante cessino immediata
mente, o che siano prese delle contromisure.
Dopo l'incontro di questa mattina con i rappresentanti del Coc, Masdit e Santiago hanno dichiarato di aver ricevuto una »promessa formale da parte cinese di rispettare gli accordi presi con le Nazioni Unite, ma da una parte il fatto che questo avvenga solo quattro giorni dopo l'inizio della conferenza è già grave. E del resto, una promessa non è una garanzia. Messa alle strette dai giornalisti, Santiago ha dunque dichiarato che se le condizioni non saranno rispettate domani l'assemblea costituente del forum delle Ong deciderà se annullare o boicottare la conferenza, o se rompere gli indugi indicendo proteste e manifestazioni pubbliche. Più che mai, la decisione di affidare la gestione di una conferenza importante come questa ad un regime dittatoriale appare incomprensibile.
SFIDA TIBETANA A PECHINO
di Ilaria Maria Sala
il manifesto, 3 settembre 1995, pag. 3