di Fernando Mezzetti
La Stampa, 4 settembre 1995, pag. 8
Quattromila delegati di 185 Paesi, domani interviene il ministro Agnelli. Via alla Conferenza Onu tra show e tensioni.
Pechino. Pompa magna questa mattina per l'apertura ufficiale della conferenza dell'Onu sulla donna, alle ore 10, le 4 italiane, mentre ad Hairou, fuori della capitale, prosegue la grande kermesse del Foro delle organizzazioni non governative, con polemiche interne e coi cinesi per le eccessive misure di sicurezza.
Nel teatrone da diecimila posti dell'Assemblea del popolo sulla Tienanmen, davanti a circa 4 mila delegati dei 185 Paesi partecipanti, centinaia di ministri di tutto il mondo, il capo dello Stato, del partito e delle forze armate Jiang Zemin ha esaltato il ruolo della donna e gli avanzamenti da essa conseguiti nella Repubblica Popolare.
Nel pomeriggio (assente Boutros Ghali per improvvisa malattia), discorsi di donne leader e statiste: Benazir Bhutto premier del Pakistan, la presidente del Bangladesh, la vicepresidente dell'Uganda.
Il nostro ministro degli Esteri Susanna Agnelli, giunto ieri sera dall'Indonesia, parlerà domani mattina per essere poi riassorbita da impegni internazionali: avrà infatti un incontro con il suo omologo cinese, Qian Qichen, e partirà poi per Mosca. La nostra delegazione è di una quarantina di persone tra parlamentari ed esperti.
Anche Hillary Clinton dovrebbe intervenire domani, partecipando poi il giorno dopo al Foro non ufficiale. Data la tensione in corso tra Cina e Stati Uniti, la sua presenza ha indubbio significato politico: essa è stata decisa dopo che Pechino ha espulso, ma condannandolo a 15 anni per spionaggio, l'attivista per i diritti umani Harry Wu, dal 1986 cittadino americano, 19 passati nei gulag.
I due fatti sono legati in senso distensivo, ma restano sul tappeto tutti i problemi su cui si è creata la tensione, dai diritti umani ai rapporti internazionali. Hillary dovrà muoversi sulla corda, misurare ogni gesto, senza rete di protezione, salvo quella stabilita da Dipartimento di stato e casa Bianca: evitare incontri ufficiali con esponenti cinesi al di là della Conferenza, mentre in realtà i contatti diplomatici proseguono intensi. Essa è infatti accompagnata da Winston Lord, assistente di Kissinger nei suoi incontri segreti con Zhou Enlai a Pechino nel luglio 1971, poi ambasciatore in Cina.
Dei limiti impostile dalla diplomazia e dalla logica dei rapporti fra stati, Hillary si rifa' al Foro: sarà un bagno di folla e di impegno, con un intervento dal titolo che è un programma: »Strategie per il futuro .
Col mito che circonda la First Lady, il Foro ritroverà un certo entusiasmo e una certa unità dopo lo scontro con le autorità cinesi sui controlli di polizia. Il comitato di coordinamento aveva fatto il muso duro per i tanti poliziotti in borghese tra le ventimila partecipanti e nei 350 simposi e riunioni giornalieri, per il tentativo di sequestro di una videocassetta sulle condizioni in Tibet, proiettata da 9 tibetane in esilio, per l'interruzione d'una riunione in un albergo fuori del campus, a cui si riconosce una sorta di extraterritorialità, per scarsa attenzione ai disabili, per maltrattamento delle lesbiche. Si era perfino parlato d'un ultimatum da parte del comitato, con minaccia di chiudere i lavori; suscitando, con ciò, la protesta di delegate di Paesi in sviluppo o islamici meno sensibili a certe tematiche. I cinesi hanno respinto con durezza, in una conferenza stampa, ogni discorso sul Tibet come attentato alla sovranità della Cina, e certamente disporranno affinché la loro polizia agisca con m
aggior accortezza. E' finita che l'ultimatum è stato smentito e la kermesse prosegue, non essendo nessuna delle partecipanti disposta a far fagotto e tornare a casa, dopo gli sforzi sostenuti.
Ma intanto temi gravi come la condizione femminile, dall'uguaglianza alle pari opportunità, dalla violenza quotidiana nelle grandi città agli stupri di massa, dall'orrenda pratica delle mutilazioni genitali in Africa alla prostituzione minorile con la vergognosa pratica dei sex-tour da Paesi ricchi a quelli del Sud-Est asiatico, sono stati messi in ombra dall'attenzione spasmodica su qualche intolleranza poliziesca.
Migliaia di occidentali, africane, sudamericane, asiatiche, si aggirano per il campus affrante da valigiate di carte e documenti, che nessuno leggerà, spostandosi fra i 350 simposi, da quello su piccole minoranze in province sperdute di Paesi impronunciabili a quello sul piano di salute nelle spiagge californiane, in atmosfera di gioiosa eccitazione che riporteranno a casa con grato ricordo: tutte quelle carte, tutte quelle chiacchiere, e il brivido della sfida al gigante autoritario.
IL TERREMOTO DONNA A PECHINO
di Fernando Mezzetti
La Stampa, 4 settembre 1995, pag. 8