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Sisani Marina - 19 settembre 1995
HONG KONG, SCHIAFFO ALLA CINA

di Francesca Mengarelli

da Il Sole-24 Ore, 19 settembre 1995, pag. 4

Le elezioni legislative segnano una dura sconfitta dei candidati vicini a Pechino. I democratici vincono nettamente - Rischia ora la paralisi la colonia britannica.

Hong Kong. Nelle ultime consultazioni parlamentari prima della restituzione di Hong Kong alla Cina nel 1997, l'elettorato ha votato in massa per i democratici di Martin Lee, il leader politico che da dieci anni lotta per la democratizzazione della colonia britannica e che Pechino ha marchiato come "sovversivo".

Il partito democratico e i suoi alleati di coalizione hanno conquistato domenica 16 dei 20 seggi a suffragio diretto e altri 7 dei restanti 40, che sono eletti attraverso un complesso sistema elettorale,, costituito in parte da un collegio di rappresentanti e in parte da trenta categorie professionali di votanti. Considerando il probabile appoggio esterno di sette indipendenti, il gruppo di Lee arriva così a sfiorare la maggioranza assoluta, rispetto ai 20 seggi ottenuti nelle scorse elezioni.

Per i partiti vicini a Pechino, la sconfitta è stata bruciante, e più severa del previsto. Nelle prime elezioni in cui tutti e 60 i seggi del Legislative Council (Legco) sono stati aperti al voto, sono stati eletti soltanto sei candidati del blocco politico che vuole una più stretta cooperazione con le autorità cinesi, e non più di quattro indipendenti tra i probabili alleati esterni.

In verità la campagna elettorale si è svolta in tono ben più sommesso rispetto a quella di quattro anni fa, quando per la prima volta 18 seggi erano stati aperti a suffragio diretto e la strage di Tienanmen del 1989 era ancora viva nella memoria collettiva di Hong Kong. L'interesse degli elettori è rimasto tiepido quest'anno nonostante le riforme varate dal governatore Chris Patten, che hanno allargato considerevolmente la base elettorale. La democratizzazione della vita politica della colonia, notano anzi gli osservatori, ha paradossalmente contribuito allo scetticismo dimostrato dall'elettorato negli ultimi mesi.

Le riforme di Patten, infatti, sono state aspramente criticate da Pechino, che le ritiene violazioni degli accordi siglati nel 1984 per la restituzione di Hong Kong alla Cina: le autorità cinesi hanno quindi fatto capire più volte che i nuovi deputati non potranno completare il loro mandato quadriennale. In loro sostituzione Pechino sceglierà probabilmente un gruppo di rappresentanti "provvisori" che resterebbero in carica sino alle prime elezioni, ancora da fissare, della nuova Regione amministrativa speciale.

La schiacciante vittoria democratica potrebbe anzi accelerare il processo di esautoramento del Governo coloniale uscente in forte anticipo rispetto alla scadenza del luglio 1997: alcuni osservatori temono infatti che i fautori di una linea più dura per Hong Kong acquisteranno importanza a Pechino. Potrebbero così venire annunciate prima del previsto le nomine dei futuri amministratori di Hong Kong; i primi nomi per il consiglio degli esperti (Exco) del governatore potrebbero cominciare a circolare già nei prossimi mesi, mentre il sostituto di Patten dovrebbe essere annunciato entro l'estate. A partire da gennaio verrà inoltre istituito il cosiddetto comitato preparatorio, al quale è affidata la gestione del trapasso dei poteri. Con così tanti centri di potere paralleli, Emily Lau prevede che la vita politica di Hong Kong nei circa 650 giorni da qui al luglio 1997 rischi la paralisi. Per questo motivo e visto che la vittoria di domenica non assicura comunque una maggioranza automatica ai democratici, molti

ipotizzano che i nuovi deputati dimostreranno una buona dose di pragmatismo, evitando scontri troppo duri con Pechino.

HONG KONG, SCHIAFFO ALLA CINA

di Francesca Mengarelli

da Il Sole-24 Ore, 19 settembre 1995, pag. 4

 
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