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Conferenza Tibet
Verni Piero - 18 novembre 1995
Pechino e il Panchen Lama

La volontà di Pechino di riconoscere un suo proprio candidato come undicesimo Panchen Lama, una delle più alte personalità religiose del Tibet, e di opporlo al bambino di sei anni riconosciuto ufficialmente dal Dalai Lama lo scorso 14 maggio, rappresenta uno dei più gravi attentati alla libertà religiosa del popolo tibetano perpetrati dalle autorità di occupazione cinesi.

Il Dalai Lama, secondo una prassi conslidata da secoli, aveva riconosciuto nel piccolo Choeky Nima la reincarnazione del decimo Panchen Lama morto nel gennaio 1988 nel suo monastero di Tashilumpo nel Tibet centrale. Oggi Pechino, con un gesto che non ha precedenti nella millenaria storia del Tibet, si arroga il diritto di interferire nelle vicende interne del Buddhismo tibetano imponendo un suo candidato quale nuovo Panchen Lama.

Le pretese dei dirigenti cinesi sono palesemente assurde sotto il profilo storico-religioso e mostrano chiaramente in quale considerazione la Cina comunista tenga i diritti civili delle donne e degli uomini del Tibet.

Inoltre, a partire dalla primavera scorsa, Pechino sta portando avanti una virulenta campagna di intimidazione nei confronti dei monaci tibetani, nel tentativo di obbligarli a sottoscrivere pubbliche dichiarazioni in favore del regime cinese e di accusa nei confronti del Dalai Lama. A maggio, subito dopo l'annuncio del Dalai Lama, venne arrestato Chatral Rinpoche, il capo del comitato per la ricerca del Panchen Lama, sotto l'accusa di aver mantenuto contatti con il Dalai Lama. Numerosi lama di rango elevato sono stati apertamente minacciati di ritorsioni se non avessero aderito alla campagna di denuncia contro il Dalai Lama e i monaci del monastero di Tashi Lumpo, tradizionale sede del Panchen Lama, sono dallo scorso maggio sotto un regime di rigido controllo poliziesco e diverse decine sono stati arrestati od espulsi per aver pubblicamente espresso la loro solidarietà alle posizioni del Dalai Lama.

Inoltre Choeky Nima e i suoi genitori sono scomparsi dal loro villaggio e secondo alcune fonti tibetane sarebbero agli arresti domiciliari a Pechino. Il governo cinese ha ufficialmente negato di aver arrestato il piccolo Panchen Lama e i suoi genitori ma non ha dato indicazioni su dove essi si trovino in questo momento.

Alla luce di questi nuovi, ennesimi gravi sviluppi della drammatica situazione tibetana è necessario che la comunità internazionale si mobiliti e chieda con forza a Pechino di non interferire in alcun modo nelle vicende interne alla religione del Tibet e di rivelare dove si trovino il piccolo Choeky Nima e i suoi genitori e quali siano le loro condizioni di salute.

Lasciare solo il Dalai Lama in questo delicato momento significherebbe infliggere una nuova delusione al popolo tibetano e ridurre ancora gli spazi per quel costruttivo dialogo tra tibetani e cinesi che nonostante tutto il Dalai Lama non si stanca di cercare. I governi e la comunità internazionale devono essere apertamente solidali con le donne e degli uomini del Tibet perchè essi possano continuare a credere nell'intelligente scelta politica non violenta del Dalai Lama e a seguire la sua saggia cultura del dialogo e del confronto democratico.

 
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