è la rappresentante in Europa meridionale di Sua Santità il Dalai Lama. Questa è la trascrizione del colloquio avuto con lei da Paolo Pietrosanti da Radio Radicale.PP: Vorrei che fossi tu a presentare te stessa agli ascoltatori.
SK: voglio in primo luogo ringraziare Radio Radicale per avermi invitata qui per questa chiacchierata. Come Paolo ha detto sono la nuova rappresentante del Dalai Lama e del Governo tibetano in esilio nell'Europa meridionale, cioè in Italia, Germania, Malta, Turchia e Grecia, e faccio base a Ginevra.
PP: E' da poco che ricopri questo incarico...
SK: Sì, da ottobre.
PP: E che dici di questa prima esperienza?
SK: Il primo impegno importante dacché sono in carica a Ginevra è quello di questi giorni in Italia. Sono qui per ricevere, a nome di Sua Santità, il premio della Fondazione Together for Peace, che ha premiato diverse personalità distintesi nel campo della pace e dei problemi sociali. Sua Santità ha ricevuto il Premio per la sua alta autorità e per il suo lavoro per il Tibet.
PP: Ci piacerebbe sapere di più su di te. Sei Tibetana, vivi in Europa, ma non hai sempre vissuto a Ginevra, dove ti trovi oggi.
SK: Sono in Europa dal 1969, Andai in Norvegia come studentessa, con una borsa di studio; e avevo trascorso in India dieci anni da quando, nel 1959, vi giunsi dal Tibet. Quando terminai la scuola superiore andai in Norvegia grazie ad una borsa di studio, e ho studiato lì. Oltre ai miei impegni ordinari, oltre al mio lavoro, sono sempre stata molto coinvolta e impegnata nella causa tibetana, per aumentare tra la gente di Scandinavia la consapevolezza sulla questione del Tibet.
PP: E dunque questo viaggio a Roma. Hai avuto molti incontri, oltre a ricevere il premio a nome del Dalai Lama...
SK: Sì. Molti incontri. Ieri, per esempio, ho incontrato varie personalità, parlamentari italiani, e altri ne incontrerò nelle prossime ore. In particolare ieri ho avuto l'opportunità di vedere l'On. Nan, e ho incontrati anche molti Tibet Support Group. C'è un forte interesse in Italia per il Tibet, e questo senza dubbio mi incoraggia molto. Tra l'altro per il fatto che sono proprio all'inizio di questo nuovo incarico.
PP: Credo sia utile per gli ascoltatori sapere che tu hai avuto altri incontri con personalità importanti...
SK: Ho addirittura avuto l'opportunità di incontrare il Papa in udienza. Gli ho recato i saluti di Sua Santità il Dalai Lama, e il Papa ha detto di avere il Tibet costantemente presente nelle sue preghiere. E sono stata molto felice di sentire queste parole dal Papa. Ho pure incontrato varie personalità italiane, il Sindaco di Roma, Ambasciatori di vari paesi... Insomma ho avuto ottime opportunità di incontrare molte persone autorevoli.
PP: Sei una sorta di Ambasciatrice, e nello stesso tempo rappresenti il Dalai Lama.
SK: Se guardiamo al senso delle parole, sono una ambasciatrice. Ma come sappiamo tutti, noi non abbiamo un tale status come gli altri diplomatici. Ma siamo comunque accettati quali ambasciatori.
PP: Il tuo ruolo, e gli spazi che puoi ottenere nel tuo impegno dipendono eminentemente da ragioni e contingenze politiche...
SK: Certo. Ed è anche per questo che per me è molto importante incontrare leader ed esponenti politici, soprattutto dei paesi europei. Per chiedere loro sostegno alla nostra causa. Il tempo sta correndo velocemente per il Tibet; questo è un momento assolutamente cruciale per noi. Spero - o direi che sembra - che avremo sostegno dai paesi della comunità europea.
PP: Mi impressionarono molto le parole che pronunciò a Roma, nel corso di un asua visita recente, il Presidente del Parlamento Tibetano in esilio, Samdong Rimpoche. Egli disse, nella conferenza stampa che tenne nel salone della sede del PR: "paghiamo il prezzo, il costo, della nostra nonviolenza. se fossimo terroristi la stampa e i media del mondo presterebbero assai più attenzione alla nostra causa".
SK: E' vero. Negli ultimi 40 anni abbiamo seguito la via della nonviolenza tracciata da Sua Santità, e da Tibetana sono molto orgogliosa per il fatto che abbiamo seguito i principi della nonviolenza. Ma d'altra parte è possibile vedere quel che abbiamo ottenuto negli ultimi 40 anni. Sembra che ilmondo presti maggiore attenzione agli atti di terrorismo, a chi reca problemi di questo genere. Ma noi, Tibetani e Buddisti, abbiamo seguito questi principi per 40 anni, Ora il tempo sta correndo molto velocemente e molti giovani Tibetani, cresciuti in Occidente o in esilio, guardano a quel che altri hanno ottenuto con atti di terrorismo, con la violenza, e insieme vedono quel che abbiamo ottenuto noi. E stanno divenendo molto impazienti. Questo certo ci allarma.
Spero quindi che la comunità internazionale reagisca a questo, e dia valore ai principi della nonviolenza.
PP: Ci giungono notizie di scontri, di atti repressivi duri in questi giorni in Tibet.
SK: Come in molti avranno saputo dai giornali o dalle radio e dalle tv i Cinesi hanno scelto il nuovo Panchen Lama. Il Panchen Lama è il secondo Lama del Tibet dopo il Dalai Lama, e morì nel 1989. Il suo monastero in Tibet ha chiesto al Dalai Lama di riconoscere la reincarnazione del Panchen Lama. In maggio Sua Santità ha riconosciuto il nuovo Panchen Lama, nato in Tibet, e questa è stata una occasione molto felice per tutti noi. Perché nella tradizione buddista, o nella tradizione tibetana, il riconoscimento del Panchen Lama è fatto da Sua Santità, così come Sua Santità è a sua volta riconosciuto dal Panchen Lama, e dunque il Dalai Lama e il Panchen Lama si riconoscono vicendevolmente.
E dunque, quando i Cinesi hanno appreso questa notizia non hanno accettato il riconoscimento effettuato da Sua Santità e hanno convocato i Lama tibetani, e alcuni grossi esponenti del partito dal Tibet. I Cinesi li hanno convocati per farli riunire a Pechino perché volevano il loro proprio candidato. Hanno prima scelto tre candidati, e tra questi tre volevano se ne scegliesse uno quale nuovo Panchen Lama.
Intanto, il giovanissimo ragazzo individuato come il nuovo panchen Lama dal Dalai Lama è scomparso da maggio e sappiamo che da qualche parte in Cina con i suoi genitori. E ha soltanto 6 anni.
Voglio sia chiara una cosa: i Tibetani, vivano essi all'interno o al di fuori del Tibet, non accetteranno questo falso Panchen Lama; perché è stato nominato del tutto fuori e contro le nostre tradizioni e la nostra religione. Il Governo cinese non è mai stato interessato alla religione, in quanto stato comunista. Infatti, è sempre stato contro la religione, che ha sempre chiamato veleno pèr i popoli, come diceva Mao. E adesso, improvvisamente, interferiscono nelle nostre tradizioni, nel nostro credo religioso, e la gente non lo accetterà. Vi sono state molte piccole manifestazioni in Tibet, e tre delle principali città sono sotto coprifuoco.
PP: Manifestazioni e misure autoritarie da parte del Governo cinese... cosa è possibile prevedere per il prossimo futuro?
SK: Sono molto preoccupata per la mia gente in Tibet. Come sappiamo tutti la maggioranza della popolazione in Tibet è cinese. sette milioni e mezzo di Cinesi contro i 6 milioni di Tibetani: siamo una minoranza. In queste manifestazioni e iniziative la gente pone in causa le proprie persone, sanno che saranno arrestati, saranno violati e messi in carcere.
PP: Sulla base delle informazioni che riceviamo risulta evidente che il Dalai Lama è assolutamente fermo sulla sua posizione strategica e tattica nonviolenta. D'altra parte, come hai detto, vi sono giovaniTibetani che stanno premendo sul Dalai Lama affinché egli sia più duro, o almeno meno nonviolento. Cosa ne pensi?
SK: Credo che la situazione debba allarmare il mondo intero: vogliamo nuovi gruppi terroristici? Siamo tutti contenti di non avere più l'OLP. Vogliamo nuovi gruppi terroristici? Il mondo ne ha bisogno? La domanda da porsi è questa. Ed è una domanda allarmante che non può trovare inattiva la comunità internazionale, che deve invece darci sostegno anche per evitare rischi del genere.
PP: Intanto, proprio nel discorso che a nome del Dalai Lama hai pronunciato qui a Roma, egli conferma la sua fermezza sulla nonviolenza.
SK: Egli ha detto - nel discorso di accettazione del Premio, che è un premio che egli ha avuto per la sua scelta nonviolenta - "Da parte nostra noi Tibetani continueremo a lottare per la libertà, ma continueremo a rifiutare la violenza. Finché sarò io a guidare la lotta per la libertà non vi sarà spostamento alcuno dalla linea della nonviolenza. E' in verità ormai chiaro che i nostri soli sforzi non sono sufficienti a conseguire un mutamento positivo nella posizione del governo cinese, mi appello quindi a tutti voi in questa occasione affinché sosteniate il popolo tibetano cui è oggi impedito di esercitare il diritto che molti altri hanno garantiti". Sono parole molto chiare.
PP: Speri che il Tibet possa essere libero, e quando, come?
SK: Questa è la speranza che ci spinge ad andare avanti nell'impegno per il Tibet. E ho questa speranza. Se pensiamo a pochi anni fa, chi poteva pensare che il Muro di Berlino sarebbe caduto? O che l'Unione Sovietica avrebbe avuto il destino che ha avuto? Io credo vi sia una speranza, ed è questa speranza che ci porta a lavorare per il Tibet.
PP: E come pensi possa accadere?
SK: La cosa principale è il negoziato tra Sua Santità il Dalai Lama e il Governo Tibetano in esilio, da un aparte, e i Cinesi. Devono venire al tavolo negoziale senza precondizioni. Questo è stato richiesto da Sua Santità al Governo Cinese da molti anni, ma non vi è stata alcuna risposta da parte cinese. Pongono sempre delle precondizioni.
PP: Quali?
SK: Ne pongono molte: vogliono che gli incontri non si svolgano in alcuni luoghi, o addirittura che non si parli affatto della questione tibetana nel negoziato; ma se non vogliono che se ne parli, su cosa dovrebbe negoziarsi?
PP: E quale pensi debba essere il ruolo delle Nazioni Unite?
SK: Credo che le Nazioni Unite abbiano un ruolo fondamentale. Premere sulla Cina, portare i Cinesi al tavolo negoziale. E le Nazioni Unite hanno in questo una grande responsabilità. Eppoi, questo è il motivo per cui l'ONU esiste. per la gente e della gente.
PP: Il vostro ufficio di Ginevra, che tu dirigi, ha anche il compito di seguire i lavori della Commissione ONU sui Diritti Umani, che ha sede nella stessa città...
SK: Sono anche infatti responsabile per gli affari dell'ONU e della Unione Europea. E la mia principale responsabilità è ottenere sostegno dai paesi membri dell'ONU e provare ad ottenere una Risoluzione in materia di Cina; non solo sul tibet, ma anche sulle violazioni dei diritti umani in Cina.
PP: E a che stadio è questo tentativo?
SK: Spero che potremo ottenere tale Risoluzione nella prossima sessione.
PP: Permettimi una domanda: cosa chiedete a chi ci ascolta? Cosa si può fare per il Tibet?
SK: Sostegno al Tibet, e pressione sui governi. Premete sui vostri governi perché essi devono ora sentire una responsabilità morale. E occorre solidarietà. Cosa è la solidarietà? e verso chi? Io credo che i cittadini italiani abbiano un aresponsabilità morale e insieme la possibilità di premere sul loro governo, sui loro parlamentari. E' quel che vogliamo: aiuto dalla gente.
PP: E permettimi di chiederti cosa debba fare il Partito Radicale...
SK: Il Partito Radicale ci ha aiutato negli ultimi anni, ha fatto molto, e ha aiutato la consapevolezza sulla questione tibetana nel campo politico. Credo abbiano fatto un ottimo lavoro ed è importante che continui a lavorare per la crescita della consapevolezza sulla questione tibetana da parte del mondo politico.
PP: La ringraziamo, la ringrazio. Il fatto che la causa del Tibet sia la causa della tolleranza, della nonviolenza, della democrazia fa sì che questa non possa che essere la causa di tutti.
SK: Lo è, deve essere la causa del mondo intero.