Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
mar 11 feb. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Tibet
Partito Radicale Angiolo - 30 dicembre 1995
**************

MILLE BANDIERE PER IL TIBET

di Angiolo Bandinelli

L'OPINIONE, 29 DICEMBRE 1992

Nel 1968, i carri armati sovietici che invadevano Praga vennero contestati, strada per strada, da quello che è riconosciuto come il primo caso (dopo il modello indiano, gandhiano) di "resistenza passiva nonviolenta di massa" occidentale: un episodio che ha lasciato tracce profonde nella riflessione e nella prassi nonviolenta.

Nel difficile cammino della nonviolenza per essere accolta nell'universo culturale moderno ed occidentale, la sommossa di Praga del 1968 è il tornante che politicizza la problematica aperta dai "figli dei fiori" dei campus americani (una esperienza troppo facilmente ridotta a "folklore", mentre costituì, a nostro avviso, il primo tentativo di elaborare i parametri e i temi di una economia "alternativa e compatibile", capace di sopperire alle distorsioni dello sviluppo capitalistico arricchendone la matrice liberale e liberista grazie alla poderosa, creativa iniezione libertaria). Questi momenti del discorso moderno sulla nonviolenta meritano di essere meglio esplorati, facendo tesoro delle ricerche di Popper e di Rawls che invece l'accademia liberal puntualmente ignora. Ma intanto il discorso va avanti, nuove iniziative propongono ipotesi di lavoro e obiettivi anche più avanzati.

Il 10 marzo prossimo, anniversario dell'insurrezione di Lhasa del 1959, sulle sedi dei Consigli Comunali, delle amministrazioni cittadine, nei "Campidogli" insomma di centinaia (e, si spera, migliaia) di città di tutto il mondo, verrà esposta - a cura di quelle amministrazioni - la bandiera nazionale tibetana, del governo e del parlamento in esilio del Tibet. Lo stesso giorno, a Bruxelles, manifestanti provenienti da tutta Europa presenteranno al Parlamento europeo e all'Ambasciata cinese le loro puntuali richieste: "1. L'ONU e gli Stati membri riconoscano che l'invasione e l'occupazione del Tibet da parte della Repubblica Popolare di Cina costituiscono una aggressione che viola la legalità e il diritto internazionale; 2. l'ONU riconosca che il Tibet costituisce, ai sensi del diritto internazionale, un Paese occupato e di conseguenza gli conceda lo status di osservatore all'Assemblea delle NU; 3. Il mandato del Comitato sulla Decolonizzazione dell'ONU venga esteso alla questione della decolonizzazione del Ti

bet; 4. La Repubblica Popolare di Cina apra negoziati diretti e senza precondizioni sul futuro status del Tibet con il Dalai Lama e il governo tibetano in esilio, ponendo intanto fine in Tibet alle violazioni dei diritti della persona, rilasciando i prigionieri di opinione, interrompendo i trasferimenti di popolazione cinese e restituendo terre e proprietà espropriate...". La campagna non ha intento offensivo nei confronti della Cina: i manifestanti si appelleranno anche al popolo cinese e ai suoi rappresentanti "perché sia iniziato un processo di pace, fondato sul dialogo e sul negoziato, unica soluzione in grado di mettere termine alla tragedia in corso nel Tibet".

Esponenti delle Comunità tibetane in Europa e dei "Tibet Support Groups" europei, invitati dal segretario Olivier Dupuis, si sono incontrati nella sede di Strasburgo del Partito Radicale Transnazionale e Transpartito per mettere a punto queste ed altre iniziative; tra il centinaio di partecipanti, Tempa Tsering, segretario del governo tibetano per le relazioni internazionali, Dawa Thondup e Chungdak D-Goren, rappresentanti del Dalai Lama a Parigi e Ginevra. Proprio mentre la riunione era in corso, il Parlamento Europeo votava una risoluzione di condanna "dell'ingerenza del governo della Repubblica popolare cinese nella designazione del candidato al titolo di Panchen Lama". Ma il PE è andato anche più avanti, sia deliberando la sospensione del progetto PANAM dell'UE per il Tibet fino a quando le richieste della risoluzione non saranno state soddisfatte sia invitando la Commissione e il Consiglio a valutare le modalità di una iniziativa che valga ad indurre le autorità cinesi ad un maggior rispetto dei diritt

i dell'uomo, utilizzando anche, come strumento di pressione e di scambio con quel governo, le politiche di investimento e commerciali.

Intanto, grazie al fitto lavorìo dei radicali transnazionali, oltre cento parlamentari di mezzo mondo hanno sottoscritto l'appello a Boutros Ghali perché riceva il Dalai Lama e con lui esplori tutte le opportunità per avviare il ristabilimento nel Tibet del diritto e della legalità internazionali. Su un piano più generale ma strettamente connesso alla questione Tibet, il PE ha quindi approvato una risoluzione sulla nuova condanna subita dal dissidente cinese Wei Jinsheng, chiedendone la immediata liberazione insieme a quella di tutti i detenuti per reati di opinione. Il caso Wei Jingsheng potrebbe esplodere in modo clamoroso, se dovesse aver successo l'iniziativa della candidatura del dissidente a Premio Nobel per la Pace 1996 sulla quale la "Casa cinese della Democrazia" di Parigi e il Partito Radicale stanno raccogliendo adesioni di europarlamentari e di parlamentari "nazionali" (per ora sono 82).

Siamo dinanzi ad una massiccia, concertata offensiva di lotte ed iniziative, sferrata dalle organizzazioni nonviolente - religiose e politiche - del mondo, che non trova paragoni recenti di pari intensità. L'ultimo appuntamento di questa mobilitazione a vasto raggio è per il grande "Satyagraha", un digiuno collettivo di massa per la libertà del Tibet, che avrà luogo contemporaneamente in tutto il mondo tra la fine del 1996 e gli inizi del 1997. Uno sforzo organizzativo eccezionale che vedrà collegate - con largo impiego anche della telematica - comunità tibetane e buddiste assieme a forze politiche, culturali e sociali delle più diverse denominazioni, e farà sentire la Cina non più lontana ma anzi parte integrante del nostro orizzonte e delle nostre responsabilità civili

Il vero problema della civiltà liberale del XXI secolo è come rispondere creativamente, politicamente, alla sfida dei vecchi e nuovi integralismi e fondamentalismi che assediano il pianeta. Purtroppo, la cultura liberale è a sua volta, quasi dovunque, chiusa e rattrappita in poveri nazionalismi, in mediocri revisionismi, in dispute accademiche. Non produce politica, insomma, e la sfida resta senza risposta. Suppliscono in qualche modo, in un bergsoniano, mobile flusso, i movimenti one issue e in particolare quelli per i diritti civili di matrice nonviolenta, con iniziative puntate di volta in volta su obiettivi ad alta valenza simbolica.

Purtroppo, non siamo ancora alla organizzazione politica di questi movimenti nel grande partito transnazionale liberale del XXI secolo.

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail