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Partito Radicale Roma - 25 gennaio 1996
PECHINO MINACCIA MISSILI SU TAIWAN

di Guido Santevecchi

Corriere della Sera, 25 gennaio 1996, pag. 9

Un missile al giorno contro Taiwan per trenta giorni. E' questa la tattica che Pachino sarebbe pronta a mettere in atto nel giro di poche settimane per fermare un processo di proclamazione »strisciante dell'indipendenza da parte dell'isola ribella, dove nel 1949 si rifugiarono i nazionalisti di Chang Kaishek inseguiti dall'esercito di liberazione popolare comunista di Mao. Secondo il New York Times i paini sono già pronti e la Cina ha avvertito della sua determinazione l'amministrazione americana. La minaccia è stata riferita a Washington da Chas Freeman, un ex sottosegretario del Pentagono reduce da una serie di incontri con alti funzionari di Pechino.

Nel suo rapporto a Tony Lake, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Freeman ha detto che i preparativi per un attacco missilistico su scala ridotta e la selezione degli obiettivi sono stati ultimati e attendono solo una decisione finale da parte del Politburo di Pechino. I giorni critici dovrebbero essere intorno a marzo, quando a Taiwan si terranno le prime elezioni presidenziali democratiche.

Il momento più drammatico della relazione di fronte al consiglio per la sicurezza nazionale, secondo la fonte del New York Times, sarebbe stato quando Freeman ha citato un funzionario cinese che gli aveva spiegato come Pechino potrebbe attaccare Taiwan senza temere una reazione militare da parte statunitense perché i leader americani »sono sicuramente più preoccupati per la sorte di Los Angeles che per quella di Taiwan . Una minaccia neanche troppo velata di ricorrere alle armi nucleari in caso di confronto con gli Stati Uniti. »A Pechino mi hanno detto che la Cina sarebbe pronta a sacrificare milioni di uomini e intere città per assicurare la riunificazione e sono convinti che l'America non farebbe altrettanto per difendere Taiwan , ha concluso Freeman.

La reazione di Pechino ieri è stata telegrafica: »Pure fantasie, insensatezze , ha detto un portavoce governativo.

Ma a Taiwan l'articolo del New York Times ha rialzato la tensione. »Speriamo che l'amministrazione Usa continui a fornirci armamenti difensivi , ha detto il presidente taiwanese Lee Tenghui, parlando ieri a un gruppo di dirigenti d'azienda americani. Taiwan investe già oltre 10 miliardi di dollari all'anno nelle spese militari: poco meno di un quarto del suo bilancio. D'altra parte il budget bellico di Pechino, a partire dal 1988, è cresciuto in termini reali del 75 per cento: ufficialmente la Cina spende 6 miliardi di dollari l'anno, ma secondo stime occidentali la cifra raggiunge i 20 miliardi. Il »grande ammodernamento dell'Esercito popolare cinese ha spinto tutta l'Asia orientale a una corsa al riarmo: nel 1995 nella regione sono stati spesi 140 miliardi di dollari per le forze armate.

Dal 1949 Pechino ribadisce ricorrentemente la sua volontà di giungere a una riunificazione, in un modo o nell'altro, e minaccia l'invasione in caso di dichiarazione d'indipendenza da parte di Taipei. L'isola nazionalista in questi decenni ha compiuto uno dei miracoli economici dell'Asia, costruendo con i suoi 21 milioni di abitanti un sistema che viaggia a un ritmo di 90 miliardi di dollari di esportazioni all'anno e accumulando riserve in valuta per 91 miliardi di dollari.

La scorsa estate e per tutto l'autunno i generali cinesi hanno organizzato una serie di esercitazioni militari proprio al di là degli Stretti di Taiwan che simulavano sbarchi sull'isola. E hanno ostentato una serie di test missilistici. »E' evidente che ci vogliono lanciare un messaggio forte e chiaro: non penserete certo che vogliano far correre i loro soldati a pochi chilometri dalle nostre coste solo per divertimento o che lancino i loro missili così vicino a noi perché si approssima la loro data di scadenza , ha detto al Corriere un alto funzionario dell'Ufficio informazioni del governo taiwanese.

Secondo gli analisti occidentali lo scopo principale di questa campagna minacciosa di Pechino è di persuadere Taiwan ad abbandonare i suoi tentativi di riottenere un seggio alle Nazioni Unite. I cinesi sono stati particolarmente irritati dalla visita del presidente Lee negli Stati Uniti e dal sostegno promessogli dal Congresso Usa. Ma se Lee dovesse fare un passo di troppo, molti esperti temono che i »giochi di guerra possano trasformarsi in un attacco che incendierebbe la regione.

PECHINO MINACCIA MISSILI SU TAIWAN

di Guido Santevecchi

Corriere della Sera, 25 gennaio 1996, pag. 9

 
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