di Renato Ferraro
Corriere della Sera ESTERI : Mercoledi 28.02.'96, pag. 11
Confronto alla "Fondazione Agnelli" alla vigilia dello storico vertice tra Ue e i Paesi asiatici. La nuova potenza di Pechino spaventa le "tigri del Pacifico".
TORINO - L'Asia sarà il teatro delle guerre globali - economiche e politiche - che si combatteranno nel XXI secolo e l'Europa deve piazzare al più presto le sue pedine sullo scacchiere, per non essere esclusa e sconfitta prima ancora che il "grande gioco" cominci. Questa è l'esortazione che i Paesi del Sud-Est asiatico rivolgono all'Unione europea alla vigilia del summit fra i due continenti che si apre venerdì a Bangkok. Le "piccole tigri" dal Far East offrono mercati e profitti, in cambio chiedono sostegno: nei confronti sia dei colossi regionali, Cina e Giappone, sia degli USA, una potenza amica ma "incline all'arroganza".
Gli aspetti strategici del primo storico vertice Asia-Europa sono stati approfonditi a Torino durante un convegno della Fondazione Agnelli e dell'Istituto di studi sul Sud-Est asiatico di Singapore. E sono stati affrontati, da parte degli economisti e politologi orientali, con una franchezza che non sarà permessa ai capi di governo durante la conferenza di Bangkok, a cui parteciperanno anche i premier del Giappone, della Repubblica Popolare e della Sud Corea, oltre a quelli dell'Asean (Brunei, Filippine, Indonesia, Malaysia, Singapore, Thailandia, Vietnam).
Il vertice, proposto da Singapore nel'94, si aprirà proprio nei giorni in cui, secondo le ultime notizie, la Cina darà il via alla settima serie di manovre militari dirette a dissuadere Taiwan da tentazione secessionistiche, e mentre una seconda crisi oppone Seul e Tokio per la sovranità su un minuscolo arcipelago.
Un terzo e più pericoloso focolaio di guerra è nella penisola coreana, poiché non si esclude che il Nord, in pieno tracollo economico e prostrato da una carestia, tenti di salvarsi con una disperata invasione del Sud. Le frenesie nazionalistiche tenute sotto controllo durante la guerra fredda stanno crescendo in Asia, dove non mancano le premesse di conflitti territoriali, ad esempio intorno alle isole Spratley, ricche di petrolio, rivendicate da Cina, Taiwan, Vietnam, Malaysia, Filippine, Brunei.
Ma la guerra già in corso è economica, è guerra per gli investimenti, linfa del Far East, ha detto a Torino il professor Tan Kong-yam, della National University di Singapore. La Cina assorbe una quota esorbitante delle risorse finanziarie che dal mondo si dirigono verso l'Asia, e in tal modo lascia a secco le "piccole Tigri" del Sud, privandole soprattutto dei contributi tecnologici legati agli investimenti occidentali e giapponesi. In tal modo s'inceppa il motore dello sviluppo dell'Asean.
"La competizione per i capitali e le tecnologie comincia a produrre nervosismo in Indonesia, dove potrebbero riesplodere le animosità contro la minoranza etnica cinese, ed è destinata a intensificarsi - afferma il professor Tan -. Proprio questa concorrenza ha indotto l'Asean a istituire dal'94 un'aera di liberto scambio, non per accrescere i propri commerci interni ma per offrire un vantaggio supplementare agli investitori".
La Cina aggiunge Tan, pone in difficoltà le economie dell'Asean anche con la concorrenza sul costo del lavoro, destinata a protrarsi per decenni, poiché la modernizzazione dell'agricoltura cinese spingerà sul mercato della manodopera industriale masse di contadini. In tal modo verranno compressi i salari degli operai poco specializzati in tutta l'Asia, se non in tutto il mondo, con serie conseguenze sociali. Dunque stabilità politica e crescita del tenore di vita dipenderanno ancor più dagli apporti tecnologici, e diverrà più forte la dipendenza sia dal Giappone, deciso a creare con mezzi pacifici la "sfera di coprosperità" che non era riuscito a istituire con la guerra, sia dall'America, un alleato che tende a imporre i propri valori e destabilizzare i regimi autoritari.
Di qui l'appello all'Europa, che sembra essere stato compreso a Bruxelles. Il presidente della Commissione europea Santer ha infatti chiesto ieri ai capi di governo dei 15 di approfondire i legami economici con l'Asia, "evitando d'insistere troppo sui diritti umani". Immediata le reazioni degli USA: "Vorrei che gli europei fossero disposti a perdere qualche vantaggio commerciale per sostenere la battaglia a favore dei diritti civili", ha dichiarato Douglas Bereuter, presidente della sottocommissione per gli affari asiatici del Congresso.
"EUROPA, DIFENDICI DALLA CINA"
di Renato Ferraro
Corriere della Sera ESTERI : Mercoledi 28.02.'96, pag. 11