Oggi, 13 marzo 1996, ha inizio la campagna Cina di Amnesty
International.
Perche' una campagna Cina ?
La decisione da parte di Amnesty International di lanciare
un'intensa campagna per ottenere il rispetto dei Diritti Umani in
Cina vuole essere un chiaro segnale a questo Paese di come lo
sviluppo economico non possa piu' essere scisso da un
contemporaneo "sviluppo" del rispetto dei Diritti Umani.
L'attuale situazione del rispetto dei Diritti Umani in Cina e' la
piu' drammatica degli ultimi anni: migliaia di prigionieri
politici sono incarcerati, spesso senza accusa o processo, per
lunghi periodi ed in condizioni di detenzione che violano le
norme internazionali.
L'uso della tortura in Cina e' vietato dalla legge, cosi' come il
maltrattamento dei prigionieri. Il codice penale cinese prevede
infatti sanzioni, compreso l'imprigionamento, per i funzionari
giudicati colpevoli di avere violato tali leggi. L'entrata in
vigore di queste leggi, nel 1980, e' stata seguita, qualche anno
dopo, da una campagna ufficiale di informazione contro la tortura
e gli altri abusi commessi dalla polizia o da funzionari
governativi. Il giornale Zhongguo Fazhibao ha pubblicato, il 31
maggio 1985, un articolo in cui il problema della tortura e dei
maltrattamenti veniva definito cosi' grave da dare "la falsa
impressione che chiunque entri in un posto di polizia sara'
inevitabilmente picchiato". La campagna contro la brutalita'
delle forze di pubblica sicurezza ha portato la Cina a firmare,
nel 1986, la Convenzione delle Nazioni Unite Contro la Tortura,
adottata dall'O.N.U. nel 1984. La ratifica del testo da parte
cinese e' avvenuta il 3 novembre 1988, data in cui la Convenzione
e' entrata in vigore in Cina. Benche' vietato dal codice cinese,
l'uso della tortura e' pero' diffuso in Cina, e sempre piu'
spesso giungono ad AI notizie di prigionieri deceduti in seguito
a maltrattamenti.
Molte prigioni cinesi racchiudono al loro interno officine di
produzione di sostanze tossiche o esplosivi, in cui i
prigionieri, molto spesso in condizioni che ne mettono a
repentaglio la sicurezza, lavorano per ottenere una riduzione
della pena. Del lavoro coatto che viene svolto in questi
ambienti di lavoro pericolosi esiste ampia documentazione
fotografica. Ad esempio, a Taiyuan, nella provincia di Shaanxi,
i prigionieri lavorano per produrre mine per impieghi bellici e
civili, mentre a Xining, nel Qinghai, gli internati producono
pellame maneggiando prodotti chimici tossici senza adeguate
protezioni.
Il movimento degli attivisti pro-democrazia viene continuamente
represso (il massacro di piazza Tienanmen del giugno 1989 ne e'
solo un esempio), cosi' come viene brutalmente soffocato il
movimento indipendentista tibetano e i gruppi religiosi non
ufficialmente approvati da governo.
La "nuova fase" della repressione in Cina e' parzialmente da
attribuire ad una serie di problematiche emerse in seguito
all'impennata dello sviluppo economico cinese, come la diffusione
di fenomeni di corruzione, aumento delle disparita' economiche
regionali, movimenti di milioni di persone in cerca di lavoro
(fenomeno anche dovuto a recenti catastrofi ambientali che hanno
costretto molti contadini ad abbandonare le loro terre ormai
incoltivabili) e un forte aumento della criminalita'.
Fonti ufficiali riportano che la criminalita' in Cina e'
cresciuta del 15.5% nel 1994 rispetto all'anno precedente, e la
nuova offensiva anticrimine ha come conseguenza un aumento
dell'uso arbitrario della pena di morte e dell'uso e
interpretazione della legge in Cina. Migliaia di persone vengono
condannate a morte e giustiziate ogni anno: nel 1994 Amnesty
International ha documentato 2050 esecuzioni, e 1313 nei primi
sei mesi del 1995, ma le cifre reali sono molto superiori a
queste.
I reati punibili con la pena di morte in Cina sono attualmente
(fine 1995) 68, e recentemente, forse in seguito al tentativo del
governo di frenare l'incremento della criminalita' dovuto allo
sviluppo economico, si e' notata l'introduzione della pena di
morte per reati "minori", quali il furto di automobili, la
contraffazione di etichette di liquori, lo sfruttamento della
prostituzione, la diffusione della superstizione e il furto di
bestiame.
Il 30 giugno 1995, e' stato introdotto anche un inasprimento
delle pene, dal carcere a vita alla pena di morte, per reati
amministrativi quali la fabbricazione di banconote false, la
truffa e la fabbricazione di titoli bancari falsi. Lo sviluppo
economico e il conseguente ingrandimento del settore finanziario
cinese ha portato ad un grande incremento di questi crimini, fino
ad arrivare, in alcune regioni, a rappresentare meta' dei crimini
totali. Nel novembre 1995 e' anche stata approvata una legge che
prevede la pena di morte per frode sull'IVA (VAT), a seconda
dell'ammontare della somma di denaro della frode. E' in
discussione una legge che prevede l'applicazione della pena di
morte per i reati contro l'ambiente.
Le esecuzioni in Cina sono normalmente effettuate tramite un
colpo di pistola alla testa, ma l'introduzione dell'iniezione
letale sembra prossima. Infatti, un giurista cinese ha
recentemente dichiarato che l'iniezione letale "punisce
severamente chi si macchia di delitti atroci, ma rappresenta
anche lo spirito umanitario socialista".
Un crescente numero di persone viene condannato a morte per reati
connessi con lo spaccio di sostanze stupefacenti: nel periodo
intorno alla Giornata Internazionale Contro la Droga (26 giugno
1995), piu' di 100 persone sono state giustiziate per tali reati,
che hanno comportato un totale di 468 condanne a morte nella
prima meta' del 1995 (e' da ricordare che queste cifre
rispecchiano i dati in possesso di Amnesty International, mentre
molte sono le condanne e le esecuzioni di cui l'organizzazione
non e' venuta a conoscenza). Un aspetto sconcertante e dibattuto
dell'aumento delle sentenze capitali riguarda il trapianto di
organi, in particolare cornee e reni, espiantati ai prigionieri
senza il loro preventivo assenso. Autorevoli riviste medico-
scientifiche calcolano che circa il 90% dei reni trapiantati in
Cina provenga da prigionieri messi a morte, anche se queste cifre
attendono conferma.
Recentemente, la Cina e' entrata in una "nuova fase" della
repressione, conseguente al cosiddetto "Primato della Stabilita'
Politica". Introdotto nel 1994, questo concetto esprime il credo
che la stabilita' politica sia una pre-condizione necessaria per
uno sviluppo economico continuativo. E' da ricordare infatti che
la Cina sta vivendo un periodo critico della sua storia
economica. Il PIL aumenta di circa il 13% all'anno, e nel 1995
si e' registrato un aumento del 50% delle dispute lavorative
arbitrate, compresi scioperi e rallentamenti della produzione,
per un totale di 12358. L'inflazione ha sfondato nel settembre
'95 il tetto del 27%, e i conti con l'estero sono in rosso, dato
che a fronte di un'importazione di circa 120 miliardi di dollari,
la Cina ha esportato per soli 115 miliardi.
Uno sviluppo economico cosi' rapido fa della Cina un mercato
molto appetibile per gli investitori stranieri, che riversano
ingenti capitali (22.7 miliardi di dollari nei primi nove mesi
del 95, circa il 49% in piu' rispetto all'anno precedente) e che
spesso mantengono i loro capitali in moneta locale invece che
trasformarli in "moneta forte" e favorendo cosi' il cambio della
moneta cinese rispetto al dollaro. Dal punto di vista sociale,
un cosi' forte sviluppo economico rischia di incrinare gli
equilibri sociali e aumentare il divario tra le classi sociali,
tra il "centro" industriale e finanziario e la "periferia"
contadina. Uno sviluppo cosi' veloce ha comportato anche un
sostanziale aumento della criminalita' e della corruzione,
fenomeni a cui il governo cinese, fedele al principio sopra
elencato di "mantenere la stabilita", tenta di dare una risposta
aumentando la repressione nei confronti dei dissidenti, degli
oppositori e di qualunque altra forma di movimento percepita come
un pericolo per la stabilita'. Da questi concetti prende il via
l'ondata di arresti che ha colpito esponenti di punta del
dissenso e la messa al bando di attivita' che potessero
danneggiare la sicurezza dello stato.
Nonostante il continuo aumentare della repressione nei confronti
del dissenso, la pressione interna per ottenere una svolta
democratica nella politica cinese continua ad aumentare, anche in
seguito alle aumentate autonomie economiche e sociali. Gli
scambi commerciali e culturali con i paesi stranieri consentono
un accesso all'informazione altrimenti negato; l'uso della
televisione satellite si sta diffondendo, cosi' come i
collegamenti ad Internet. Alcuni giornali a bassa diffusione
diffondono notizie "non ufficiali" e sono tollerati. A questo
proposito, e' necessario ricordare come l'informazione
"ufficiale" sia costantemente manipolata dal regime: il
corrispondente da Pechino del giornale di Hong Kong Ming Pao e'
stato recentemente condannato a 12 anni di reclusione per avere
riportato "segreti di stato" quali le politiche governative dei
tassi di interesse e delle quotazioni dell'oro. Il segretario
del partito comunista di Pechino Chen Xitong, uno degli
ispiratori del massacro del 1989, ha lamentato, durante un
meeting di giornalisti tenutosi in agosto, come le "cattive
notizie" costituiscano solo il 10% delle notizie ufficiali. Chen
Xitong ha quindi esortato i giornalisti ad innalzare il rapporto
notizie cattive-buone fino a "30-70 o addirittura meta' e meta'".
Molti giornalisti hanno privatamente espresso la preoccupazione
che un tale richiamo segni l'inizio di nuovi attacchi di tipo
Rivoluzione Culturale nell'era post-Deng, in cui denuncie da
parte dei media possono essere un presagio di purghe ai vertici o
di campagne di massa.
Grazie al movimento dissidente interno ed al relativamente piu'
facile accesso a media indipendenti, la consapevolezza dei
diritti, compresi i Diritti Umani, sta quindi aumentando in Cina.
Anche il dibattito interno su questioni riguardanti i Diritti
Umani si sta diffondendo.
L'immagine internazionale della Cina come paese che viola in
misura massiccia i Diritti Umani ne limita il potenziale
economico in continuo sviluppo, e questo handicap e' avvertito
dai tecnocrati che compongono l'amministrazione cinese e dagli
ideologi che la sostengono. Si comprende quindi come il rapido
sviluppo, per ora solo economico, della Cina costituisca in
realta' un terreno fertile per la crescita di movimenti di
dissenso pronti a discutere argomenti di ordine sociale,
economico e, in una certa misura, di rispetto dei diritti. La
campagna Cina di Amnesty International rappresenta quindi
un'opportunita' senza precedenti per proteggere e sostenere il
movimento del dissenso cinese, rendendo accessibili fonti di
informazione pluraliste a coloro che si battono per ottenere il
rispetto dei loro diritti.
La drammatica situazione dei Diritti Umani in Cina si riflette,
seppure limitatamente, sulle sue relazioni commerciali con paesi
stranieri, e pone un serie di problematiche politiche che vengono
percepite dal governo cinese come un potenziale ostacolo nello
sviluppo di relazioni economiche e commerciali. A tal proposito,
il governo cinese ha pubblicato alcuni documenti sui Diritti
Umani e sulla situazione del Tibet. Per la prima volta, alla
Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite del 1995, il
governo cinese ha inaspettatamente perso una mozione procedurale
che si proponeva di bloccare il dibattito sui Diritti Umani in
Cina, anche se poi ha proseguito fino a non fare approvare la
risoluzione finale sulla Cina.
Molto resta ancora da fare nel campo degli interessi commerciali,
che spesso vengono anteposti alle questioni del rispetto dei
diritti da parte dei governi occidentali. Ad esempio, la
decisione presa nel 1994 da parte degli Stati Uniti, per altro
sempre pronti a criticare a parole il governo cinese e ad
invocare maggiore democrazia, di sganciare il rinnovo della
condizione di Stato Favorito dalle tematiche dei Diritti Umani.
Anche la condanna internazionale che e' seguita al massacro di
Piazza Tienanmen (1989) si e' rapidamente dissolta, e la condanna
di Wei Jingsheng, esponente di punta del dissenso cinese di cui
si parlera' in seguito, ha occupato alla fine del 1995 solo
alcuni trafiletti di giornale.
L'odissea di Wei Jingsheng, esponente di spicco del dissenso
cinese, e' stato rilasciato su parola nel settembre 1993 dopo
avere scontato 14 anni e mezzo di una condanna a 15 anni
comminatagli nel 1979 per "attivita' contro rivoluzionaria". Nel
1994, all'eta' di 44 anni, Wei Jingsheng e' stato incarcerato
senza accusa ed e' stato detenuto in incommunicado in un luogo
sconosciuto, senza che i suoi parenti potessero vederlo ne' avere
notizie su di lui e sulle ragioni della sua detenzione.
Nonostante la legge cinese preveda che nessuno possa essere
detenuto senza accusa per piu' di 10 giorni, Wei Jingsheng e'
stato ufficialmente arrestato ed incriminato solo nel novembre
1995, dopo 19 mesi di arresto arbitrario. L'accusa parla
vagamente di "attivita' volte a rovesciare il governo", ma le
autorita' non sono mai riuscite a dimostrare che egli fosse
coinvolto in faccende che possano essere classificate come
"criminali" dagli standard internazionali. La sua incarcerazione
nell'aprile 1994 ha coinciso con una nuova ondata di repressione
attuata dal governo cinese nei confronti dei dissidenti
pechinesi. La notizia del processo a Wei Jingsheng e' stata
comunicata alla sua famiglia meno di due settimane prima
dell'inizio, lasciando percio' loro poco tempo per trovare un
avvocato. Inoltre, fino al giorno prima del processo, alla
famiglia di Wei Jingsheng non e' stata data copia dei capi
d'accusa ne' e' stato concesso loro di vedere il prigioniero. Il
processo di Wei Jingsheng, durato solo poche ore, si e' concluso
con una nuova condanna a 14 anni di carcere piu' tre anni di
deprivazione dei diritti politici. Nonostante i proclami delle
autorita', che avevano annunciato un processo aperto anche ai
giornalisti stranieri, cordoni di polizia hanno assicurato la
presenza all'interno dell'aula delle sole persone "invitate"
dalle autorita' locali, senza l'intervento di osservatori
stranieri. Si ha ragione di credere che la detenzione arbitraria
prima e la condanna poi di Wei Jingsheng siano da collegare alla
sua attivita' di raccolta fondi per i familiari delle vittime di
piazza Tienanmen e ad una lettera indirizzata dal carcere da Wei
Jingsheng al leader Deng Xiaoping sulla questione
dell'occupazione cinese del Tibet. Wei Jingsheng e' considerato
da Amnesty International un prigioniero d'opinione per avere
pacificamente espresso il suo diritto alla liberta' di
associazione e di espressione.
*- Amira V1.5 REG (Amiga) -* one world, one operating system