Cina: nessuno e' al sicuro
- abuso di potere
- tortura
- pena di morte
un rapporto di amnesty international
I diritti umani, un affare di tutti
Il mondo ha guardato con orrore i carri armati che si avviavano
verso piazza Tienanmen nel giugno 1989, distruggendo ogni cosa
sul loro cammino. Milioni di persone hanno visto immagini
televisive di spari, terrore e panico. Molti hanno risposto
lasciando le loro poltrone per unirsi a proteste spontanee in
decine di grandi citta' nel mondo. A quasi sette anni di
distanza, Amnesty International chiede al mondo di rispondere
ancora. Le violazioni dei diritti umani continuano su larga scala
in Cina, e il popolo cinese ha bisogno del nostro continuo
sostegno.
Il rapido sviluppo economico cinese offre nuove opportunita' per
espandere la conoscenza dei diritti umani. Sempre piu' persone in
Cina hanno contatti con l'esterno. Esistono nuove linee di
comunicazione. I cittadini stranieri possono accedere al Paese
piu' facilmente, in particolare per ragioni economiche e
commerciali, e studenti cinesi ed altri cittadini possono
viaggiare all'estero. Tutto questo fornisce una grande
opportunita' per promuovere una cultura diffusa dei diritti
umani.
Il governo cinese si e' mostrato sensibile all'opinione mondiale.
Troppo spesso, purtroppo, chi ha frequenti contatti con le
autorita' cinesi, governi ed investitori, sceglie di ignorare il
tema dei diritti umani. All'interno di organizzazioni
internazionali, come le Nazioni Unite, i governi hanno ceduto a
pressioni politiche e hanno evitato di criticare la Cina. La
Commissione O.N.U. per i diritti umani non ha approvato una sola
risoluzione di condanna del massacro del 1989 o delle successive,
ben documentate, violazioni perpetrate nel Paese.
Il governo cinese ha fatto il possibile per evitare le critiche e
le indagini sul suo comportamento nel campo dei diritti umani. I
suoi metodi devono essere svelati, le sue argomentazioni
contrastate. A livello mondiale il governo dice di riconoscere
l'universalita' dei principi dei diritti umani. Nel contempo
continua ad affermare che gli Stati devono essere liberi di
integrare questi principi in base alle loro particolari
condizioni culturali, storiche e politiche. In pratica, questa
liberta' si traduce nella licenza, da parte dello Stato, di
violare i piu' basilari diritti. Il governo dice che il diritto
alla sussistenza ed allo sviluppo e' il piu' importante per il
popolo cinese. Ma la necessita' di sfamare gli affamati non
potra' mai giustificare la tortura, e non c'e' nessuna prova che
violare un diritto come quello di parola migliori le condizioni
economiche.
In pratica, le autorita' cinesi rigettano il piu' importante
risultato raggiunto dalle Nazioni Unite: il riconoscimento che ci
sono condizioni minime ed universali che tutti gli Stati devono
garantire e che la comunita' internazionale ha il diritto ed il
dovere di richiamare tutti gli Stati che non rispettano questi
diritti. La Cina e' uno dei cinque membri permanenti del
Consiglio di Sicurezza dell'O.N.U. Come tale, ha una forte
influenza ed e' responsabile dell'applicazione delle norme
internazionali sui diritti umani. Se la Cina vuole essere a pieno
titolo un membro della comunita' mondiale deve accettare la
maggiore responsabilita' ed apertura che tale ruolo comportano.
Anche la comunita' internazionale deve prendersi le sue
responsabilita'. I governi mondiali, le organizzazioni regionali
quali l'APEC (un organismo per la cooperazione economica dei
Paesi asiatici e che si affacciano sul Pacifico) e i partner
commerciali della Cina hanno i mezzi per fare pressione sulle
autorita' cinesi affinche' rispettino i diritti umani. Fino ad
ora non lo hanno fatto ne hanno mostrato la volonta' di farlo.
L'incentivo per farli agire puoi darlo tu. Possono darlo tutti
coloro che si sono indignati dopo il massacro del 1989 a Pechino
e che hanno a cuore le sorti di un quinto dell'umanita'. Ai
governi e alle organizzazioni commerciali che hanno a che fare
con le autorita' cinesi si puo' dire di investire nei diritti
umani (e molti esponenti del mondo del commercio riconoscono che
il rispetto dei diritti e delle leggi migliora le possibilita'
economiche).
Fino a che il governo cinese si sottrarra' agli obblighi sanciti
dalle leggi internazionali, l'unica garanzia certa per il
rispetto dei diritti umani in Cina sei tu. Amnesty International
chiede il tuo aiuto: i diritti di 1.200 milioni di persone
dipendono anche da te.
Standard commerciali
Amnesty International chiede a quanti hanno rapporti commerciali
con la Cina di:
- assicurarsi che i loro metodi di lavoro in Cina siano di
esempio ad altri, rispettando i diritti fondamentali dei loro
dipendenti, in particolare il diritto di espressione e di
associazione;
- fare pressione, quando possibile, sulle autorita' cinesi
perche' introducano regole che salvaguardino i diritti umani e
pongano fine agli abusi da parte delle forze di sicurezza;
- diffondere l'informazione sugli standard internazionali dei
diritti umani diffondendo materiale apposito, promuovendo codici
etici per il commercio e sostenendo iniziative per i diritti
umani.
La morte in cifre
Un giovane uomo si inginocchia. Ha le mani ed i piedi legati, la
testa china. Un soldato gli ordina di stare fermo. Uno sparo e
l'uomo si raggomitola al suolo. Un momento dopo, un altro sparo
ed un altro corpo raggomitolato. Ancora ed ancora fino a che
dozzine di vite sono state stroncate a sangue freddo.
La scena e' quella di un'esecuzione di massa. Sono frequenti in
Cina, dove migliaia di persone sono condannate a morte ogni anno.
Alcune esecuzioni sono pubbliche. La maggior parte si svolgono in
luoghi nascosti dopo che i prigionieri sono stati fatti sfilare
per le strade nei cassoni dei camion.
Le autorita' cinesi usano molto la pena di morte per creare
paura. La paura dovrebbe fermare i crimini. Non lo fa. Eppure,
vengono giustiziate piu' persone in un anno in Cina che in tutto
il resto del mondo. In molti casi, la pena di morte viene
applicata arbitrariamente senza garanzie contro errori
giudiziari. La Cina continua ad allargare il numero di reati per
cui e' prevista la pena di morte. A tutt'oggi, 68 reati sono
punibili con la morte, e sempre piu' persone vengono giustiziate
per crimini non violenti. Gli standard internazionali
stabiliscono che la pena di morte dovrebbe essere applicata solo
in caso di "crimini molto gravi".
Quasi ogni aspetto del modo in cui la pena di morte viene
applicata in Cina e' caratterizzato da violazioni dei piu'
basilari diritti umani. Ondate di esecuzioni spesso precedono i
principali festival o eventi internazionali e solitamente
accompagnano annunci ufficiali di campagne anti-crimine.
La pena di morte e' stata largamente applicata durante le
repressioni dell'opposizione. Decine di cittadini sono stati
giustiziati sommariamente a Pechino e nel resto del Paese dopo la
protesta del 1989 a favore della democrazia. Nazionalisti
musulmani sono stati giustiziati nello Xinjiang in questi anni
per supposto coinvolgimento in gruppi d'opposizione clandestini o
attentati dinamitardi.
Un numero crescente di persone e' giustiziato per reati
relativamente modesti. Nel 1994 due contadini sono stati messi a
morte nella provincia di Henan per aver rubato 36 mucche e
macchinari agricoli del valore di 9.300 dollari. Una legge del
1983 permette processi sommari in casi che prevedano la pena di
morte. Tali processi sono particolarmente frequenti durante
campagne di "pulizia". Ad esempio, durante manifestazioni
pubbliche nella provincia di Guangxi nel giugno 1995, 34 persone
sono state condannate per spaccio di droga ed immediatamente
giustiziate.
Gli imputati possono essere processati senza un avvocato e senza
conoscere l'accusa fino al momento di entrare in tribunale. I
verdetti sono spesso decisi prima del processo per via di
pressioni politiche. Alcune persone sono condannate solo in base
alle loro confessioni, a volte estorte sotto tortura. Le
esecuzioni possono avere luogo entro pochi giorni dalla sentenza.
Gli appelli sono formalita' e raramente hanno successo. I
prigionieri condannati a morte sono incatenati dal momento della
sentenza fino all'esecuzione e spesso vengono esposti al pubblico
prima dell'uccisione.
in cina lo stato uccide per:
avvelenamento di bestiame - omicidio - tentato omicidio -
omicidio colposo - uccisione di una tigre - rapina a mano armata
- rapina - stupro - ferimento - assalto - furto ripetuto - furto
- intrusione - rapimento - traffico di donne o bambini -
organizzazione della prostituzione - sfruttamento della
prostituzione - organizzazione di spettacoli pornografici -
pubblicazione di materiale pornografico - teppismo - disturbo
dell'ordine pubblico - esplosioni provocate - distruzione o
danneggiamento della proprieta' pubblica o privata - sabotaggio
controrivoluzionario - incendio - traffico di droga - corruzione
- truffa - concussione - frode - usura - contraffazione -
rivendita di ricevute IVA - evasione fiscale - furto o
costruzione illegale di armi - possesso o vendita illegali di
armi e munizioni - furto o contrabbando di tesori nazionali o
reliquie culturali - spaccio di denaro falso - ricatto.
Trapianti di organi
La posizione ufficiale
"Il prelievo di organi dai condannati a morte necessita del
consenso e della firma del criminale o del consenso dei suoi
parenti, oltre all'approvazione del tribunale" (Wang Min,
diplomatico cinese alle Nazioni Unite, aprile 1994).
La realta'
I prigionieri condannati sono incatenati in permanenza, non
possono contattare avvocati e la loro posta e' censurata. Solo
poche ore prima dell'esecuzione viene detto loro del fallimento
dell'appello. In questo modo, e' poco probabile che possano
acconsentire liberamente al prelievo, ammesso che ne vengano
informati. Le strette relazioni tra tribunali ed ospedali, oltre
alla segretezza che circonda il processo e all'aumentato introito
generato dai trapianti per gli ospedali, fanno sorgere il fondato
sospetto che in alcuni casi la tempestivita' delle esecuzioni
possa essere collegata al bisogno di organi per i trapianti.
La repressione del dissenso
In Cina, chi non si mette in riga puo' subire gravi violazioni
dei suoi diritti basilari. Alcuni sono puniti in base a leggi
repressive che mettono fuori legge ogni espressione di dissenso.
Altri restano vittime degli abusi delle forze di sicurezza. Piu'
di una volta le autorita' si sono dimostrate capaci di usare ogni
mezzo, legale o illegale, per zittire le critiche e proteggere i
propri interessi politici.
Dissidenti politici
Nel giugno 1989 le autorita' cinesi hanno mostrato al mondo come
rispondono alla protesta popolare: hanno mandato carri armati e
truppe per "ripulire" Piazza Tienanmen a Pechino e hanno
calpestato un diffuso movimento pro-democrazia. Molte persone
furono uccise. Nell'ondata repressiva che ne e' seguita,
centinaia di persone sono state condannate a lunghe pene
detentive per "attivita' controrivoluzionaria". Sono tra le
migliaia di prigionieri incarcerati nell'ultimo decennio per aver
invocato riforme e aver formato piccoli gruppi politici.
- Chen Lantao, un biologo marino di Qiungdao, sta scontando 18
anni di reclusione nella provincia di Shandong dal 1989 per aver
criticato la soppressione della protesta di Pechino.
La repressione dell'opposizione e' da allora continuata, con
molti dissidenti che vengono incarcerati ogni anno.
- Chen Yanbin e Zhang Yafei, due giovani disoccupati, sono stati
condannati a Pechino rispettivamente a 15 e 11 anni di reclusione
per "propaganda e incitamento controrivoluzionario" e per aver
formato un "gruppo controrivoluzionario". Tra le accuse quella di
aver formato un gruppo politico, il Fronte Rivoluzionario
Democratico Cinese.
- Quindici prigionieri di coscienza sono stati incarcerati a
Pechino nel 1992 e accusati alla fine del luglio 1993 di
"attivita' controrivoluzionaria" per aver formato gruppi politici
clandestini e stampato volantini. Nel dicembre 1994, dopo un
processo iniquo, nove di loro sono stati condannati a pene dai 3
ai 20 anni di prigione. Cinque sono stati condannati ma "esentati
dall'essere puniti" e uno e' stato condannato a due anni di
"supervisione", cioe' a restrizioni della liberta' di movimento.
Dal 1994 molte persone sono state arbitrariamente incarcerate a
Pechino e altrove anche se avevano cercato di proporre riforme
entro gli stretti limiti della legge.
Sindacalisti
Nella Cina della "dittatura del proletariato", i lavoratori
possono associarsi ad un solo sindacato, quello ufficiale
dell'ACFTU (Federazione di tutti i sindacati cinesi). Chi ha
cercato di organizzare gruppi indipendenti di lavoratori e' stato
incarcerato, a volte senza accusa, anche nel caso in cui avesse
svolto attivita' legali.
Durante la protesta del 1989, gruppi di lavoratori in varie
citta' hanno formato federazioni autonome di lavoratori, in
alternativa all'ACFTU. Queste organizzazioni sono state messe al
bando dopo il 4 giugno 1989 e i loro organizzatori arrestati e
perseguitati come "controrivoluzionari". Anche altri sindacalisti
sono stati incarcerati.
- Cao Yingyun, un operaio di 44 anni presso la Seconda Industria
Manifatturiera di Pechino, e' stato condannato nel 1989 a 10 anni
di prigione e 3 anni di privazione dei diritti politici. La
condanna parla di "incitamento al disordine ed attivita'
controrivoluzionaria".
All'inizio del 1992, il Comitato di Preparazione della Libera
Unione dei Lavoratori Cinesi ha distribuito a Pechino dei
volantini che spronavano i lavoratori a formare libere
associazioni. Gli organizzatori sono stati segretamente arrestati
nel maggio e nel giugno del 1992.
- Liu Jingsheng, un operaio della fabbrica chimica Tongyi, nella
contea Tong, nei pressi di Pechino, e' tra gli arrestati. E'
stato accusato di "organizzare e condurre un gruppo
controrivoluzionario" e "propaganda ed incitamento
controrivoluzionari". Nel dicembre 1994 e' stato condannato a 15
anni di prigione e 4 anni di privazione dei diritti politici.
Nel 1994, un gruppo di persone e' stato segretamente arrestato a
Pechino mentre si preparava a far registrare legalmente la Lega
per la Protezione dei Diritti dei Lavoratori.
- Tra questi vi erano Zhou Guoqiang e Zhang Lin, condannati a tre
anni di "rieducazione attraverso il lavoro", e Liu Huawen,
condannato a due anni.
Attivisti per i diritti umani
"Non ho piu' paura. Sono gia' morto in prigione una volta. Una
volta che sei stato li', niente ti fa piu' paura". Queste parole
sono state pronunciate da Ren Wanding poche settimane prima della
sua incarcerazione a Pechino nel 1989. Un veterano delle campagne
per i diritti umani, e' uno dei molti attivisti che hanno
coraggiosamente provato a parlare. E' stato condannato a sette
anni per "attivita' controrivoluzionaria". Il tutto come
conseguenza delle sue richieste di rispetto per i diritti umani,
liberta' di parola e rispetto delle leggi.
Molte persone in Tibet sono state perseguitate o imprigionate per
aver raccolto e fatto circolare materiale sui diritti umani dal
1980.
- Gedung Rinchen e' stato arrestato nel maggio 1993 dopo che gli
erano state trovate in casa lettere che descrivevano la
situazione dei diritti umani in Tibet. Aveva intenzione di
consegnarle ad una delegazione europea in visita a Lhasa. E'
stato accusato di "furto di segreti di Stato" e coinvolgimento in
"attivita' per dividere il Paese", ma e' stato rilasciato nel
gennaio 1994 in seguito a pressioni internazionali in suo favore.
- Dieci monaci del monastero di Drepung e un laico tibetano sono
stati condannati nel 1989 a scontare tra i 5 e i 19 anni di
prigione per aver fatto circolare opuscoli sui diritti civili e
politici. Tra questi figurava la traduzione tibetana della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Altri attivisti per i diritti umani hanno subito simili
persecuzioni.
- Almeno otto persone che tentavano di far registrare una
associazione per i diritti umani a Shanghai sono state arrestate
nel 1994. Alcune sono state condannate alla "rieducazione
attraverso il lavoro" senza accusa ne processo.
Le intimidazioni non hanno ridotto al silenzio quanti chiedono un
miglioramento della situazione. Tra il marzo e il maggio 1995
diversi gruppi di persone a Pechino, tra cui famosi intellettuali
ed ex prigionieri di coscienza, hanno firmato numerose petizioni
alle autorita' chiedendo maggiore democrazia e rispetto dei
diritti. Piu' di 50 tra loro sono stati incarcerati, per la
maggior parte a Pechino. Alcuni sono stati rilasciati dopo un
interrogatorio, ma almeno dieci si troverebbero rinchiusi senza
accusa (notizie del settembre 1995). Quelli rilasciati sono stati
posti sotto sorveglianza ed alcuni sono stati costretti a
lasciare Pechino.
Gruppi religiosi
Alcuni gruppi religiosi sono piu' uguali di altri in Cina. I
cristiani, ad esempio, possono praticare il loro culto in chiese
riconosciute dal governo. Ma se si uniscono al crescente numero
di gruppi non registrati subiscono persecuzioni, incarcerazioni,
e vengono perfino torturati a morte. Anche i buddhisti e i
musulmani vengono perseguitati quando le autorita' associano il
loro bisogno di liberta' religiosa con movimenti nazionalisti,
come in Tibet e nello Xinjiang.
La repressione delle attivita' religiose illegali si e'
intensificata negli ultimi due anni. Due nuovi regolamenti
nazionali sulla religione sono entrati in vigore nel 1994. Molti
gruppi religiosi pacifici ma non registrati sono stati
perseguitati dalla polizia, e i loro membri sono stati picchiati,
minacciati ed imprigionati. I laici sono in genere rilasciati
dopo aver pagato multe, ma i cosiddetti "capi" vengono spesso
detenuti per lunghi periodi.
- Piu' di 200 cristiani sono stati incarcerati nella contea di
Xihua, provincia di Henan, tra l'ottobre 1994 e il giugno 1995 in
un raid contro le chiese protestanti non registrate.
- Trenta cattolici sono stati arrestati nella provincia di Jianxi
nell'aprile 1995 durante le celebrazioni pasquali sulla montagna
di Yi Jia Shan, nella contea di Chongren. Alcuni sono stati poi
imprigionati, tra cui una donna di 18 anni, Rao Yanping,
condannata a quattro anni di carcere.
La politica di controllo delle nascite
La posizione ufficiale
La pianificazione familiare e' "volontaria", anche se il
controllo delle nascite e' fortemente consigliato dal 1979. I
demografi governativi raccomandano la stabilizzazione della
popolazione a quota un miliardo e 300 milioni entro l'anno 2000.
Questo obiettivo puo' essere raggiunto solo attraverso "misure
severe". "La coercizione non e' permessa", afferma la Commissione
Statale per la Pianificazione Familiare.
Alcuni dati
Donne incinte "fuori quota" sono state prelevate, costrette ad
abortire e sterilizzate. Donne incinte sono state arrestate e
minacciate fino a che hanno acconsentito ad abortire. Chi si
rifiuta di seguire le raccomandazioni viene perseguitato e
minacciato dalla polizia. Alcuni neonati "fuori quota" sono stati
uccisi dai medici in seguito a pressioni ufficiali. Le case delle
coppie che non obbediscono ai regolamenti sono state demolite. I
parenti di coloro che non possono pagare le multe per chi ha
troppi bambini sono stati trattenuti fino al pagamento della
sanzione. Chi aiuta le famiglie con figli "fuori quota" viene
severamente punito. Chi commette violazioni dei diritti umani
mentre applica la politica di controllo delle nascite spesso non
viene punito.
Una vittima
Una donna nubile nella provincia di Hebei che aveva adottato uno
dei figli di suo fratello e' stata ripetutamente arrestata nel
tentativo di costringere suo fratello a pagare la multa dovuta.
Nel novembre 1994 e' stata trattenuta per sette giorni insieme ad
altri 12 uomini e donne. E' stata ripetutamente bendata,
denudata, legata e percossa con bastoni elettrici.
Abuso di potere
Dun Jianwu commise l'errore di chiedere al fratello del
segretario del Partito Comunista del villaggio se poteva
corteggiare sua sorella. Poco dopo, il 30 marzo 1991, i due
fratelli, insieme a tre poliziotti, picchiarono violentemente Dun
Jianwu con un bastone e con uno strumento elettrico. Quando
svenne, lo lasciarono ai bordi della strada. Mori' in ospedale in
seguito a gravi lesioni al cranio.
Questo e' solo uno dei tanti esempi di come le forze di sicurezza
abusino del loro potere in Cina. Spesso ne restano impuniti.
Quello di Dun Jianwu e' uno pochi casi in cui i colpevoli sono
stati assicurati alla giustizia.
La tortura e' endemica in Cina, nonostante il governo si sia
dichiarato contrario a questa pratica. La mancata introduzione di
misure per prevenire la tortura o arrestare chi la pratica fanno
ritenere del resto che la tortura sia il risultato di pratiche
istituzionalizzate e politiche ufficiali.
Le piu' comuni forme di tortura comprendono percosse, calci,
frustate, l'uso di bastoni elettrici che provocano forti shock,
l'uso prolungato di manette e catene ai piedi, la sospensione per
le braccia, spesso accompagnata a percosse. Chiunque rischia di
subire questi trattamenti se arrestato dalle autorita', anche
senza essere sospettato di crimini. Tra le vittime vi sono
bambini ed anziani. I piu' esposti sono i poveri. I sospetti
criminali sono spesso torturati per farli "confessare".
- Quattro ragazze di neanche 16 anni e due giovani uomini sono
stati torturati all'inizio del 1995 a Fuxin, nella provincia di
Liaoning, da un esponente della sezione di Pubblica Sicurezza
intenzionato a "farli confessare atti di vandalismo e
comportamento promiscuo". Sono stati ripetutamente picchiati e
maltrattati con un bastone elettrico.
La tortura e' anche impiegata come strumento di repressione
politica contro chi protesta. Nessun torturatore e' stato
perseguito in tali casi.
- Zheng Musheng, un contadino cristiano della contea di Donkou,
provincia di Henan, e' stato torturato a morte in prigione nel
gennaio 1994. Alla famiglia e' stato permesso di vedere il suo
corpo solo 11 giorni dopo. Hanno riferito che aveva profonde
ferite sulle caviglie e segni di accoltellamento sul corpo.
Queste ferite contrastano con il rapporto della polizia secondo
cui Zheng sarebbe stato percosso da altri detenuti. L'azione
legale intrapresa dalla famiglia non ha avuto alcun risultato.
- Li Dexian, un protestante di 43 anni di Guangzhou, provincia di
Guangdong, e' stato picchiato e preso a calci al basso ventre
dalla polizia durante un'irruzione nella chiesa di Beixing, nel
febbraio 1995. Alla stazione di polizia e' stato ancora percosso
fino a quando ha vomitato sangue ed e' stato colpito in faccia
con la Bibbia. E' stato rilasciato otto ore dopo. Non poteva
muovere la testa e aveva fratture alle costole e dolori alla
schiena ed alle gambe. Non sembra sia stata avviata alcuna
indagine.
Il lavoro forzato e il "riconoscimento di colpevolezza" fanno
parte della politica dell'esecutivo cinese. Gli sforzi per
applicare entrambi portano al maltrattamento dei prigionieri.
Spesso i colpevoli sono "fiduciari", prigionieri incaricati dai
funzionari di controllare altri prigionieri.
- Tong Yi, una detenuta politica, e' stata ripetutamente percossa
da due "fiduciari" nel campo di lavoro di Hewan a Wuhan,
provincia di Hubei, ai primi del 1995, dopo essersi lamentata per
le lunghe ore di lavoro. Dopo aver protestato per le percosse e'
stata nuovamente picchiata da piu' di dieci detenute.
Decine di morti dovute alla tortura sono state ufficialmente
riportate negli ultimi anni. Il giornale "Henan Legal Daily" ha
riportato, nell'ottobre 1993, che 41 prigionieri e sospetti
"innocenti" sono morti sotto tortura durante interrogatori tra il
1990 e il 1992 nella sola provincia di Henan. Dice anche che i
metodi di tortura sono diventati piu' crudeli, citando casi in
cui le vittime sono state immerse in acqua bollente, scottate con
sigarette e torturate con elettrodi applicati ai genitali.
I funzionari abusano del loro potere anche in altri modi.
Frequentemente manipolano le disposizioni di legge per
imprigionare quanti sono considerati nemici o che tentano di
pubblicare informazioni contrarie alle autorita'.
- Wei Jingsheng, un esponente di punta del dissenso, e' stato
arrestato ai primi del 1994. E' stato trattenuto per piu' di 19
mesi senza accusa grazie a un cavillo legale. E' stato ora
condannato a 14 anni di reclusione per aver espresso le sue
opinioni nei riguardi dei diritti umani. Era gia' stato detenuto
per piu' di 14 anni e rilasciato sulla parola nel settembre 1993.
Un'altra tattica dei funzionari governativi consiste
nell'accusare i cittadini di diffondere "segreti di Stato", anche
quando la sicurezza nazionale non e' affatto in pericolo.
- Xi Yang, giornalista, e' stato condannato nel marzo 1994 a 12
anni di prigione per "furto di segreti di Stato". L'accusa si
riferisce ad informazioni bancarie che ha pubblicato su un
giornale di Hong Kong e che avrebbe ottenuto da un funzionario di
banca.
Commercio e tortura
L'utilizzo di manganelli elettrici (dian-gun) per la tortura e'
diffuso in Cina. I manganelli sono applicati alle parti piu'
sensibili del corpo, quali le ascelle, le piante dei piedi, la
bocca, i genitali e l'interno della vagina. Le vittime soffrono
di intensi dolori, convulsioni, vomito e sangue nelle urine.
Fino a poco tempo fa la Cina importava tali bastoni dall'estero.
Il presidente di una ditta inglese ha dichiarato nel 1995 che la
sua industria ha venduto manganelli elettrici alla Cina un anno
dopo il massacro di Pechino, sapendo che le autorita' avevano
intenzione di copiarli e produrli in proprio. Ha anche detto che
il suo viaggio d'affari in Cina e' stato sponsorizzato dal
Ministero dell'Industria e del Commercio inglese. Le industrie
cinesi ora fabbricano bastoni elettrici. Anche una ditta di
Taiwan ha venduto tali strumenti alla Cina, e ditte statunitensi
hanno venduto materiale militare alla Cina che probabilmente
comprendeva equipaggiamento per elettroshock.
Amnesty International si oppone al commercio di materiale
militare, di sicurezza o di polizia che possa contribuire alle
violazioni dei diritti umani. Ritiene che i governi e le
industrie debbano evitare tali commerci se non sono piu' che
sicuri che tale materiale non verra' impiegato per abusi e
violenze. Nessun apparecchio per shock elettrici dovrebbe essere
venduto alla Cina fino a che le autorita' non avranno fermato la
pratica della tortura con tali strumenti.
Una legislazione a proprio uso e consumo
Le autorita' cinesi hanno creato una varieta' di leggi repressive
che limitano o annullano i diritti degli oppositori politici,
degli attivisti per i diritti umani, delle minoranze etniche, dei
gruppi religiosi e di altri. Quando queste leggi non bastano, le
autorita' abusano di altri aspetti della legge per raggiungere lo
stesso scopo.
Illeciti "controrivoluzionari"
La Legge Penale del 1980 ha messo fuori legge i "crimini
controrivoluzionari", definiti come quegli atti "commessi con
l'obiettivo di rovesciare il potere politico della dittatura del
proletariato e del sistema socialista". E' prevista anche la pena
di morte. I prigionieri di coscienza sono spesso incarcerati in
base a queste regole, che bandiscono di fatto ogni gruppo di
opposizione o l'espressione di ogni dissenso. Circa 2.678
prigionieri condannati per reati "controrivoluzionari" erano in
prigione nel gennaio 1995, secondo i dati del Ministero della
Giustizia, anche se il numero reale e' molto maggiore.
Attentati alla sicurezza dello Stato
La Legge per la Sicurezza dello Stato del 1993 e i suoi
emendamenti del 1994 limitano le liberta' fondamentali, pensiero,
parola, stampa, associazione e religione, e danno un potere
assoluto alle forze di sicurezza statali. La sua formulazione
piuttosto vaga permette la repressione di ogni attivita'
percepita come una minaccia all'ordine politico in vigore.
Violazione dei "segreti di Stato"
La legislazione sui "segreti di Stato" copre argomenti che
sarebbero di dominio pubblico in altri Paesi e va ben al di la'
di quanto necessario per proteggere la sicurezza nazionale. Dal
1992, un numero sempre maggiore di prigionieri di coscienza, in
particolare giornalisti, sono stati incarcerati per "aver fatto
trapelare segreti di Stato", rivelando che la legge viene sempre
piu' utilizzata per reprimere la liberta' di espressione e di
stampa.
Detenzione amministrativa
La prassi detta del "trattieni ed indaga" permette alla polizia,
autonomamente, di detenere chiunque fino a tre mesi, in base al
solo sospetto di crimine. In circa un terzo dei casi, gli
arrestati sono stati trattenuti per piu' di tre mesi. In pratica,
la polizia usa la scusa del "trattieni ed indaga" per detenere
chiunque. La maggior parte delle vittime sono poco istruite o
poco garantite, come ad esempio i lavoratori che emigrano da una
regione all'altra. Parecchie centinaia di migliaia di persone
vengono arrestate ogni anno con la scusa del "trattieni ed
indaga" dai primi del 1980. I dati ufficiali parlano di 930.000
casi nel 1989 e 902.000 nel 1990.
La "rieducazione attraverso il lavoro" e' comminata come
punizione, senza accusa ne processo, fino a tre anni, rinnovabili
ogni anno. E' applicata a persone considerate aventi "idee anti-
socialiste" o "teppisti" o criminali minori i cui reati sono
troppo insignificanti per essere portati in tribunale. Negli
ultimi anni, entrambe le forme di detenzione sono state sempre
piu' usate per mettere a tacere e punire i dissidenti e gli
appartenenti a gruppi religiosi o minoranze etniche.
Autonomie soffocate
In Cina ci sono 56 "nazionalita'" diverse dalla prevalente etnia
Han, per un totale di 81 milioni di persone, e 157 aree autonome:
cinque regioni, 30 prefetture e 122 contee.
Nelle diverse zone, gli appartenenti a minoranze etniche vivono
controllati da leggi e regole repressive che negano il loro
diritto all'espressione pacifica della cultura civile o
religiosa. Le direttive generali permettono inoltre l'esercizio
arbitrario del potere ed evidenti violazioni dei diritti umani.
Detenzione e tortura in Tibet
Nella regione autonoma del Tibet, le autorita' hanno represso
senza pieta' ogni tentativo di opposizione. Amnesty International
non prende posizione sullo status politico del Tibet o delle
altre regioni. La sua unica preoccupazione si rivolge alle
persistenti e violente repressioni dei diritti umani in queste
aree.
Migliaia di persone sono state arbitrariamente incarcerate e
molte sono state torturate da quando le dimostrazioni in favore
dell'indipendenza tibetana sono riprese nel 1987. Decine di
dimostranti sono stati uccisi dalle forze dell'ordine. Altri sono
stati imprigionati per dimostrazioni pacifiche come gridare
slogan, mostrare la bandiera tibetana e distribuire volantini
indipendentisti. Molti bambini e ragazzi sono stati imprigionati
e torturati.
Gli ultimi anni hanno visto un aumento della repressione nelle
aree rurali in seguito alla crescente tensione sociale. Un numero
sempre maggiore di uomini e donne viene detenuto arbitrariamente.
Nuove direttive sono state approvate nel 1994 per soffocare le
dimostrazioni nazionaliste, e questo ha portato alla distruzione
di numerosi templi e monasteri. Almeno 650 persone erano detenute
all'inizio del 1995 come prigionieri politici, per la maggior
parte monaci e monache incarcerati solamente per aver sostenuto
pacificamente l'indipendenza del Tibet.
- Lobsabg Tsondru, un monaco e teologo buddista del monastero di
Drepung vicino a Lhasa, aveva circa 80 anni quando e' stato
arrestato nel 1990. Sta ora scontando una condanna a sei anni per
"coinvolgimento in attivita' illegali". Nel 1993 si e' saputo che
soffre di disfunzioni cardiache.
- Nel 2011, data in cui dovrebbe essere rilasciato, Jigme Sangpo,
un ex-insegnante di scuole elementari ora sessantenne, avra'
passato 28 anni ininterrotti da prigioniero di coscienza. E'
stato inizialmente condannato a 15 anni di prigione nel 1983 per
"incitamento e propaganda controrivoluzionaria". A questa
condanna se ne sono aggiunte altre due per aver urlato slogan
indipendentisti in prigione.
- Nel 1989 Phuntsog Nyidron, una monaca di 28 anni del monastero
di Michungri, e' stata condannata a 9 anni di prigione per aver
organizzato una breve e pacifica dimostrazione indipendentista a
Lhasa. Questa condanna e' stata successivamente aumentata a 17
anni per aver registrato canzoni nazionaliste mentre era in
carcere.
Altre etnie minoritarie
In altre regioni, diverse persone sono vittime di violazioni dei
diritti umani collegate alle richieste di indipendenza politica e
di rispetto dell'identita' culturale.
Molte persone sono state imprigionate nello Xinjiang per motivi
politici, e non si conosce la loro sorte. Nel Baren, una contea
rurale Uighur nell'est dello Xinjiang, alcune settimane di
protesta sono culminate in scontri violenti, nell'aprile 1990,
tra le forze di sicurezza e Uighuri radunati in una moschea.
Molte persone furono uccise. Ne segui' una forte ondata di
repressione, con migliaia di persone arrestate in tutta l'area.
Molte furono torturate, e tre furono condannate a morte e
giustiziate.
- Kajikhumar Shabdan (Hajihumaer), uno scrittore e poeta
dell'etnia kazaka di circa 70 anni, fu imprigionato nel 1987 e
condannato a 15 anni di prigione per "spionaggio". Si presume sia
un prigioniero di coscienza, incarcerato per i suoi scritti
critici nei confronti delle autorita'.
E' stata anche segnalata la repressione di coloro che sostengono
una maggiore autonomia della Mongolia Interna, con molte persone
detenute per motivi politici. E' difficile pero' raccogliere
informazioni sulla regione.
- Ulaanshuvu (Wulan Shabou) e' stato arrestato nel luglio 1991 a
Hohhot. Docente universitario, 37 anni, sposato con un figlio,
era membro dell'Alleanza della Mongolia Interna per la Difesa dei
Diritti Umani e del Movimento Giovanile per la Rinascita
Culturale della Mongolia. Nell'aprile 1994 e' stato condannato a
5 anni per "incitamento controrivoluzionario e diffusione di
propaganda sovversiva" per via delle sue attivita' pacifiche. Il
processo e' durato meno di 30 minuti.
Le raccomandazioni di Amnesty International
al governo cinese:
- nomini una commissione nazionale che investighi a fondo le
violazioni dei diritti umani e i provvedimenti legali o di altro
genere che le possano eliminare;
- ponga fine all'impunita', accertandosi che tutte le violazioni
dei diritti umani siano indagate in tempi rapidi, a fondo e in
modo imparziale e che i colpevoli vengano processati;
- fermi e prevenga la tortura, introducendo garanzie per i
prigionieri e proibendo ogni atto di tortura e maltrattamento, in
conformita' con la Convenzione O.N.U. contro la Tortura, che la
Cina ha sottoscritto;
- ponga fine alla detenzione arbitraria, rilasciando
immediatamente ed incondizionatamente tutti i prigionieri di
coscienza e assicurando che tutti i prigionieri politici siano
accusati di crimini riconoscibili nei trattati internazionali e
siano processati in modo equo ed in tempi rapidi, oppure siano
rilasciati;
- assicuri processi equi in base agli standard internazionali;
- abolisca la pena di morte;
- fermi gli abusi legati alla politica di controllo delle
nascite;
- protegga quanti difendono i diritti umani;
- ratifichi i trattati internazionali sui diritti umani e cooperi
con gli organi di controllo delle Nazioni Unite;
alla comunita' internazionale e a quanti hanno contatti con la
Cina:
- spingano il governo cinese a ratificare i trattati
internazionali sui diritti umani e ad invitare esperti del
settore a visitare la Cina per accertarsi della situazione;
- quando possibile aprano un dialogo con le autorita' cinesi sul
tema dei diritti umani e facciano pressione perche' la Cina si
adegui alle norme internazionali;
- usino ogni opportunita' derivante da legami culturali o
economici con i cinesi per creare dialogo sui diritti umani;
- si assicurino che non ci siano vendite di materiale militare
alla Cina qualora tale materiale possa essere usato per
contribuire a detenzioni arbitrarie, torture o maltrattamenti.
Cina: nessuno e' al sicuro
Amnesty International Publications
1 Easton Street, London WC1X 8DJ
United Kingdom
Prima edizione: marzo 1996
AI Index: ASA 17/02/96
traduzione italiana di Francesco Visioli
Amnesty International e' un movimento internazionale indipendente
da qualsiasi governo, parte politica, interesse economico e credo
religioso. Riveste uno specifico ruolo nel piu' vasto ambito
della difesa dei diritti umani e incentra anzitutto la propria
azione sui casi di singoli prigionieri.
Amnesty International si adopera per la liberazione e
l'assistenza delle donne e degli uomini ovunque detenuti per le
proprie opinioni, il colore della pelle, il sesso, l'origine
etnica, la lingua o la religione, a condizione che non abbiano
usato violenza e non ne abbiano promosso l'uso. Sollecita
procedure giudiziarie eque e rapide per tutti i prigionieri
politici e lavora a favore di coloro che si trovano detenuti
senza processo o imputazione. Si oppone incondizionatamente alla
pena di morte e alla tortura, cosi' come a ogni altro trattamento
crudele, inumano e degradante.
Amnesty International svolge inoltre un'attivita' di educazione
ai diritti umani, attraverso la quale promuove la conoscenza e
l'adesione alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e ad
altri strumenti sui diritti umani riconosciuti a livello
internazionale e ai valori che sono in essi contenuti; sostiene
l'indivisibilita' e l'interdipendenza di tutti i diritti umani.
Per informazioni e iscrizioni: Amnesty International - Sezione
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viale Mazzini 146, 00195 Roma, tel. 06/37514860, fax 06/37515406,
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