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Conferenza Tibet
Schiavi Giandomenico - 21 marzo 1996
»AFFONDEREMO LE VOSTRE PORTAEREI

di Renato Ferraro

Corriere della Sera, 20 marzo '96, pag 8, basso centrale

La crisi Pechino-Taiwan si allarga. E ora si rischia lo scontro con le navi da guerra inviate dagli Usa. La Cina minaccia Washington: state per accendere la miccia di una guerra mondiale.

Taipei. S' attenua leggermente la crisi fra Pechino e Taipei, ma un altro conflitto si annuncia, ancor più serio: fra la Repubblica Popolare e gli Stati Uniti. Secondo la stampa filocomunista di Hong Kong, che la Cina utilizza come portavoce ufficioso, »il problema di Taiwan è passato in secondo piano. Ora si deve tenere testa all'America .

I leader del PCC si sarebbero convinti che Washington vuole approfittare della tensione nello stretto di Taiwan per stringere intorno alla Cina una cintura di sicurezza, e contenere la crescita della prossima super potenza asiatica. La contesa può subito diventare scontro militare, se gli americani, come hanno annunciato, nei prossimi giorni faranno procedere portaerei di classe Nimitz nello stretto, in barba al veto di Pechino. »Se navi da guerra cercheranno di introdursi nelle nostre acque le lasceremo entrare, ma vi garantisco che non ne usciranno , ha dichiarato il numero uno dell'esercito cinese, il generale Zhang Wannian, secondo quanto riferisce il »Sing Tao di Hong Kong.

Poco valore hanno per i comunisti le argomentazioni ripetute ancora ieri dal Dipartimento di Stato, secondo le quali è aperta a tutti la via internazionale compresa tra le acque di Taiwan e quelle della Repubblica Popolare. Agli occhi dei cinesi l'aspetto simbolico delle azioni ha più importanza dei dettagli giuridici, e simbolicamente il passaggio delle portaerei fra le due sponde significherebbe che l'America vuole il distacco di Taiwan dalla madrepatria.

Domenica il premier Li Peng aveva dichiarato: »Se navi americane avanzassero nello stretto renderebbero la situazione ancora più difficile , e ieri il portavoce del ministero degli Esteri ha ribadito: »Washington deve immediatamente cessare di interferire nei nostri problemi interni e di inasprire i contrasti. Queste sfrontate esibizioni di forza non servono a nulla .

La crescente animosità fra Pechino e Washington suscita a Taiwan più inquietudine delle manovre militari cinesi, entrate ieri con ritardo nella terza fase. Il filogovernativo »China Times ha affermato: »Noi abbiamo i nostri problemi con la Repubblica Popolare, ma non dobbiamo farci coinvolgere nella manovra americana volta a stringere con un assedio i comunisti . Il presidente Lee Teng-hui non si è espresso su questi temi, ma i suoi avversari hanno disapprovato gli Stati Uniti. »Se l'America interferisce, se manda cannoniere, se cerca di influire sul futuro della Cina, scatenerà una reazione nazionalista, e accenderà la miccia di una guerra che può allargarsi fino a coinvolgere il mondo intero , ha sostenuto Lin Yang-kang, candidato del Nuovo Partito, favorevole ad un appeasement con Pechino. E il candidato indipendente Chen Li-an ha detto: »Washington porrà sempre i propri interessi al di sopra di quelli dei suoi partner .

Il direttore del mensile governativo di Taipei »Free China Review , Richard Vuylsteke, americano, critica la diplomazia del proprio paese. »La politica di "ambiguità strategica" andrebbe definita di "confusione strategica" - afferma -. Washington è stata zitta mentre la Cina s'impadroniva di un isola delle Spratly lontanissima dalle sue sponde e ad un tiro di sasso dalla costa delle Filippine, poi ha accettato la visita di Lee Teng-hui facendo esplodere la crisi, ma di nuovo ha taciuto in estate mentre i cinesi svolgevano le prime sei manovre militari di intimidazione contro Taiwan. In tal modo ha consentito che Pechino si sentisse libera di premere con ogni mezzo su Taipei. Ora di colpo getta nella mischia due portaerei, tre sottomarini nucleari e altre sette o otto unità da guerra. Considerato quanto sono paranoici i leader cinesi, è comprensibile che abbiano l'impressione di essere stati attirati in un tranello. Possono rispondere in modo molto pericoloso. Non dimentichiamo che durante la precedente crisi

dello stretto, nel 1958, al comando della Cina c'era Mao, capace di imporre se necessario la moderazione. Oggi a Pechino non c'è un leader forte, e nessuno può permettersi di suggerire un passo indietro .

 
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