di Renato Ferraro
Corriere della Sera, 22 marzo '96, pag. 11
Continua la guerra delle parole per le esercitazioni davanti Taiwan. »Americani vi inceneriremo . Ma la Cina vuole trattare
Taipei. Mentre il governo di Taiwan mitiga il tono delle sue critiche alla Cina, dalla Repubblica Popolare parte una raffica di dichiarazioni rabbiose, rivolte soprattutto agli Stati uniti. Le autorità comuniste qualificano come »detestabile la risoluzione con cui il Congresso esorta Clinton a difendere militarmente l'isola in caso di necessità. »E' una grossolana interferenza che c'indigna , ha dichiarato un portavoce cinese. Ed a proposito della decisione di consegnare una piccola parte delle armi americane richieste da Taipei, il portavoce ha aggiunto: »Washington deve smettere di agire in maniera irresponsabile .
Allo stesso tempo un quotidiano filocomunista di Hong Kong assicura che »le navi statunitensi saranno sepolte in un mare di fuoco se penetreranno nello stretto di Taiwan. Ed un altro sostiene: »L'Ovest sottovaluta le capacità militari cinesi. Siamo in grado di trasferire in sole sei ore sull'altra sponda tutte le truppe necessarie per assumere il controllo della provincia ribelle . Una spacconata: gli esperti occidentali sono infatti sicuri che i mezzi da sbarco disponibili possono prendere a bordo appena 30-40 mila uomini, un decimo delle forze d'invasione indispensabili, e che impiegherebbero 24 ore per attraversare lo stretto, offrendo un facile bersaglio ai jet nemici.
Pechino fa la voce grossa, però intanto si prepara ad inviare a Washington il ministro della difesa, nei primi giorni di aprile, e poi, il giorno 21, il ministro degli Esteri all'Aja, dove incontrerà il collega americano Warren Christopher. »Ci auguriamo - ha affermato nei giorni scorsi il governo della Repubblica Popolare - che gli incontri aiutino a rimuovere le incomprensioni . »E' la classica maniera d'agire dei cinesi - spiega Rizal Sukma, un esperto del Centro di studi strategici di Giakarta -. Alzano il prezzo alle stelle prima di discutere, in modo da assicurarsi un guadagno a conclusione della trattativa. Cominciano con un intervento duro, che stabilisce i limiti del negoziato: così la controparte, se accetta il dialogo, è già in svantaggio perché riconosce tali limiti. Qualora in seguito li contesti, sarà accusata, prove alla mano, d'avere agito in malafede. L'anno scorso, per esempio, la Cina ha invaso un'isola delle Spratly che Manila considera sua, e poi ha offerto di trattare una »soluzione rag
ionevole .
Gli attacchi agli Stati Uniti hanno un duplice obiettivo. Il primo è di opporre una barriera di fronte all'avversario strategico. I cinesi preannunciano un conflitto se Washington aiuta Taiwan, e dunque pongono un prezzo inaccettabile, poiché una guerra fra due potenze nucleari è inammissibile. Pure una semplice guerra con i taiwanesi comporta un prezzo esorbitante, non perché distruggerebbe l'isola, ma perché distruggerebbe l'economia della Repubblica Popolare, spingendo all'emigrazione incontrollata centinaia di milioni di sudditi e creando il caos in Asia. E' un altro stratagemma classico cinese: se non mi accontenti mi uccido. Il secondo obiettivo è di intimorire Taiwan. Pechino si è infatti accorta che le sue manovre militari non inducono affatto il panico, e che questo scopo è invece raggiunto ogniqualvolta sale la tensione con gli Stati Uniti. Anche, paradossalmente, quando Washington manda le portaerei a difendere l'isola. I taiwanesi temono infatti uno scontro con la marina della Repubblica Popolare
, benché riconoscano che solo una presenza americana assicura pace a lungo termine. Ed hanno un altro motivo d'inquietudine: la scarsa fiducia negli uomini che gestiscono, in modo così casuale, la politica della superpotenza nel Far East. Quando si chiede ad un diplomatico asiatico il giudizio su Winston Lord, famoso per le sue gaffes quando era ambasciatore a Pechino, ed oggi responsabile dell'Asia al Dipartimento di Stato, la risposta invariabilmente è: »Oh my lord , oh, mio Dio.
Ora si teme che Clinton, interessato a mostrarsi deciso in piena campagna elettorale, invii la portaerei Nimitz nello stretto di Taiwan. »Sarebbe una bella scena sugli schermi della CNN, ma una corbelleria catastrofica - ha sostenuto il nipote di Chang Kaishek, il generale in pensione Chiang Wego -. Saremmo noi a pagare le conseguenze .