Corriere della Sera, 2 maggio 1996, pag. 7
Il governo annuncia: niente più lavoro assicurato. Al capolinea l'era dello stato onnipotente.
PECHINO - Al concerto per il primo maggio, mentre il Partito comunista al potere da 47 anni elogiava le grandi conquiste della classe operaia, il governo ha annunciato alle decine di milioni di lavoratori la prossima morte dell'impiego a vita, simbolo e certezza di un'era ormai remota. Il »Quotidiano del popolo , con i titoli in rosso per la festa internazionale dei lavoratori, annuncia che il futuro sarà molto duro. Le masse e i lavoratori ne soffriranno, avranno delle difficoltà: »E' un qualcosa che il partito e il governo vorrebbero evitare, ma non sempre ci riusciranno , afferma l'editoriale. La »grande causa per la quale i lavoratori cinesi sono chiamati oggi a lottare è la realizzazione dello sviluppo economico del paese nei prossimi quindici anni.
Uno sviluppo in nome del quale il vecchio sistema economico deve essere necessariamente distrutto. La totale occupazione, l'impiego a vita - la »ciotola di ferro , come la chiamano i cinesi parlando del riso assicurato - non possono più sopravvivere se la Cina vuole davvero raggiungere »l'era del primo benessere , come ha promesso Deng Xiaoping. E l'appello al contributo della classe operaia non è quindi retorico. Due terzi delle imprese statali e collettive sono in deficit o in grosse difficoltà, perché la produzione è carente o non risponde alla domanda del mercato e perché pesano sull'economia gli stipendi e l'assistenza sociale di milioni di lavoratori in esubero. Sui circa 130 milioni di dipendenti, il 20 per cento è in surplus. In nome della stabilità sociale fino ad ora le imprese hanno mantenuto invariata la forza lavoro. Nei primi tre mesi di quest'anno, 7,4 milioni di persone risultavano dipendenti di fabbriche che hanno sospeso o dimezzato la produzione. Il numero dei disoccupati è cresciuto del 1
0,4 per cento.
Fino a qualche anno fa, prima dell'introduzione delle riforme economiche di Deng Xiaoping all'inizio degli anni Ottanta, un operaio guadagnava 150 yuan (30 mila lire) e pagava 10 yuan di affitto, luce e gas, comprava le verdure per pochi centesimi. I cereali, l'olio, il latte erano razionati, ma non costavano quasi nulla. Le cure mediche erano gratis. Pagava tutto lo stato. Il turno durava otto ore, ma di fatto il lavoro sembrava facoltativo: sotto la scritta »proletari di tutto il mondo unitevi , nelle grandi officine, buie, c'era chi si faceva il tè, chi lavorava a maglia, che fumava. Ora un salario medio urbano è di 440 yuan (88.000 lire) ma lo stato ha ridotto drasticamente i contributi, per poi eliminarli, e chi non lavora rischia il licenziamento.
CINA, LA RIVOLUZIONE E' FINITA. BASTA POSTO FISSO
Corriere della Sera, 2 maggio 1996, pag. 7