da: il manifesto - 8 Maggio 1996
Il monaco esplosivo
In Tibet si moltiplicano le notizie di attentati. Molti segnali
sull'inizio della lotta armata contro la Cina
di ILARIA MARIA SALA
BOMBE IN TIBET: dopo trent'anni di pacifica resistenza all'invasione
cinese, rispettando quasi alla lettera la teoria non violenta del
Dalai Lama, comincia ad avere seguito la linea opposta, espressa
dalla Lega della gioventu' tibetana (con sede a Dharamsala, in
India), che vede nel ricorso alla lotta armata e agli attacchi
terroristici l'unica strada rimasta aperta per attirare l'attenzione
mondiale.
Nell'ultimo mese, significativi cambiamenti semantici nei lanci
dell'agenzia di stampa cinese Xinhua sembrano confermare per la
prima volta le informazioni raccolte e distribuite dal governo
tibetano in esilio e dalle Organizzazioni non governative che si
occupano del Tibet. Xinhua, infatti, e' passata dalle esortazioni a
intensificare la "lotta anti-separatista" a ben piu' espliciti
richieste di "attaccare i sabotaggi e i sabotatori", dichiarando la
settimana scorsa che la polizia sarebbe "vicina all'identificazione
di due responsabili". Questa formula viene solitamente adottata nel
caso di persone sospette gia' arrestate, cui vengono estorte
confessioni.
Nel corso degli ultimi nove mesi, l'organizzazione Tibet Information
Network, con sede a Londra, ha fornito notizie riguardanti almeno
nove attacchi terroristici andati a segno, e diversi casi di
attentatori saltati in aria prima di riuscire a piazzare l'esplosivo
contro gli obiettivi prestabiliti.
La nuova fase della lotta tibetana e' cominciata con attentati
simbolici contro il monumento ai Martiri costruttori, alla periferia
ovest di Lhasa, che commemora i soldati cinesi morti durante la
costruzione della prima strada che collegava il Tibet alla Cina,
negli anni '50. Nel gennaio di quest'anno fonti tibetane hanno
riferito di una bomba davanti alla casa di un lama che collabora con
le autorita' cinesi nella disputa fra autorita' religiose tibetane e
autorita' politiche cinesi sulla reincarnazione del Panchen lama,
conclusasi per ora con la scomparsa del bambino prescelto dai
tibetani.
Bomba contro il Partito
L'ultimo attentato di cui si e' avuta conferma riguarda una bomba
esplosa alla fine di marzo davanti alla sede regionale del Pc
cinese, sempre a Lhasa.
In tutta questa segretezza, ovviamente, e' difficile ottenere dati
precisi sui danni e sulle eventuali vittime. Gia' tre turisti
occidentali sono stati arrestati ed espulsi dalla Cina per aver
cercato di fotografare il monumento ai Martiri costruttori, che
appariva danneggiato. Secondo informazioni ottenute da Tin, nel
complesso sette persone sarebbero morte e altre due gravemente
ferite in seguito agli attentati. Fino ad ora queste azioni non sono
state rivendicate: per quanto la Lega della gioventu' tibetana abbia
gia' da anni dichiarato di esser pronta a cambiare strategia
appoggiando anche degli attacchi armati, da Dharamsala non arrivano
altro che le conferme degli attentati. Confrontando le informazioni
di fonti tibetane in esilio, di turisti che vengono ammessi sul
Tetto del Mondo e di organizzazioni occidentali, c'e' motivo di
credere che i nove attentati confermati fino ad ora siano solo una
parte di quelli verificatisi, e che si tratti effettivamente
dell'inizio di una nuova fase nella lotta per l'indipendenza
tibetana. Non va pero' esclusa la possibilita' che queste bombe
senza firma siano opera di gruppi cinesi che vogliono screditare il
movimento tibetano. Le fonti ufficiali pechinesi, nel frattempo,
continuano a lanciare attacchi ed insulti soprattutto contro il
Dalai Lama e la sua "cricca di separatisti", "sobillati dall'India e
dalle forze occidentali" nemiche della Cina.
Aumentano i coloni
Secondo la Lgt, il problema tibetano e' ormai arrivato ad un livello
di gravita' insostenibile, soprattutto a causa della politica di
insediamento in Tibet di famiglie di coloni cinesi, che stanno
diventando piu' numerosi dei tibetani stessi. Il fallimento del
pacifismo del Dalai Lama viene misurato dalla Lgt in rapporto alla
strategia palestinese e all'atteggiamento della comunita'
internazionale nei confronti di Yasser Arafat. Mentre quest'ultimo
viene accolto e riconosciuto come capo di stato, grazie ad anni di
lotta violenta, la maggiore autorita' tibetana viene si' ricevuta da
molte personalita' internazionali ma senza essere preso sul serio,
rappresentante di una lotta posta in termini tali da non destare
preoccupazione.
*- Amira V1.5 REG (Amiga) -* one world, one operating system