da: Notiziario CNN - 18 maggio 1996
Pechino - Le autorita' cinesi hanno chiuso uno dei piu' grandi
monasteri del Tibet dopo le proteste anti-cinesi inscenate dai
monaci la scorsa settimana, nel corso delle quali sono state
arrestate dozzine di persone. Secondo quanto riportato per
telefono da fonti, rimaste comunque anonime, di Lhasa, i monaci
avrebbero dimostrato a Ganden, 24 miglia ad est della citta'. La
dimostrazione e' avvenuta in seguito alla proibizione di esporre
fotografie del Dalai Lama nei templi buddhisti.
da: La Stampa - Domenica 19 Maggio 1996
In Tibet la guerra dei monasteri
Si moltiplicano nel Paese le manifestazioni e gli scontri di
piazza, la polizia apre il fuoco contro i monaci
Pechino li chiude: c'erano foto del Dalai Lama
LHASA. Due dei maggiori monasteri buddhisti del Tibet sono stati
chiusi per ordine delle autorita' di Pechino dopo le proteste per
la proibizione di esporre in pubblico fotografie del Dalai Lama.
La polizia ha arrestato quaranta persone. Lo denuncia Tibet
Information Network, organizzazione con base a Londra per il
monitoraggio dei diritti umani nella regione. I monasteri chiusi
sono quelli di Drepung, nella capitale tibetana Lhasa, e di
Ramoche, poco lontano dalla citta'. Da quando, nell'aprile
scorso, il governo cinese ha messo al bando in Tibet le immagini
del Dalai Lama, si sono susseguite diverse manifestazioni di
protesta, sfociate in piu' occasioni in duri scontri con la
polizia.
Secondo Tibet Information Network, il 7 maggio scorso un monaco
buddhista e' stato ferito a colpi di pistola dai poliziotti nel
monastero di Ganden, a 40 chilometri da Lhasa. Questi disordini
dimostrano che, nonostante gli sforzi reali o propagandistici, la
Cina non e' ancora riuscita a normalizzare il Tibet. La fase di
relativa tolleranza seguita agli orrori della Rivoluzione
Culturale ha permesso ai monaci buddhisti di ripopolare molti
monasteri e di ripristinare in parte il loro ruolo tradizionale
nella societa' tibetana. Cio' ha portato a una accresciuta
consapevolezza politica che non puo' non scontrarsi con la tesi
di Pechino che vuole il Tibet una lontana provincia dell'impero
rosso da popolare di funzionari e coloni cinesi. [e. st.]
da: La Stampa - Domenica 19 Maggio 1996
Il Papa buddhista in Italia, ma la star e' Richard Gere
UNA VITA IN ESILIO
POMAIA (Pisa). Tenzin Gyatso, quattordicesimo Dalai Lama, e'
lontano dal suo Tibet, in esilio. E' sulle splendide colline di
Pomaia, nel monastero Tzong Khapa dove ancora vive il piccolo
Tenzin Rimpoce, l'ultima reincarnazione del Lama Gomo Rimpoce. E
quassu' lo raggiungono le brutte notizie dal Tibet. "Sono molto
triste ma non sono sorpreso. La situazione in Tibet e' davvero
tesa". Niente di piu'. Ma il pensiero per la situazione politica
del Tibet ricorre sempre nelle parole del Dalai Lama. Un pensiero
che si traduce in accenni sottili, in citazioni, quasi in
parabole.
"L'Occidente si era innamorato del pensiero maoista, ma
bisognera' attendere molto tempo per rileggere la storia". La
serenita' sembra non voler abbandonare il volto di Tenzin Gyatso,
gli occhi fermi dietro alle lenti cerchiate di nero. Una
serenita' che non lo abbandona, neanche quando arriva l'ombra del
dolore. La tristezza arriva quando il quattordicesimo Dalai Lama
dice: "La persecuzione in Tibet continua e non si ferma. Anche se
teniamo aperta la porta del dialogo con la Cina. Io richiamo il
negoziato: il Tibet potra' rimanere in orbita cinese ma dobbiamo
poter essere liberi di professare la nostra religione".
E' un federalismo che ha il senso della necessita', per questo
popolo ormai allo stremo, sterminato "da un genocidio che
assomiglia fin troppo a quello degli ebrei". Parole, queste, di
Richard Gere che accompagna come un'ombra il Dalai Lama, parole
affidate a un pubblico molto insistente e forse inadatto a questo
ambiente cosi' rarefatto e spirituale. "Un genocidio compiuto con
crudelta' da una polizia fascista che schiaccia un popolo
fragile". Un milione e duecentomila morti accertati negli ultimi
trent'anni, "una repressione scientifica" che ha, appunto, un
solo precedente.
"Resto stupito di come gli occidentali siano indifferenti
rispetto a questo genocidio". Ancora Gere, che attira su di se'
fin troppa attenzione sotto questa tenda che deve raccogliere
ancora le parole del quattordicesimo Dalai Lama. In molti, sono
venuti fin quassu' soltanto per lui. Fin dalle 7 di ieri mattina,
code di due chilometri di macchine hanno afflitto il silenzio e
le strade immerse nel verde di Pomaia. Tra queste splendide
colline, questa serenita' che sembra tangibile, le parole sobrie
del Dalai Lama (da poche ore cittadino onorario di Pisa e
Livorno), sembrano scivolare sulle signore ingioiellate che
commentano ad alta voce l'abito dell'attore, che si spintonano
per chiedere a Richard Gere se "la sua bellezza e' frutto del
buddhismo". Nessun dubbio, Gere non tace. Risponde che per un
buddhista "tutto resta uguale a prima, cambia solo la percezione
di quello che ti circonda". Si siedono, l'attore e la sua nuova
compagna Corey Lowell, sotto il tendone in prima fila. Dietro
tutti gli altri: qualcuno che sbircia, qualcuno che commenta e
cerca altri vip (era annunciato l'arrivo dell'attrice Dalila Di
Lazzaro e dello showman Marco Columbro, ma non sono arrivati.
C'erano pero' Jovanotti e Ligabue). Qualcuno che ascolta le
parole di Tenzin Gyatso. Il Dalai Lama parla "della saggezza e
del sentiero", poi invita tutti a mangiare e sembra che sia una
festa. Dopo pranzo, l'inaugurazione della Ruota della preghiera,
i mantra, le preghiere. Poi le riunioni: l'associazione Italia-
Tibet. Capo spirituale, in questo momento e' anche capo politico
di un popolo che non si rassegna. Il suo compito, per lui che e'
in esilio ma che si trova con il cuore sui suoi altopiani, e'
quello di promuovere il suo credo, la sua serenita', ma anche e
soprattutto la sua causa. Pomaia e il suo monastero l'avranno per
poco. Il quattordicesimo Dalai Lama, Tenzin Gyatso, sta per
ripartire e tornare a Roma, dove parlera' alla Sapienza e dove
ricevera' l'Haward per la pace da parte della Together for Peace
Foundation.
*- Amira V1.5 REG (Amiga) -* one world, one operating system