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Conferenza Tibet
Partito Radicale Roma - 27 giugno 1996
Gorizia/Tibet

Riportiamo qui sotto il testo dell'intervento pronunciato da Marina Sisani nel corso del Convegno "Tibet: dall'occupazione ad oggi. Una civiltà in pericolo". Marina Sisani era stata invitata come relatrice.

Il Convegno si è svolto a Gorizia il 20 e 21 giugno '96 nell'aula magna del corso di laurea in Scienze politiche, diplomatiche e internazionali della sede goriziana dell'Università di Trieste. Il Convegno è stato organizzato dal Comitato studentesco pro Tibet, dall'ERDISU, dal Centro Servizi del Polo Goriziano e dall'Università di Trieste.

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LE INIZIATIVE POLITICHE INTERNAZIONALI A SOSTEGNO DELLA CAUSA TIBETANA.

Sarebbe lungo e difficile parlare di tutte le iniziative che sono state impostate da quando il Tibet e' stato invaso dalla Cina. Sarebbe difficile e credo anche presuntuoso da parte mia sintetizzare i vari passi compiuti dal Dalai Lama, dal parlamento e dal governo tibetano in esilio per portare all'attenzione dell'opinione pubblica internazionale la questione tibetana. Oppure provare a descrivere quello che i vari Tibet Support Group sparsi nel mondo hanno compiuto per dar voce al Tibet morente. Sarebbe inutile ricordarvi che nel 1994 il Dalai Lama è stato ricevuto ufficialmente da un governo e da un Presidente della Repubblica, quelli italiani. Mi limiterò dunque a parlare delle iniziative politiche che sono state incardinate durante questo ultimo anno.

* LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA E L'APPROCCIO POLITICO

La peculiarità di questo ultimo anno risiede nel fatto che le diverse spinte a favore del Tibet hanno iniziato a coordinarsi fra loro per darsi una struttura organizzata. Inoltre è emersa l'esigenza di affrontare la questione tibetana in un'ottica più marcatamente politica che fondasse la questione della violazione dei diritti umani in Tibet sull'argomento politico della democrazia in Cina. Il tema dei diritti umani è centrale per il popolo tibetano, ma occorre tener presente che questa questione deve essere ancorata ad una visione politica tale da rinviare la tematica dei diritti umani a quella della mancanza di democrazia in Cina.

Illuminanti in tal senso sono le parole con cui il Dalai Lama ha commemorato il 10 Marzo di quest'anno. Egli ha voluto sottolineare come la battaglia per la libertà del Tibet, e la democratizzazione di Taiwan costituiscano un forte stimolo per le aspirazioni democratiche del popolo cinese. D'altra parte Sua Santità ha posto in evidenza come la questione tibetana possa trovare una soluzione solo se le spinte verso la democrazia della Cina vengono raccolte e incentivate. In altri termini il problema del Tibet non può più essere affrontato in termini umanitaristi, ma ha bisogno di un approccio politico: solo una Cina democratica potrà significare Tibet libero.

La nascita di un coordinamento fra parlamento e governo tibetano insieme alle comunità tibetane in esilio, con l'Intergruppo per il Tibet al Parlamento europeo, con i Tibet Support Group e con il Partito Radicale transnazionale e transpartito ha permesso di dar corpo e azione politica alla prospettiva della nonviolenza organizzata.

* IL 10 MARZO 1995

Il 10 Marzo dello scorso anno l'Associazione Italia/Tibet e il Partito Radicale hanno dato vita ad una mobilitazione sul problema tibetano che ha avuto un ampio respiro. E' stata infatti una mobilitazione durata una intera settimana che ha visto coinvolti diversi Paesi europei ed americani. La medesima manifestazione si è conclusa con una lunga Marcia nonviolenta in fila indiana davanti alle Ambasciate cinesi di dieci capitali del mondo. L'obiettivo era quello di sensibilizzare l'opinione pubblica internazionale sulla questione tibetana, di diffondere informazione sulla situazione di questo popolo e della sua diaspora. L'informazione sulla situazione del Tibet è stata attivata sia sui media tradizionali, a cominciare da Radio radicale, che su quelli più moderni come i sistemi telematici. In particolare occorre ricordare quella fornace di dati e informazioni che è World Tibet Network News, un quotidiano edito via Internet dal Comitato Canadese per il Tibet.

* LA RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

Nel mese di luglio dello scorso anno il Parlamento europeo ha approvato una Risoluzione, presentata e sostenuta dai verdi e dall'alleanza radicale europea, che possiamo definire rivoluzionaria. Infatti per la prima volta veniva riconosciuta da un organismo internazionale la illegalità dell'occupazione cinese del Tibet. Inoltre in quella Risoluzione Il Parlamento europeo sollecitava le istituzioni dell'Unione europea ad adottare tutte le misure atte ad incanalare il problema sino-tibetano entro il solco del dialogo politico. Si chiedevano cioè quei negoziati senza pre-condizioni fra Tibet e Cina che il Dalai Lama sollecita fin dai tempi del suo Piano in Cinque Punti. Già in questa Risoluzione il Parlamento europeo esprimeva la propria preoccupazione per la sparizione del Panchen Lama, il più piccolo detenuto politico del mondo.

* LA CONFERENZA DELLE DONNE A PECHINO

Nell'agosto '95 si è tenuta la Conferenza mondiale sulle donne a Pechino. Tramite le corrispondenze di Carmen Leccardi, di Italia/Tibet, abbiamo potuto seguire, in Italia ed in Albania attraverso Radio radicale, le manifestazioni delle donne tibetane, delle poche donne tibetane ammesse ai lavori della Conferenza, le quali, con la bocca imbavagliata, denunciavano al mondo il bavaglio che il regime cinese impone alla cultura e alla tradizione millenaria del Tibet.

* LA VISITA IN ITALIA DI SAMDONG RIMPOCHE

Nel mese di settembre il presidente del Parlamento tibetano in esilio Prof. Samdong Rinpoche ha compiuto una visita in Italia invitato dal Presidente della Provincia di Terni Nicola Molè. Il Partito Radicale è riuscito ad organizzare, tramite l'aiuto dei parlamentari italiani iscritti a questa organizzazione transnazionale, vari incontri politici. Samdong Rimpoche è stato infatti ricevuto dai vicepresidenti dei due rami del Parlamento italiano, l'on. Luciano Violante, attualmente Presidente della Camera dei deputati, e il sen. Carlo Rognoni. Molto significativa è stata l' audizione del Prof. Rimpoche presso l'Ufficio di Presidenza allargato della Commissione Esteri della Camera. Durante questa audizione il Presidente del Parlamento tibetano in esilio ha avuto la possibilità di incontrare più di venti deputati, appartenenti a tutti gli schieramenti politici, e di

illustrare la situazione in Tibet e la volontà del popolo tibetano di trovare una soluzione per mezzo del dialogo e della iniziativa politica nonviolenta.

* UNA BANDIERA PER IL TIBET

Intanto sono proseguiti i contatti fra le comunità tibetane in esilio, i Tibet Support Group, l'Intergruppo Tibet al Parlamento europeo ed il Partito Radicale Transnazionale. E' stata così lanciata una campagna mondiale, "Una bandiera per il Tibet" affinché gli amministratori locali del maggior numero di Stati nel mondo issassero, il 10 Marzo di quest'anno, sul pennone del proprio Municipio, la bandiera del Tibet. Il significato di queste adesioni non è stato esclusivamente simbolico. Si tratta infatti di amministrazioni territoriali, comuni province regioni, che certo non possono riconoscere il Tibet quale Stato autonomo, ma che hanno compiuto un gesto concreto di solidarietà nell'esporre la bandiera nazionale tibetana. In tal modo inoltre la cittadinanza degli enti locali che hanno aderito all'iniziativa sono stati informati dell'esistenza di questo Stato-non Stato che ha sì una bandiera, ma che non può farla sventolare nel proprio territorio nazionale.

* IL SEMINARIO DI STRASBURGO

Sulla base dei primi segnali positivi di adesioni, si è giunti, nel dicembre del '95, al Seminario di Strasburgo. Un seminario importante organizzato dall'Intergruppo per il Tibet al Parlamento europeo e dal Partito Radicale transnazionale: importante perché ha visto per la prima volta riuniti assieme i rappresentanti del governo tibetano in esilio, gli esponenti delle Comunità tibetane in Europa, i rappresentanti europei di Sua Santità il Dalai Lama, fra cui la Signora Koren che abbiamo oggi l'onore di avere fra i conferenzieri, e tutti i Support Group europei. I lavori del Seminario di Strasburgo hanno concretizzato l'esigenza di un coordinamento internazionale che tenesse le fila della campagna "Una bandiera per il Tibet". Questa campagna è stata estesa anche a tutti i cittadini europei che sono stati così esortati a far sventolare la bandiera tibetana dalle loro finestre nel Tibetan Day.

Inoltre il coordinamento nato a Strasburgo ha organizzato una grande manifestazione per il 10 Marzo 1996, la prima manifestazione europea per il Tibet. Non a caso il luogo scelto per questa manifestazione è stata la città di Bruxelles, una delle sedi del Parlamento europeo. Gli obiettivi posti a Strasburgo sono stati quelli di far aderire almeno 500 sindaci e di far pervenire nella città sede del Parlamento europeo 5000 persone per la grande manifestazione del 10 marzo 1996. Ebbene entrambi questi obiettivi sono stati ampiamente superati: gli enti locali che hanno aderito sono stati più di 600 da ben 25 Stati europei e nordamericani. Negli Stati Uniti, inoltre, è stata lanciata una campagna affinché i governatori dei singoli Stati dichiarassero il 10 Marzo Tibetan Day. Anche in questo caso la risposta è stata positiva ed abbiamo avuto le adesioni di 3 Governatori e di 6 Sindaci che è un buon risultato se si tiene presente che in USA la politica estera è di esclusiva competenza del Governo federale.

Un ottimo successo si è avuto pure in Italia che ha contribuito alla campagna con circa 300 adesioni anche grazie alla sponsorizzazione dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e del suo presidente, il sindaco di Catania Enzo Bianco. Occorre inoltre ricordare le oltre cento adesioni pervenute dalla Francia, le oltre quaranta dal Belgio e le altre dall'Austria alla Russia, dal Liechtenstein all'Ungheria, dall'Albania alla Germania, dal Lussemburgo alla Polonia, dalla Spagna al Regno Unito, dalla Repubblica Ceca alla Svizzera, dalla lontana città di Montreal fino a quella così tragicamente vicina che è la città martire di Sarajevo. E ancora le diecimila bandiere tibetane che singoli cittadini europei hanno esposto dalla loro finestra in segno di solidarietà con i tibetani cui è impedito di essere cittadini nel loro proprio Paese.

* LA MANIFESTAZIONE DI BRUXELLES

Infine Bruxelles: la manifestazione del 10 marzo, la GRANDE manifestazione del 10 marzo '96 che ha avuto ben oltre 6000 partecipanti provenienti da tutti gli Stati europei. Una lunga marcia si è snodata, a partire dalla sede dell'Ambasciata cinese, per le vie di Bruxelles con un tripudio di bandiere tibetane e canti e slogan per dire a tutta Europa la tragedia di un popolo che rischia l'estinzione, di una cultura che corre il pericolo di non poter più dare al mondo il proprio contributo in termini di nonviolenza e di universalismo. Una Marcia che, attraverso due soste davanti a Commissione e a Consiglio europeo, si è conclusa di fronte al Parlamento europeo dove siamo stati ad ascoltare autorevoli interventi su tutti i temi che riguardano il Tibet e la lettura dello Statement di S.S. il Dalai Lama.

* IL PARTITO RADICALE - ORGANIZZAZIONE NON GOVERNATIVA

La battaglia per la libertà nel Tibet è divenuta nell'ultimo anno la battaglia centrale del Partito Radicale transnazionale e transpartito. Il Partito Radicale è un' organizzazione politica un po' sui generis rispetto ai modelli di forma-partito cui siamo abituati. Si tratta infatti di un Partito che non si presenta ad alcuna elezione politica, in nessuno degli Stati in cui è attivo; un Partito che è stato riconosciuto dalle Nazioni Unite come Organizzazione Non Governativa di Primo Livello, vale a dire con Status Consultivo e con la possibilità quindi di presentare Statement presso le diverse Commissioni ONU. E' lo stesso status che ha, per intenderci, la Croce Rossa Internazionale. Un partito transnazionale e transpartito; il che significa che i cittadini di tutto il mondo, i parlamentari di tutto il mondo possono aderire ad esso pur da posizioni politiche differenziate.

Vi sono ovviamente altre Organizzazioni non governative che si occupano anche di Tibet. Basti qui ricordare l'impegno che Amnesty International ha messo e continua a mettere per portare l'opinione pubblica a conoscenza degli svariati casi di violazione dei diritti umani che si verificano sempre più frequentemente in Cina. I Rapporti di Amnesty sulla condizione dei detenuti politici o sulla concussione delle libertà fondamentali dell'individuo sono preziosi documenti di informazione e di analisi. Inoltre ricordo l'iniziativa di Amnesty sul caso di Palden Gyatso, il monaco tibetano che è stato detenuto per 33 anni nelle carceri cinesi e la campagna per i diritti umani in Cina che proprio nell'aprile di quest'anno è stata lanciata da Amnesty International.

L'ottica assunta dal Partito Radicale transnazionale è quella di ritenere il Tibet l'anello debole della Cina, il fulcro di tutte le contraddizioni di questo immenso Paese. E di pensare la battaglia per il Tibet come una lotta per favorire il processo di democratizzazione in Cina, democrazia che è condizione indispensabile per ottenere rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel Tibet stesso. E democrazia in Cina significa libere elezioni fondate sul pluripartitismo, libertà di stampa di parola e di opinione, e indipendenza della magistratura dal potere politico. Questa battaglia per la libertà in Tibet e la democrazia in Cina potrebbe inoltre permettere di intravvedere un obiettivo ancora più ambizioso: quello di rafforzare e di rendere democratica l'Organizzazione delle Nazioni Unite, ponendone in evidenzia le contraddizioni, prima fra tutte il diritto di veto nel gruppo ristretto del Consiglio di Sicurezza di cui, come sappiamo, fa parte anche la Cina.

* LA 52. SESSIONE DELLA COMMISSIONE DIRITTI UMANI DELL' ONU

Già nel luglio '95 il Partito radicale, fresco del riconoscimento Onu, aveva presentato uno statement sulla violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel Tibet presso il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite. In particolar modo quella dichiarazione sottolineava la violazione del diritto di praticare la propria religione, di cui il caso del Panchen Lama è emblematico. Subito dopo la Marcia di Bruxelles di quest'anno si è aperto di nuovo il fronte istituzionale alla 52. sessione della Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra. Il Partito radicale transnazionale ha potuto presentare, nella sua qualità di Organizzazione Non Governativa con Status Consultivo, ben quattro Statement sulla grave situazione dei diritti umani in Tibet e in Cina. E' stato sollevato il problema della tortura, dei trattamenti crudeli e disumani soprattutto sulle persone in stato di detenzione, e si è sottolineato come la Cina detenga il record delle esecuzioni capitali.

A Ginevra è stata data voce direttamente al popolo tibetano: della delegazione radicale - guidata dal Segretario Olivier Dupuis, che è anche parlamentare europeo - faceva parte fra gli altri il Ministro degli Esteri del governo tibetano in esilio, Kalon Tashi Wangdi. Inoltre lo stesso dissenso cinese ha trovato ascolto a Ginevra tramite i radicali. Da ricordare infatti lo Statement presentato da Wei Shan Shan, la sorella del dissidente cinese, Wei Jingsheng, nuovamente rinchiuso in carcere per aver sollecitato l'apertura democratica del nuovo corso denghista e per aver criticato la politica cinese in Tibet. Nonostante ciò la 52. sessione della Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite si è conclusa senza che sia stato possibile presentare una proposta di Risoluzione sulla violazione dei diritti umani in Cina. Il governo cinese infatti è riuscito a far passare una mozione di non luogo a procedere, la cosiddetta "no action" convincendo i Paesi del Terzo Mondo che era in atto un attacco dei paesi ricchi ver

so quelli in via di sviluppo. La tattica della contrapposizione Nord-Sud ha pagato. E' stata una sconfitta per il popolo tibetano, ma hè stata una sconfitta anche per l'ONU che ha fatto vincere l'enorme mercato cinese sui laogai, sulle torture, sulle detenzioni arbitrarie.

* LA NUOVA RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

Nel maggio di quest'anno il Parlamento europeo si è nuovamente pronunciato sulla questione dei diritti umani in Tibet. E' stata votata una Risoluzione di condanna della politica repressiva cinese sulle fotografie del Dalai Lama. Addirittura casa per casa i cinesi compiono perquisizioni per verificare il possesso delle foto del Dalai. Il Parlamento europeo ha incaricato la propria delegazione per le relazioni con la Cina di sollevare il tema della libertà religiosa con la delegazione cinese che incontrerà tra breve.

* VOICE OF TIBET

In occasione della visita europea del Dalai Lama è stata inaugurata Voice of Tibet, una stazione radiofonica che trasmetterà in bande a onde corte 15 minuti di informazione nei due principali dialetti tibetani. Lo staff editoriale è tibetano in cooperazione con gruppi di sostegno per i diritti umani di molti Paesi come la Norvegia, la Gran Bretagna, l'India, gli Stati Uniti. In Italia saranno le attrezzatura di Radio radicale ad essere utilizzate allo scopo di dare voce alla lingua tibetana.

Ricordo, inoltre, che Radio radicale aggiornerà gli ascoltatori italiani ed albanesi sulla campagna "Libertà per il Tibet e democrazia in Cina" attraverso due trasmissioni che andranno in onda in diretta il lunedì alle 22,30 e il venerdì alle ore 20,30.

* L'APPELLO A BOUTROS BOUTROS-GHALI

Intanto sta proseguendo la raccolta di firme sull' Appello che chiede al Segretario generale delle Nazioni Unite Boutros Boutros-Ghali di ricevere al più presto il Dalai Lama. I risultati ottenuti sono confortanti: oltre 800 parlamentari di ben 40 Paesi da tutto il mondo hanno già aderito a questa richiesta di incontro. Il meeting Boutros-Ghali/Dalai Lama potrebbe essere l'occasione per definire le tappe possibili di una soluzione pacifica della questione dell'occupazione tibetana.

* LE CARTOLINE PER LA LIBERAZIONE DEL PANCHEN LAMA

Inoltre il Partito Radicale insieme ai comitati di sostegno al Tibet e alle comunità tibetane in esilio sta diffondendo delle cartoline da indirizzare a Jiang Zemin per richiedere la liberazione del Panchen Lama. La Cina ha solo recentemente ammesso lo stato di detenzione di Gedhun Chochey Nima, il più piccolo prigioniero politico del mondo. Anche qui i risultati esortano a proseguire nella strada intrapresa: sono oltre 2800 le cartoline già inviate al Presidente della Repubblica Popolare cinese, cartoline spedite da 28 Paesi del mondo.

* L' APPELLO WEI

Un discorso particolare merita l'Appello per il premio Nobel per la Pace 1997 a Wei Jingsheng. Il noto dissidente cinese è nuovamente rinchiuso nelle carceri della Repubblica Popolare per "aver tentato di rovesciare il governo". In realtà ciò di cui le autorità di Pechino accusano Wei è di aver ricordato a Deng Xiao Ping che le modernizzazioni da lui volute sarebbero state vane senza una quinta modernizzazione, la democrazia. Il capitalismo è giungla selvaggia se non è accompagnato dal controllo dello stato di diritto, e in primis da una magistratura indipendente dal potere politico. La corsa alla ricchezza economica non può essere retta dalla legge del più forte: ha bisogno di uno Stato che trovi la propria fonte di legittimità su libere elezioni, fondate sul pluripartitismo. Il commercio ha bisogno della libertà di stampa, di parola, di opinione.

E Wei Jingsheng queste cose le ha scritte nel 1978 sul cosiddetto "Muro della democrazia" a Pechino e invece venne arrestato. E proprio dal carcere prese posizione anche sul Tibet, con una lettera a Deng in cui lo accusava di miopia per la politica di chiusura al dialogo con il popolo tibetano. Rilasciato nel '93 dalle autorità cinesi preoccupate di fare bella figura affinché Pechino fosse designata città olimpica nel 2000, Wei Jingsheng ha continuato a denunciare le violazioni dei diritti dell'uomo in Cina, occupandosi anche delle famiglie delle vittime della strage di Tien An Men. Del '94 Wei è di nuovo in galera tra l'altro in gravi condizione di salute.

Sostenere la candidatura di Wei al Premio Nobel significa infondere forza alla lotta per i diritti dell'uomo e per la democrazia in tutta la Cina. Significa sostenere il negoziato fra Repubblica Popolare e governo tibetano in esilio. E' per questo che si stanno raccogliendo le firme necessarie a proporre Wei Jingsheng come candidato a Premio Nobel per la Pace 1997. Le candidature al Nobel possono essere proposte da parlamentari e membri di governo, dagli ex-Premi Nobel e dai professori universitari. Ad oggi sono oltre 250 le firme raccolte, ma ne occorrono molte di più. E' per questo che mi rivolgo ai professori universitari di DIRITTO, FILOSOFIA, STORIA E SCIENZE POLITICHE qui presenti affinché sostengano anche loro la candidatura di Wei. Possono firmare ora al tavolo che è stato predisposto a questo scopo. E possono chiedere ai loro colleghi di fare altrettanto.

I professori universitari accreditati a sostenere una candidatura al Nobel sono, lo ripeto, i professori di diritto, filosofia, storia e scienze politiche.

* CONCLUSIONI: IL SATYAGRAHA

Durante la sua recente visita in Italia il Dalai Lama ha incontrato sindacalisti e uomini politici. Fra questi Marco Pannella insieme a Olivier Dupuis, parlamentare europeo e segretario del Partito radicale transnazionale. Durante l'incontro è stato discusso il progetto al quale il Prof. Rimpoche, altre persone attorno a lui e gli stessi radicali lavorano da molti mesi: il Satyagraha mondiale per la libertà del Tibet. Un Satyagraha gandhiano con digiuni, scioperi della fame, sit-in, azioni di disobbedienza civile e di resistenza nonviolenta attuati in contemporanea da migliaia, da decine di migliaia di amici del Tibet. Se ne è discusso anche alla recente Conferenza mondiale dei Tibet Support Group organizzata a Bonn dal Governo tibetano in esilio e dalla Fondazione Neumann. Vorrei concludere questo mio intervento con l'auspicio che la fase organizzativa di questo progetto di Satyagraha veda la luce al più presto e che la nonviolenza sappia mostrare ancora una volta la propria forza di verità e congruenza pol

itica. Per il Tibet, per la Cina, per tutti noi.

 
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