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Conferenza Tibet
Partito Radicale Roma - 27 ottobre 1996
IL DALAI LAMA A STRASBURGO/RASSEGNA STAMPA/ITALIA

L'INTERVISTA/Il "pontefice" buddista accusa: Pechino ha occupato la terra ma punta tutto sul genocidio culturale.

"COSI' LA CINA ANNIENTA IL TIBET"

Il Dalai Lama: rinuncio all'indipendenza pur di salvare la nostra identita'. "Soldi e violenze intaccano religione e tradizioni: gli istituti monastici sono stati falcidiati e il cibo nazionale sostituito da riso e legumi.

Corriere della Sera, 26 ottobre '96, pag. 8

di Andrea Bonanni

Strasburgo - La terra senza tempo ha i giorni contati. Lentamente, ma inesorabilmente, il Tibet si sta piegando alla cinesizzazione forzata imposta da Pechino. Una spiritualita' antica di secoli, che ha saputo resistere pacificamente all'occupazione militare e alla repressione poliziesca, evapora e svanisce di fronte all'immigrazione forzata, all'egemonia culturale imposta con la forza, alla spietata logica economica della nuova Cina, comunista e capitalista insieme. Ma anche cosi', anche sull'orlo del baratro, la resistenza buddista non vuole diventare una repressione anti-cinese: "E' sbagliato cercare di isolare la Cina: sbagliato non solo politicamente ma anche moralmente. I cinesi hanno il diritto di progredire. Verso i nostri fratelli e sorelle cinesi bisogna avere un atteggiamento amichevole. Il vero ostacolo e' la loro paura, prodotta dall'insicurezza e dai sospetti. Dobbiamo riuscire a superare la logica del sospetto. Ma e' una strada difficile. E nel frattempo il Tibet continua a soffrire. La stessa

sopravvivenza dei tibetani come popolo a se' stante e' minacciata".

E' questo il messaggio che "sua santita'" Tenzin Gyatso, quattordicesimo Dalai Lama, la massima autorita' del buddismo tibetano e' venuto a portare al Parlamento europeo di Strasburgo, dove sono stati appena approvati, grazie anche all'iniziativa degli eurodeputati Gianfranco Dell'Alba e Olivier Dupuis, finanziamenti per oltre sei miliardi di lire in favore dei profughi tibetani. E lo stesso messaggio, il Dalai Lama lo consegna in questa intervita al Corriere della Sera.

SANTITA', QUANTO TEMPO RESTA ANCORA PRIMA CHE LA CULTURA TIBETANA VENGA COMPLETAMENTE CANCELLATA?

"E' difficile dire. Forse ancora dieci anni. Da quando hanno occupato il Tibet, i cinesi hanno usato molte armi: i soldi, l'indottrinamento, le minacce, i pestaggi e gli assassinii. Ma lo spirito tibetano non si e' mai spezzato. Ora pero' i sei milioni di tibetani sono divenuti minoritari in casa propria. Quello a cui assistiamo e' un vero e proprio genocidio culturale, forse in parte involontario. Il tempo a nostra disposizione sta per scadere. La situazione e' molto grave."

GENOCIDIO CULTURALE E' UN'ACCUSA GRAVE...

"Vede, nel buddismo lo studio e la pratica religiosa sono essenziali. Ma oggi le possibilita' di studio, in Tibet, sono scarsissime. Il numero degli istituti monastici e' stato falcidiato, e anche il tempo a disposizione per lo studio. La speranza di mantenere vivo il buddismo vacilla. Negli ultimi cinque anni, cinquemila monaci hanno docuto fuggire dall'altopiano e ora continuano a studiare in India, o in Occidente. Ma non e' solo un fatto religioso. La lingua tibetana, che dovrebbe essere ufficialmente riconosciuta, viene discriminata. A Lhasa due terzi della popolazione e' costituita da cinesi che ormai controllano commerci e artigianato. Difficile trovare i nostri vestiti tradizionali. Difficile trovare persino il "samba", il nostro cibo nazionale, sostituito da riso e legumi. Tutto sta cambiando, e molto in fretta".

FINO A QUANDO LEI RIUSCIRA' A EVITARE CHE LA RESISTENZA DIVENTI VIOLENTA?

"Qualche incidente isolato e' possibile. Ma, finche' saro' vivo, la gente mi seguira' sulla strada della non-violenza".

ANCHE SE LE SUE FOTO SONO STATE ASPORTATE DAI MONASTERI E IL SUO NOME NO SI PUO' PRONUNCIARE IN PUBBLICO?.

"Si'. La gente crede in me. Un vecchio monaco venuto dal Tibet mi ha detto: non ci importa se nei templi e' stata proibita l'immagine del Dalai Lama, perche' la sua figura risplende nel resto del mondo". Sua santita' si ferma un attimo, poi scoppia a ridere di cuore: "Non so se risplendo, ma certo sopravvivo".

COME CONCILIA IL TEMPO DEDICATO ALLA LOTTA POLITICA CON QUELLO NECESSARIO A COLTIVARE LA SPIRITUALITA'?

"E' vero. Non ho tutto il tepo che vorrei dedicare al mio spirito. Riesco a pregare solo cinque ore al giorno: quattro alla mattina, e una la sera. Tuttavia non ho rimpianti. Se la battaglia fosse solo politica, forse come monaco non dovrei preoccuparmene. Ma la nostra e' anche una lotta per la spiritualita'. La cultura buddista puo' aiutare tutti, anch ei cinesi che ci opprimono: puo' riempire il vuoto e la mancanza di spiritualita' di cui soffrono. E dunque la battaglia che conduco fa parte dei miei doveri religiosi verso l'umanita'".

MA LEI COSA CHIEDE A PECHINO?

"Molti, in Tibet, vogliono che ci sia restituita l'indipendenza. E' un loro diritto. Io pero' cerco la via di mezzo. Il mio primo dovere e' quello di fare il possibile per salvare il mio popolo e il suo straordinario patrimonio culturale dalla distruzione totale. Per questo sono pronto ad aprire negoziati sulla base di una agenda che non prevede l'indipendenza del Tibet. Sono pronto a negoziare dovunque, in qualsiasi momento e senza condizioni prelimianri".

MANTENENDO IL TIBET ANNESSO ALLA CINA ?

"Vogliamo una autonomia reale. Difesa e affari esteri possono restare alla Cina, ma la religione, l'educazione e la cultura devono essere gestite dal Tibet. Noi non siamo anti-cinesi, al contrario. In fondo non e' detto che il legame con Pechino non possa addirittura essere benefico, per esempio da un punto di vista economico. Spiritualmente, siamo un popolo altamente sviluppato. Ma economicamente il Tibet e' molto sottosviluppato. E la pancia, si sa, non si riempie con la spiritualita'".

 
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