Intervista a Nancy Li
Di Paolo Pietrosanti
P. Questa è Radio Radicale. Continuiamo ad approfondire l'argomento Cina, come sempre, attraverso un punto di vista chiaro e con obiettivi altrettanto chiari. Abbiamo oggi il piacere di essere collegati con Nancy Li, una nota attivista per la democrazia in Cina. Nancy è un'importante esponente dell'organizzazione "International Federation for Human Rights". Questa organizzazione ha un suo status di ONG all'interno delle Nazioni Unite, nell'Ecosoc. Nancy, prima di tutto vorrei chiederti di descriverci l'organizzazione a cui appartieni.
L. La International Federation for Human Rights ha 89 sezioni in altrettanti Paesi. Tuttavia, vi sono Paesi come la Cina che non ci consentono di svolgere la nostra missione. In molte altre parti del mondo, però, in Sud America come in Nord Africa, in Turchia per esempio, ci è concesso di entrare e di portare avanti la nostra missione che consiste nel documentare fatti. In questo siamo anche aiutati da membri svolgono la professione di legali.
P. In che modo lavorate specialmente per quanto riguarda la Cina?
L. La Cina è un caso particolare perché non consente ad alcuna ONG di compiere la propria missione indipendente. Noi riusciamo ad essere attivi grazie a una rete di informazione e collaboriamo con Amnesty International, con Asia Watch e con l'organizzazione Human Rights in China che ha sede a New York. Riusciamo a ottenere in tempi molto veloci informazioni su arresti o scarcerazioni, su agitazioni da parte di minoranze o su persecuzioni religiose. Spesso veniamo contattati dai mezzi di comunicazione in qualità di alternativa all'agenzia di stampa cinese New China, perché in realtà nessuno crede a ciò che essa diffonde.
P. La storia della International Federation for Human Rights è una storia piuttosto lunga. Dopo la caduta del muro di Berlilno la vostra attenzione si è forse incentrata maggiormente sulla Cina rispetto agli anni precedenti. Una parte maggiore delle vostre energie è ora rivolta alla causa cinese.
L. Veramente questa coincidenza non è tanto da porre in relazione alla caduta del muro di Berlino quanto a ciò che era accaduto qualche mese prima in Cina, ovvero il massacro di piazza Tienanmen. Anche noi credevamo che le due cose fossero collegate, e personalmente sono convinta che il massacro di piazza Tienanmen abbia influenzato la trasformazione dell'Europa orientale verificatasi qualche mese più tardi. Entrambi i fatti hanno avuto luogo nel 1989. Ed è anche vero che, prima, l'attenzione delle principali ONG era prevalentemente incentrata sull'Europa orientale e su quanto stava accadendo in Unione Sovietica. Ora la Cina sembra essere l'unico grande Paese dove possano essere compiuti abusi sui diritti umani nella più totale impunità.
P. Da che cosa dipende questa totale impunità? Dipenderà certamente dai rapporti economici e commerciali ...
L. Si, in parte. Certamente la continua impunità di cui gode la Cina ha a che vedere con l'atteggiamento sempre più morbido del mondo occidentale verso questo Paese. Atteggiamento che non aveva mai avuto nei confronti dell'Unione Sovietica. Nessuno, durante la guerra fredda, desiderava infatti avere rapporti commerciali con questa potenza. Oggi, al contrario, i Paesi occidentali desiderano apparire più concilianti e pertanto sono disposti a chiudere un occhio dinanzi agli abusi commessi in Cina. Però vi è anche l'aspetto geografico. La Cina può permettersi l'isolamento; la sua vasta estensione territoriale in un continente lontano glielo permette. Questa è la ragione di fondo per cui un massacro come quello di piazza Tienanmen può essersi verificato in Cina e non in Europa orientale. Infatti, se vi fosse stato un massacro quando i tedeschi dell'est marciarono per le strade qualche tempo prima della caduta del muro, le televisioni occidentali avrebbero immediatamente documentato tutto affinché l'Europa potess
e assistere a ciò che stava accadendo. In Cina, al contrario, il blackout dell'informazione è ancora veramente efficace. Per esempio, la dottoressa cinese che rivelò la situazione degli orfanotrofi mi confessò di non avere mai pensato, mentre stava a Shangai, che il massacro di Pechino avesse avuto luogo. Si limitava a credere ciò che il Governo diceva. Non aveva mai avuto la prova finché non ebbe modo di vedere le immagini una volta fuoriuscita dalla Cina.
P. Nancy, pensi che la causa tibetana, grazie anche alla vasta copertura che ha in tutto il mondo, possa aiutare le iniziative e la lotta a favore di una Cina più democratica?
L. Penso di si. Penso che la causa tibetana possa essere paragonata all'episodio biblico di Davide che sconfigge il gigante Golia. Il Tibet rappresenta per la Cina quello che il Vietnam ha rappresentato per l'America negli anni '60-'70. A questo proposito la Cina non ha alcuna giustificazione. L'occupazione del Tibet da parte dell'esercito cinese va addirittura contro la stessa costituzione. Tuttavia, sempre più cinesi che non hanno nulla a che vedere con la politica stanno incominciando a interrogarsi sulla politica tibetana. Anche gli uomini d'affari molto ricchi incominciano ad aprire gli occhi su quanto sta accadendo in Tibet. Inoltre, ho avuto modo di osservare che la prima cosa che i membri delle delegazioni cinesi in occidente fanno è di andare a cercare i libri che in Cina sono vietati. L'anno scorso cercavano la biografia di Mao scritta dai suoi medici, ma quest'anno stanno cercando sempre più i libri del Dalai Lama.
P. Come vedi la situazione politica interna in Cina? Ciò che ormai è certo è che Deng Xiaoping sia virtualmente, o fisicamente, morto. Come vedi gli eventi che si svilupperanno nella scena politica interna e quali conseguenze potranno avere sul processo di democratizzazione?
L. La situazione interna è attualmente molto grave. Deng Xiaoping sta morendo ed è già morto dal punto di vista politico. Non ha più alcun potere. Come possiamo esserne certi? Perché abbiamo notato che le attività commerciali dei figli sono sempre più messe in discussione e le altre imprese che sono in qualche modo collegate alla famiglia Deng stanno avendo molti problemi. Naturalmente il Governo cinese non avrebbe mai osato toccare la famiglia se Deng fosse ancora stato politicamente attivo. Questo ci fa capire che Deng è fuori gioco, che è come se fosse già morto. D'altra parte quando vado in Cina, ogni anno, mi accordo del crescente divario tra i ricchi e i poveri. I ricchi in Cina sono molto più ricchi degli occidentali. Sono stata in alcuni ristoranti dove ero l'unica persona a non possedere un telefono portatile. Tutti, dico tutti, avevano un telefonino. Negli ingorghi per strada puoi osservare BMW e Rolls Royce. Però, da'altra parte, si possono vedere persone talmente povere da avere perso ogni dignit
à: bambini nudi ricoperti di fango proprio davanti alle stazioni principali. Questo dipende anche dal fatto che non esiste più un'ideologia comunista. Nessuno è più disposto a difendere queste persone, ad assisterle. E molto presto questo creerà un grosso problema sociale. Il Partito Comunista non gode più della legittimità che gli veniva attribuita prima, quando possedeva i cuori e le menti delle persone. Ora non gli rimane più nulla di tutto questo. Nessuno crede veramente più in questo partito. Ed è proprio per questo motivo che il Governo ha adottato la linea dura, perché non dispone più di altri mezzi per controllare la gente. Prima usava l'esercito e il potere che esercitava suoi cuori, ma poiché i cuori ora non gli appartengono più è costretto a utilizzare esclusivamente la forza. Ed è per questo che sta imprigionando tutti i dissidenti, che sta imponendo pesanti condanne su fatti irrilevanti. Nessuno dei miei amici a Pachino oggi cammina libero per le strade, sono tutti in prigione o in esilio. La si
tuazione è molto grave; Deng Xiaoping sta morendo e il Paese sta entrando in una fase di transizione. Se i fautori della linea dura all'interno del Governo, che ora sono al potere, hanno deciso di essere totalmente intolleranti verso ogni forma di dissenso essi perpetueranno e aggraveranno la situazione esistente. Potrebbero colpire me o te, continueranno con le epurazioni e l'intolleranza potrà solo aumentare. Si tratta di mera politica dell'odio.
P. E' possibile che all'interno dell'establishment non vi sia nessuno che stia facendo alcuni passi verso la democrazia o il liberalismo?
L. Democrazia è una parola troppo forte. Io direi che vi sono degli elementi all'interno del Governo che sono meglio disposti ad accogliere le riforme legali, politiche ed economiche. Ma queste persone sono costrette al silenzio. Non sono loro al potere ora e quindi devono evitare qualsiasi commento, devono evitare di mettere in discussione i sistemi repressivi. Da qualche mese al potere ci sono i fautori della linea dura. Solo all'inizio di quest'anno ancora non eravamo sicuri, ma da alcuni mesi hanno acquisito forza e non vogliono sentir parlare di riforme politiche. Stanno addirittura attaccando le stesse basi della riforma economica. Questo dimostra la gravità della situazione. All'interno del Governo vi sono degli elementi favorevoli alla riforma ma non hanno alcun potere e sono anche in pericolo di vita.
P. Nancy, tu certamente saprai che pochi giorni fa il Parlamento Europeo ha assegnato il premio Scharov a Wei Jingsheng e che Wei è candidato al Premio Nobel per la Pace 1997. Pensi che questi premi possano in qualche modo aiutare la causa cinese?
L. Si, penso di si. Wei Jingsheng è un caso molto particolare. Deng e i fautori della linea dura lo vogliono morto. Non vogliono che esca vivo di prigione. A tutti noi che siamo riuniti intorno a lui, che cerchiamo di aiutarlo, in certi momenti sembra che le nostre azioni non portino a nulla, che sia destinato a restare rinchiuso per anni, per i prossimi decenni. Ma in molti casi il nostro ruolo è utile. Ha già aiutato la sua famiglia. Per tutti coloro che sono stati in prigione, il fatto di sapere che il mondo esterno si occupava di loro era già una consolazione. Li rendeva più forti nell'affrontare la tortura e il resto della condanna. Il morale cambiava, lo stato mentale era più sollevato rispetto a coloro che non avevano alcun aiuto dall'esterno. Questo è quanto tutti coloro che sono usciti di prigione mi hanno riferito. Per questo continuo a credere che la nostra azione sia utile. Il sostegno dei Governi internazionali, soprattutto, è molto importante.
P. Nancy, dicci qualche parola di incoraggiamento che ci permetta di continuare a raccogliere le firme a sostegno della candidatura di Wei.
L. Le parole di incoraggiamento sono difficili da trovare in questo momento data la situazione in Cina. Ciò che posso dire è che incontrato persone che sono state salvate grazie al sostegno internazionale. Il nostro sostegno esterno fa la differenza. Persone malate sono state aiutate in tempo e ora camminano libere. Vi sono anche persone in prigione che ci sembra di non poter aiutare e che invece aiutiamo assieme alle loro famiglie. Ricordi com'era Wei quando è uscito l'ultima volta per un breve periodo di 7 mesi? Era intatto moralmente e fisicamente. Tutti quegli anni trascorsi una cella di isolamento sembravano non averlo intaccato, proprio come Nelson Mandela. Persone come loro, quando escono, sono intatte e pronte a continuare la loro battaglia. Vorrei che tutti voi continuaste ad aspettare quel giorno e ad accoglierlo con gioia quando verrà. E quando questo succederà la loro forza non sarà stata intaccata.
P. Nancy, siamo certi, abbiamo le prove, che l'Ambasciata cinese a Roma segue i nostri programmi e trascrive le nostre parole per trasmetterle a Pechino. Vuoi lanciare loro qualche messaggio?
L. Nel Governo cinese e all'interno del Ministero degli Affari Esteri vi sono elementi di ogni genere. Ma ho un messaggio per le autorità cinesi. Vorrei dire loro di non istigare il nazionalismo, per loro stessi e per il popolo cinese. Noi cinesi dobbiamo affrontare i nostri errori come anche gli italiani devono affrontare i propri. Questo è l'unico modo perché un Paese possa migliorare. Non bisogna pensare che ogni critica rivolta a un Paese, o meglio a un Governo, sia qualcosa di terribile. Le critiche non sempre sono negative, spesso possono essere costruttive. Impedire ogni forma di dissenso è come prendere in giro se stessi.
P. Grazie Nancy.
L. Grazie a voi.