da: Repubblica - 8 aprile 1997
Europa divisa sui diritti umani: nessun accordo contro la Cina
Risoluzione solo danese all'Onu
Qiao Shi in visita a Roma
ROMA (s.d.l.) - Sui diritti umani in Cina l'Europa si spacca. Incurante del boicottaggio di Francia, Germania, Italia e Spagna e delle minacce cinesi di ritorsioni politiche ed economiche, la Danimarca domani presenterà alla Commissione Onu di Ginevra una risoluzione di condanna contro Pechino. La censura anti cinese avrebbe dovuto portare il marchio dell'Unione europea, come ogni anno a partire dalla repressione della rivolta di Tienammen nel 1989, ma quest' anno Parigi ha deciso di tirarsi indietro, seguita a ruota da Bonn, Roma e Madrid. La diplomazia francese ha motivato la propria mossa affermando di voler rinunciare alla politica dello scontro e "delle ingiunzioni" sui diritti umani per tentare invece un "dialogo costruttivo". Una posizione molto gradita al presidente cinese Jang Zemin che ieri ha avuto un lungo colloquio con il ministro della Difesa francese Charles Millon, in visita in Cina. La gratitudine di Pechino si è fatta sentire rapidamente: uscendo dall'incontro con Millon, Jang Zemin ha annu
nciato che il suo paese firmerà entro la fine dell'anno una delle due Convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani, quella sui diritti economici, sociali e culturali. Promesse più vaghe di "esame" dell'altra, quella sui diritti civili e politici. Il niet francese è stato accolto con irritazione dall'Olanda, presidente di turno della Ue.
Non aver potuto presentare una mozione comune per tutti i paesi Ue sull'argomento - ha sottolineato il ministro degli Esteri Hans Van Mierlo - rappresenta un grave danno per l'Unione sulla scena mondiale, proprio mentre i Quindici tentano di mettere a punto una strategia comune in materia di politica estera. Van Mierlo ha anche sottolineato come sui diritti umani non sia giusto adottare politiche differenti a seconda dell'importanza economica e commerciale del paese da censurare (sulle risoluzioni contro Iraq, Iran e Birmania è stato raggiunto facilmente un accordo e verranno presentate a nome di tutta l'Unione europea). Il leader dei democratici di Hong Kong Martin Lee ha accusato la Francia e gli altri paesi occidentali di chiudere gli occhi sulle violazioni dei diritti umani in nome del profitto: "Guardano alla Cina soltanto come a un mercato da conquistare, un gigantesco mercato di 1,2 miliardi di persone". La battaglia sulla risoluzione per i diritti umani in Cina a Ginevra è scoppiata pochi giorni dopo
l'approvazione di quella, fortemente appoggiata dall'Italia, per una moratoria sulla pena di morte. Stavolta però Roma fa parte del fronte del no. Alla Farnesina - dove ieri Lamberto Dini ha visto il presidente del Parlamento cinese Qiao Shi, in visita in Italia - negano che le due posizioni siano in contraddizione e ricordano che la risoluzione anti-Pechino è stata presentata per otto anni di fila, ma non è mai arrivata al voto perché la Cina è sempre riuscita a fermarla con l'appoggio dei paesi in via di sviluppo. Aver continuato a riproporre quel testo non ha migliorato la situazione dei diritti umani in Cina. L'Italia, dicono ancora alla Farnesina, non avrebbe rotto il fronte europeo di propria iniziativa, ma trova formalistica la fiducia dei paesi nordeuropei nello strumento- risoluzione. Con ogni probabilità, concludono, anche quest' anno la Cina riuscirà a non far votare la Commissione. Nel caso in cui invece il testo proposto dalla Danimarca arrivasse al voto, "Roma terrà conto di quello che faranno
i paesi maggiori".