da: il Manifesto - 9 aprile 1997
DOCUMENTARI: Duan Jinchuan, una "candid camera" in Tibet. Dalla Cina.
"NUMERO 16 Barkhor South Street" di Duan Jinchuan, è "il film" cinese in programma al festival di Hong Kong, dopo che la pressione sul regista di "In Expectation", Zhang Ming, lo ha persuaso a ritirare il film dal festival. Che un regista indipendente arrivi ad una rassegna internazionale con un documentario sul Tibet ha naturalmente attirato molta attenzione, rendendo massima l'aspettativa. E il film non è certo deludente: due ore di "candid camera" (previa autorizzazione a diversi livelli governativi) sull'operato di un "comitato di vicinato", cellule di base di Partito, in uno dei quartieri più centrali di Lhasa.
Il comitato di vicinato si occupa di mediare nelle dispute fra vicini, di tirare le orecchie a chi sgarra (memorabile il colloquio con un giovane coinvolto in risse alcoliche: "Perché non sei venuto questa mattina?" "non potevo certo presentarmi con i postumi della sbornia!"), e di organizzare gli eventi speciali, come le parate o la selezione degli aspiranti membri del Partito.
Che proprio questo film abbia evitato la censura è interessante. Evidentemente, dunque, il Dipartimento del Cinema del governo cinese ha reputato che la pellicola facesse buona pubblicità, e questo getta una luce sinistra su quello che è considerato "accettabile", se non positivo, dal governo di Pechino. Verso la fine del film, per esempio, una delle direttrici del comitato di vicinato legge le istruzioni da seguire per partecipare alla parata in occasione dell'anniversario dell'istituzione della "Provincia Autonoma Tibetana"; la partecipazione è obbligatoria, ma sono esclusi "vecchi e handicappati, coloro che hanno problemi politici e i minori di diciotto anni". Presentarsi con i vestiti con le toppe creerebbe "un problema politico". Così, su 601 famiglie, sono ammessi e obbligati a partecipare solo 336 individui.
Le immagini finali della parata: tibetani in costume tradizionale accompagnati dalla banda dell'Esercito di Liberazione del Popolo che trasportano grandi simboli del Partito comunista cinese, su sfondo di palloncini colorati e Palazzo Potala. All'uscita del cinema, una spettatrice ha rilasciato un commento forse un po' drammatico, ma inquietante: "Quando guardavo la parata, ho visto il futuro di Hong Kong, anche perché il sistema che fu proposto per il Tibet, che prevede una 'grande autonomia amministrativa' ufficiale, con solo difesa e affari esteri gestiti da Pechino, è lo stesso che è stato firmato riguardo ad Hong Kong".