Gli Uighiuri, i Tibetani e i Mongoli, per molti secoli uniti da rapporti politici, culturali e religiosi, sono accomunati, ai nostri giorni, dallo stesso destino: stanno subendo l'oppressione politica, l'assimilazione culturale e lo sfruttamento economico. Inoltre, il trasferimento della popolazione, il controllo forzato delle nascite e la sinizzazione della lingua letteraria stanno gravemente minacciando la sopravvivenza di queste popolazioni.
Attualmente le autorità cinesi hanno inoltre intensificato una loro antica strategia politica consistente nell'aizzare uno contro l'altro gruppi etnici, religiosi e politici diversi con il risultato che nel Turkestan Orientale, in Tibet e nella Mongolia Interna l'odio reciproco tra gruppi etnici, religiosi e linguistici è diventato molto forte. E' stato detto che tali conflitti sono stati deliberatamente provocati allo scopo di distrarre l'attenzione di queste popolazioni per consentire alle autorità cinesi di agire liberamente per il conseguimento dei propri fini.
In Cina, la grande maggioranza della popolazione comune tratta in continuazione gli Ughiuri, i Tibetani e i Mongoli come "Yeman", termine che significa barbaro, sporco, arretrato, primitivo. Di conseguenza, le ostilità tra la popolazione cinese e gli Uighiuri, i Tibetani e i Mongoli si sono fatte più profonde. La grande maggioranza del popolo cinese non sa che in realtà gli Uighiuri, i Tibetani e i Mongoli possiedono una storia, una cultura e una civiltà ricche e avanzate almeno tanto quanto quella cinese.
Questa politica di assimilazione, di oppressione, di sfruttamento economico, di distruzione ecologica, di discriminazione, di arroganza razziale e di iniquo governo ha fatto sì che a poco a poco il Turkestan Orientale, il Tibet e la Mongolia Interna siano diventati una bomba a orologeria. Oggi, queste popolazioni devono scegliere tra l'estinzione nazionale attraverso la graduale assimilazione e una lotta mortale per difendere la loro identità culturale.
Molti esperti ritengono che se in ognuno di questi paesi si verificasse una grossa rivolta essa non soltanto porterebbe alla sua autodistruzione ma, allo stesso tempo, potrebbe estendersi ai paesi confinanti e, di conseguenza, destabilizzare la pace nell'Asia Centrale.
Anzichè tentare di ridurre le tensioni aprendo con i rappresentanti del Turkestan Orientale, del Tibet e della Mongolia un dialogo costruttivo sulla base delle loro esigenze politiche, culturali ed economiche, il governo cinese sta cercando di ridurli al silenzio ponendo in atto una crudele repressione che accresce ulteriormente le tensioni esistenti. Questa continua e violenta repressione potrebbe condurre ad un intensificarsi della violenza. La richiesta di democrazia, di giustizia e di autodeterminazione dei popoli non può essere messa a tacere con provvedimenti inumani: gli esseri umani non possono essere oppressi a tempo indeterminato. Anche la pazienza ha un limite e la storia è la prova migliore che i sistemi repressivi non sono destinati a durare per sempre.
Il primo passo per ridurre la tensione è il dialogo. Il dialogo costituisce la base per un migliore comprensione, cooperazione e pacifica coesistenza. Non ci può essere reciproca fiducia senza dialogo e nessun cambimento pacifico può avere luogo se non vi è fiducia. Oggi, il dialogo tra il governo cinese e gli abitanti del Turkestan orientale, del Tibet e della Mongolia è diventato più importante che mai.
Di conseguenza, per ridurre le crescenti tensioni in questi paesi, per prevenire un possibile e più vasto conflitto e per gettare le basi per un futuro rapporto, desidererei umilmente chedere:
- alla Comunità Internazionale, di lanciare una campagna mondiale per esercitare influenza, persuadere e convincere la dirigenza cinese ad aprire un dialogo con il governo in esilio del popolo tibetano. Sua santità il Dalai Lama e il governo tibetano in esilio hanno proposto al governo cinese di intavolare dei negoziati per porre fine alla loro controversia con la Cina ma, finora, il governo cinese ha respinto queste offerte. La Comunità internazionale deve far capire al governo cinese che i problemi non si risolvono evitandoli. L'unico modo per risolverli è costituito dal dialogo.
Inoltre, un accordo raggiunto attraverso il dialogo tra il governo cinese e il governo tibetano in esilio avrebbe un impatto forte e positivo non solo sulle popolazioni del Turkestan Orientale e della Mongolia Interna, ma anche su quelle di Taiwan, Hong Kong e Macao. Nè la Comunità Internazionale, nè il governo e il popolo cinese, nè gli abitanti del Turkestan Orientale e della Mongolia Interna trarrebbero vantaggi dall'insorgere di grandi conflitti. La Comunità Internazionale deve riuscire a rovesciare l'idea, diffusa tra tutti gli oppressi del mondo, che la loro voce possa essere ascoltata solo se amplificata dai metodi del terrorismo.
- ai Democratici Cinesi che vivono all'estero, di lanciare una campagna a livello mondiale per indurre la dirigenza cinese a intavolare dei negoziati con il governo tibetano in esilio. Il sostegno internazionale è sempre apprezzato, ma Deng Xiaoping una volta disse: "Le forti pressioni dall'estero sono la prova migliore che stiamo facendo un buon lavoro a casa". Di conseguenza, il governo cinese potrebbe ignorare la pressione internazionale ma non potrebbe totalmente ignorare una massiccia pressione da parte della sua stessa gente. Questo tipo di pressione sarebbe recepito dagli abitanti del Turkestan Orientale, dai Tibetani, dai Mongoli e dalle altre popolazioni non cinesi all'interno della Cina come la prova che i Cinesi Democratici non solo si battono per la democrazia in Cina ma, allo stesso tempo, rispettano i fondamentali diritti dei non cinesi che lottano per essere riconosciuti, per ottenere maggiore autonomia o l'autodeterminazione. Potrebbe inoltre contribuire a ridurre l'ostilità tra la nostra s
tessa gente fornendo un buon esempio di aiuto, assistenza e supporto reciproco. Attualmente infatti le nostre popolazioni non si sostengono reciprocamente. Per fare un esempio, la grande maggioranza degli studenti Ughiuri non sostenne la dimostrazione degli studenti cinesi di piazza Tienanmen. Quando fu chiesto loro il motivo, risposero che quello era solo un affare interno cinese e che non avrebbero appoggiato la lotta degli studenti perchè quegli stessi studenti cinesi che chiedevano maggiore democrazia al Governo Centrale, non avrebbero mai sostenuto la causa del popolo Ughiuro.
In un modo o nell'altro il Turkestan Orientale, il Tibet e la Mongolia Interna diventeranno indipendenti, saranno paesi vicini. Per questo motivo, al fine di porre le basi dei nostri futuri rapporti, abbiamo il dovere di favorire, fin d'ora, la reciproca comprensione, il senso di cooperazione e di solidarietà tra i nostri popoli.
Sua Santità il Dalai Lama ha detto: " Siamo tutti membri della stessa famiglia e, se non riusciamo a sviluppare un senso di responsabilità universale e a considerarci tutti come fratelli e sorelle, non ci potrà mai essere pace nel mondo". E' nostro dovere, adesso, sviluppare questo senso di responsabilità.