Bollettino di informazione sulle campagne del Partito Radicale transnazionale per la libertà del Tibet e per la democrazia in Cina.
"I truly believe that individuals can make a difference in society. Since periods of great change such as the present one come so rarely in human history, it is up to each of us to make the best use of our time to help create a happier world".
Tenzin GYATSO, XIV.mo Dalai Lama, 1992
Numero 58 del 31 maggio 1997
Redazione: Massimo Lensi, Dorottya u. 3.III.em 6. - 1051 Budapest (H) - Tel. +36-1-266.34.86 - 266.09.35 - Fax. 11.87.937 - e-mail M.Lensi@agora.stm.it - WWW-Url: http//:www.agora.stm.it/pr - Telnet: Agora.stm.it
Distribuzione: Alberto Novi - rue Belliard 89 - Rem 508, 1047 Bruxelles (B); tel.+32-2-230.41.21, fax +32-2-230.36.70.
Pubblicato in inglese, francese, spagnolo, italiano, ungherese e croato.
DIBATTITO SUL SATYAGRAHA
Nel numero precedente di "Tibet - Cina Fax" avevamo annunciato l'apertura di un dibattito sul Satyagraha per la libertà del Tibet occupato e sulle possibili iniziative preparatorie. Apre questo dibattito, con la speranza, ma anche con la fiducia, che possa essere di invito a riflettere e scrivere, il Segretario del Partito radicale Olivier Dupuis.
Siamo certi che il tema della libertà del Tibet occupato non trovi nessuno di voi impreparato, cosi' come abbiamo la certezza che idee e contributi non mancheranno. Il lavoro di riflessione che andiamo a cominciare deve essere, necessaria premessa, di costante attenzione all'azione pratica, alla iniziativa politica. La nonviolenza è sostanzialmente questo: un metodo di azione politico; il nostro metodo.
Attendiamo i vostri contributi e le vostre idee.
SATYAGRAHA PER LA LIBERTA' DEL TIBET
di Olivier Dupuis
Una cosa è certa: la lotta nonviolenta per la libertà del Tibet non è ancora cominciata. Senza dubbio i quarant'anni di lotta del Dalai Lama, del governo tibetano in esilio, dei tibetani e di tutti i loro sostenitori hanno avuto come caratteristica il rifiuto categorico di qualsiasi ricorso alla violenza, la volontà costante, quindi, di risolvere il problema del Tibet in maniera pacifica. Ma il pacifismo non è la nonviolenza. Così come la nonviolenza non è l'assenza di violenza. La nonviolenza, come ce l'hanno insegnata Gandhi, Martin Luther King e alcuni altri, è una forma di lotta politica, certamente fondata sul dialogo e sul riconoscimento dell'avversario, ma pur sempre una forma di lotta molto dura, d'attacco, diversa dalla lotta violenta "soltanto" perché si avvale di un altro tipo di armi.
Da ciò una prima domanda che dobbiamo porre innanzitutto a noi stessi: vogliamo sì o no decidere di passare dalla lotta pacifista alla lotta nonviolenta? In altre parole, vogliamo tutti noi, tibetani e non tibetani, organizzare e realizzare questo passaggio alla lotta nonviolenta attraverso la sua organizzazione complessiva nel Satyagraha mondiale per la libertà del Tibet ?
Se la risposta è affermativa, si tratta di capire se un certo numero di condizioni sono soddisfatte. Ne vedo principalmente tre.
a) chiarezza dell'obiettivo generale perseguito e, soprattutto, dell'obiettivo chiave "istituzionale".
L'obiettivo generale è, per una gran parte di noi, tibetani e non tibetani, la libertà per il Tibet. Libertà che possiamo definire solo attraverso le parole del Dalai Lama: raggiungimento di una autonomia molto vasta, dalla quale sarebbero esclusi solo gli aspetti della politica estera e della politica di sicurezza.
Ma per quel che riguarda l'obiettivo "istituzionale" - l'apertura, sotto l'egida delle Nazioni Unite, di un negoziato senza precondizioni tra il governo cinese e il governo tibetano in esilio - le cose sono più complicate. Esiste senz'altro un largo consenso sull'obiettivo dei negoziati. Meno chiare sono le modalità secondo le quali questi negoziati dovrebbero svolgersi. "Sotto gli auspici delle Nazioni Unite" non è infatti un'affermazione neutrale perché implica un riconoscimento ufficiale da parte della Comunità internazionale del negoziato stesso. La Comunità internazionale diventa una sorta di garante di questi negoziati. E' ovvio che altri tipi di negoziato sono possibili. Il più distante e pericoloso rimane quello dei negoziati segreti diretti tra le due parti.
b) il terreno di lotta e l'organizzazione.
Schematicamente, possiamo dividere il terreno della lotta in tre parti: il territorio del Tibet occupato, il territorio della Cina, il resto del mondo.
In un primo tempo, l'essenziale della lotta attiva non può, per evidenti ragioni di fattibilità, che concentrarsi sul "resto del mondo". Non serve dilungarsi su questo punto: tutti noi abbiamo presenti gli enormi rischi in cui incorrerebbero i tibetani che vivono in Tibet ed i cinesi della Repubblica Popolare di Cina. Detto ciò, rimane comunque essenziale far si che il secondo fronte (i tibetani del Tibet) e il terzo (i cinesi della Repubblica Popolare) siano informati rapidamente e nella maniera più esaustiva possibile sull'insieme delle iniziative del "primo fronte". Da qui l'importanza di dotarsi degli strumenti di comunicazione che permettano di informare volta per volta il secondo e il terzo fronte dell'evoluzione della lotta sul primo e, in un secondo tempo, di coordinare le azioni dall'"esterno" e dall'"interno". Ciò spiega l'importanza fondamentale di "Voice of Tibet" e l'impellente necessità di dotarsi di uno strumento simile, capace di informare il terzo fronte, quello dei cinesi della Repubblica P
opolare di Cina.
Dal punto di vista dell'organizzazione, bisogna poter creare un movimento costituito in rete, la cui dimensione non può che essere mondiale, un movimento che sappia mobilitare simultaneamente su obiettivi identici e sotto il segno della nonviolenza decine - se non centinaia - di migliaia di persone nel mondo. Detto altrimenti, dobbiamo realizzare qualcosa della stessa ampiezza del movimento anti guerra del Vietnam degli anni sessanta. Questa volta non col segno "contro" (gli americani) ma col segno "per": per la libertà del Tibet, per la democrazia in Cina, per una comunità internazionale fondata sul Diritto.
c) il metodo.
L'arsenale nonviolento è molto più ricco di quanto si possa credere. Oltre alle "armi" più conosciute, il digiuno, lo sciopero della fame, individuali o collettivi, i sit-in, i boicottaggi, le marce, gli happening, esiste un gran numero di altre "armi" già collaudate. Dovremo passarle in rassegna, studiarle una a una per capire quali potranno esserci utili. Ma si dovrà allo stesso modo inventarne di nuove, facendo appello alle nostre capacità d'inventiva, alla nostra fantasia creatrice. Tenendo sempre ben presente che queste saranno le armi non di un piccolo gruppo ma di tutti coloro che decideranno di far parte di questo movimento mondiale.
Delle tre condizioni, la prima è soddisfatta solo in parte, poiché rimane un interrogativo: quello relativo al quadro e alla modalità dei negoziati. Quanto alla seconda, concernente l'organizzazione, mi sembra incontestabile, alla luce delle iniziative degli ultimi anni, che una forza importante, capace di mobilitarsi e di mobilitare esista già, un avanguardia di forze potenzialmente considerevoli. Per finire, per quanto riguarda la terza condizione, quelle della forza della nonviolenza e della nostra capacità di farla vivere ... anche su questo, ne sono certo, non potremo che essere sorpresi positivamente ... a patto di essere organizzati e ... determinati.
Nota: gli articoli devono essere inviati via fax o preferibilmente via e-mail alla sede Pr di Bruxelles (fax: 32-2-284.91.98; e-mail: pr.bruxelles@agosra.stm.it), preferibilmente in inglese, francese o italiano. La lunghezza del testo inviato non deve essere superiore alle 40-50 righe.
TIBET CINA TELEX
UNA PIAZZA PER IL TIBET
In questi ultimi giorni hanno aderito all'iniziativa "Una piazza, una strada per il Tibet" altri sindaci europei. Il totale dei comuni in Europa che dedicheranno una strada od una piazza al Tibet sale cosi' a 14 da 4 paesi. Per tutti coloro che volessero aiutare questa campagna a decollare, contattando il proprio sindaco oppure attivando le necessarie procedure presso le Case Comunali, sono pregati di contattare la sede del Pr di Bruxelles per avere il dossier informativo. Di seguito la lista aggiornata dei comuni aderenti.
Totale: 14. Belgio (2): Heusden-Zolder, Woluwé-Saint-Pierre; Francia (5): Lens, Liévin, Mazingarbe, Villeneuve D'Asq, Les-Pennes-Mirabeau; Italia (6): Catanzaro, Bologna, Palermo, Roma, Grosseto, Gaggiano; Spagna (1): Amurrio; Svizzera (1): Veyrier.
APPELLO PER RADIO VOICE OF TIBET/NUOVE ADESIONI
L'appello, promosso dal Partito radicale, per la salvezza di Radio "Voice of Tibet" e diffuso nel precedente numero di "Tibet - Cina Fax" è stato firmato anche da Ila Lutzer del "Tibet Support Committee" di Danimarca, Pol D'Huyvetter, Coordinatore di "Mother of Earth International" (Bruxelles), Mark Tatz, della Università di California e da Martin Ellison di Sydney. Chi ne volesse copia è pregato di mettersi in contatto con la sede del Pr a Bruxelles.
AUSTRIA/PARLAMENTO
Si è costituito a Vienna il OKFT (Comitato per la costituzione dell'intergruppo Tibet al parlamento austriaco). Portavoce del Comitato è stata designata Tseten Zoechbauer.
SLOVENIA/PANCHEN LAMA
Il 25 aprile a Lubiana, in occasione dell'8. compleanno di Gedhun Choekyi Nyima - l'XI.mo Panchen Lama tenuto sotto sequestro dalle autorità cinesi - il TSG di Lubiana ha organizzato uno stand di informazione per l'intera giornata nella piazza principale della capitale slovena. Allo stand sono state distribuite numerose cartoline da inviare al Presidente cinese Zemin per la liberazione immediata del giovane Panchen Lama.
WEI JINGSHENG/IL CORAGGIO DI STARE SOLO
E' uscito negli Stati Uniti, edito da "Viking", il libro "The Courage to Stand Alone" di Wei Jingsheng. Una raccolta di lettere dalla prigione, scritti e saggi di Wei tradotti in inglese, con introduzioni di Andrew Nathan, Liu Qing e Sophia Woodman. Nella bella recensione al libro, apparsa sul "NY Time Book Review" dell'11 maggio, Judith Shapiro ricorda inoltre come sia in corso una campagna internazionale per nominare Wei Premio Nobel per la Pace.
STRASBURGO/ASSEMBLEA SUL TIBET
Il 29 ed il 30 maggio si svolte a Strasburgo, organizzate dalle associazioni Tibet Libre, Amnesty International e Lions des Neiges, alcuni incontri con la cittadinanza e con la stampa locale sulla situazione in Tibet. Ha partecipato agli incontri Lama Wangchen, direttore della "Casa del Tibet" di Barcellona. Per maggiori informazioni: Tibet Libre tel. 88.27.33.00, fax 88.27.33.08.
SECONDA PAGINA
Pubblichiamo in "Seconda Pagina" la Risoluzione sulla Cina approvata all'ultima sessione del Parlamento europeo. La risoluzione, presentata dal gruppo liberale, è stata occasione di un acceso dibattito ed in particolare di una viva contrapposizione tra i deputati Alain POMPIDOU (UPE) e Olivier DUPUIS (ARE), di cui riportiamo di seguito alcuni passi dal resoconto stenografico della seduta.
Alain Pompidou: "Signora Presidente, devo dire di essere stato alquanto sorpreso dall'attitudine di certi miei colleghi che parlavano di non rispetto dei diritti dell'uomo per quanto riguarda la politica condotta dai francesi, in modo particolare quella del Presidente della Repubblica francese. Tali colleghi avrebbero potuto interessarsi a quanto sta succedendo in Francia. Devo dire che in effetti non si può interessarsi a tutto, ma il Presidente Chirac ha ricevuto all'Eliseo, prima della sua partenza, una delegazione di ONG attive in Cina, tra cui Amnesty International e la federazione Internazionale per i diritti dell'uomo. Ha sottolineato la propria intenzione di affrontare con i propri interlocutori cinesi la questione dei diritti dell'uomo, chiedendo specialmente spiegazioni concernenti il caso di alcuni prigionieri di coscienza e firmando una dichiarazione politica includente tale aspetto essenziale delle relazioni tra la Francia e questo paese (...) ".
Olivier Dupuis: "No Signor Pompidou, non credo che basterà alla Francia aver ricevuto un manipolo di rappresentanti di ONG all'Eliseo per lavare la doppia infamia di Ginevra. Ciò che essa ha fatto a Ginevra è stato spalleggiare la politica difesa dal governo cinese che vuole dimostrare la possibilità di uno sviluppo senza democrazia. L'altra infamia è stata quella di infrangere quel barlume di politica estera comune che l'Unione Europea, con molte difficoltà, cerca di mettere in piedi. Tutto ciò è grave e il viaggio di Chirac in Cina non fa che dimostrarlo ulteriormente. Non sarà certo parlando di uno o due dissidenti che potrà cambiare la situazione. Ha infranto la logica europea, ha sostenuto l'infamia del governo cinese che si manifesta ogni giorno con la prigione per centinaia di migliaia di persone".
* Risoluzione del Parlamento europeo su "misure discriminatorie della Cina nei confronti di taluni Stati membri dell'Unione europea" (B4-0359/97)
Il Parlamento europeo,
- viste le sue precedenti risoluzioni sulla situazione dei diritti dell'uomo in Cina,
A. considerando che tutti i membri delle Nazioni Unite sono impegnati a proteggere e a promuovere i diritti dell'uomo, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite, alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, al Patto sui diritti civili e politici, al Patto sui diritti economici, sociali e culturali e ad altri documenti,
B. considerando che la Commissione ONU per i diritti umani è incaricata di esaminare e discutere questioni relative alla situazione dei diritti dell'uomo in tutto il mondo,
C. considerando che la Cina ha accettato la Dichiarazione di Vienna sui diritti umani del 1993,
D. considerando che il Consiglio "Affari generali" del 4 dicembre 1995 ha affermato che gli obiettivi fondamentali delle relazioni UE-Cina sono, in particolare, "la promozione della democrazia, delle strutture basate sullo stato di diritto e del rispetto dei diritti dell'uomo",
E. considerando che nel "China Country Report on Human Rights Practices for 1996", pubblicato dal Dipartimento di Stato americano, si afferma che "il governo ha continuato a commettere violazioni generalizzate e ben documentate dei diritti dell'uomo, contravvenendo a norme internazionalmente riconosciute, a causa dell'intolleranza delle autorità nei confronti del dissenso, dei timori di tensioni e dell'assenza o inadeguatezza di leggi di tutela delle libertà fondamentali. La Costituzione e le disposizioni di legge prevedono i diritti fondamentali dell'uomo, ma vengono spesso ignorate nella prassi. Le violazioni comprendono casi di tortura e di maltrattamento dei detenuti, di confessioni estorte con la forza, di detenzioni arbitrarie e di lunghi periodi di segregazione dei prigionieri (...). Il governo ha mantenuto le gravi limitazioni alla libertà di espressione, stampa, riunione, associazione, religione e riservatezza nonché in materia di diritti dei lavoratori (...). In molti casi, il sistema giudiziario r
ifiuta di concedere agli imputati le salvaguardie giuridiche fondamentali e un processo equo",
F. deplorando che l'Unione europea non si sia espressa unanimemente e non abbia presentato una risoluzione comune sulla situazione dei diritti dell'uomo in Cina durante la 53a sessione della Commissione ONU per i diritti umani, che si è svolta nell'aprile del 1997 a Ginevra,
G. considerando che la Danimarca, appoggiata dall'Irlanda e dai Paesi Bassi - lo Stato che esercita la Presidenza dell'Unione europea - ha presentato una risoluzione sulla situazione dei diritti dell'uomo in Cina, risoluzione che altri Stati membri dell'Unione europea non hanno appoggiato,
H. considerando che la Cina ha rinviato lo svolgimento di missioni commerciali danesi e olandesi e ha minacciato questi due paesi di ulteriori misure di ritorsione,
1. valuta positivamente e appoggia la risoluzione presentata da Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi e altri per denunciare le violazioni dei diritti dell'uomo in Cina;
2. deplora energicamente la mancanza di una politica estera comune dell'Unione europea nei confronti della Cina registrata a Ginevra;
3. invita il Consiglio a creare solidarietà e una politica comune tra tutti gli Stati membri per quanto riguarda la situazione dei diritti dell'uomo in Cina;
4. ritiene inaccettabile che la Cina abbia minacciato di imporre misure commerciali discriminatorie contro i suddetti Stati membri dell'Unione europea;
5. sollecita la Cina ad astenersi da tutte le misure discriminatorie adottate nei confronti di Stati membri dell'Unione;
6. chiede al Consiglio e alla Commissione di rivolgere alle autorità cinesi una protesta ufficiale contro tali misure discriminatorie;
7. chiede alla Commissione, al Consiglio e a tutti gli Stati membri di dimostrarsi solidali con la Danimarca, l'Irlanda, i Paesi Bassi e gli altri Stati che potrebbero essere oggetto di "misure di ritorsione" cinesi;
8. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai parlamenti degli Stati membri e al governo della Repubblica popolare cinese.