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Conferenza Tibet
Maffezzoli Giulietta - 18 luglio 1997
TIBET NEWS ITALIA Numero 20 ESTATE 1997

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Tibet News Italia

Periodico di informazione dell'Associazione Italia-Tibet

Autorizzazione del Tribunale di Milano n· 450 del 7/7/88

Direzione e redazione: Via Marco Aurelio 3 - 20127 Milano

Direttore Responsabile: G. Luca Vido

EDITORIALE

SOMMARIO

Editoriale Pag. 1

DIchiarazione DI S.S. IL DALAI LAMA pag. 5

Discorso di Tashi Wangdi Pag. 9

Il Senato italiano e il Tibet Pag. 13

intervista a luigi colajanni Pag. 18

News Pag. 20

comunicazioni dall'associazione Pag. 25

Attività dell'Associazione Pag. 27

Centomila ragazzi e ragazze che ascoltano rapiti Adam Yauch, leader del complesso rock Beastie Boys, dedicare la più bella delle sue canzoni al Dalai Lama e al suo popolo... Palden Gyatso, il monaco tibetano che ha trascorso 33 anni della sua vita nei campi di concentramento cinesi, che spiega a quegli stessi ragazzi cosa significhi essere dissidenti sotto il regime di Pechino... Dudon, la giovane cantante tibetana da poco fuggita dal Tibet e oggi negli USA, che scandisce, seguita da un coro di centomila voci, Free Tibet! Free Tibet! Free Tibet! Sono dei momenti di un evento eccezionale che si è tenuto il 7 e l'8 giugno a New York: il Tibetan Freedom Concert, organizzato dal Milarepa Fund, da Students for a Free Tibet e da altre organizzazioni pro-Tibet statunitensi. Parleremo diffusamente di questo concerto sul prossimo numero di Tibet News Italia ma già da ora vogliamo segnalarvelo perché, con la sua meravigliosa concretezza, deve stimolare noi tutti a lavorare con ancora più energia e determinazione affin

ché sia possibile creare anche in Europa un movimento di opinione pubblica, il più ampio possibile, a favore della libertà e del diritto all'autodeterminazione del popolo tibetano. Certo non tutti i centomila del Randall Stadium di New York erano militanti della causa del Tibet (anche se ve ne erano molti) ma sicuramente tutti quei centomila sono tornati a casa con una profonda consapevolezza di cosa è accaduto e ancora sta accadendo sul Tetto del Mondo. Giovani e giovanissimi hanno seguito, ovviamente, le trascinanti esibizioni dei loro idoli musicali (dai Beastie Boys agli U2, da Patti Smith a Bjork, dai A Tribe Called Quest a Ben Harper, dai Red Hot Chilli Pepper ai Porno for Pyros e a tanti altri ancora, inclusi gli artisti tibetani del gruppo dei Chaksampa e le cantanti Dadon e Yungchen Lhamo) ma hanno anche recepito il messaggio politico chequesto concerto ha mandato al mondo. E allo stesso Tibet occupato, dal momento che la benemerita radio Free Asia (la radio statunitense che trasmette in onde corte

per il territorio tibetano) vi ha dedicato diverse ore di trasmissione. Il concerto di New York ha fatto seguito a una riuscitissima visita del Dalai Lama negli Stati Uniti che ha visto i suoi momenti più importanti (almeno dal punto di vista mediatico) in una intervista di quasi un'ora con la CNN nel programma di Larry King e nella trasmissione in diretta via satellite in tutto il Nordamerica della conferenza che il leader tibetano ha tenuto il 29 maggio nella Cattedrale di St. John the Divine di New York. Questi fatti, uniti alla fermezza nei confronti della Repubblica Popolare Cinese (così sideralmente distante, ad esempio, dalla ambiguità del Senato italiano) espressa in molteplici occasioni dai due rami del Parlamento statunitense, pongono obiettivamente gli USA all'avanguardia del movimento di solidarietà nei confronti del popolo tibetano. Le oltre duecento sezioni degli Students for a Free Tibet, presenti sia nei licei sia nelle università, sono una ulteriore conferma di questa situazione.

E l'Europa? Certo, nonostante la buona riuscita della manifestazione di Ginevra del 9-10 marzo (che ha visto, pur in una difficile realtà logistica, la partecipazione di oltre cinquemila persone), nonostante le ripetute risoluzioni a favore della libertà del Tibet e della democrazia in Cina approvate dal Parlamento Europeo (al cui interno l'intergruppo Tibet sta svolgendo veramente un buon lavoro), nonostante altre risoluzioni più o meno critiche nei confronti di Pechino approvate da alcuni parlamenti nazionali, nonostante la presenza in tutti i Paesi europei di numerosi Tibet Support Group, nonostante quindi diversi aspetti positivi, ci sembra che la situazione europea lasci ancora molto a desiderare. Soprattutto ci sembra, e speriamo di essere in errore, che sia molto più difficile che negli USA creare un movimento organizzato e di massa in grado di operare concretamente sul territorio, di organizzare eventi quali il concerto di New York (che peraltro ha fatto seguito a uno parimenti riuscito svoltosi nel

giugno dell'anno scorso a San Francisco) e di influenzare l'opinione pubblica in maniera diretta ed efficace. Molte sono le cause alla base di una tale situazione e vedremo di discuterle insieme sia sui prossimi numeri del bollettino sia all'interno della nostra Associazione. Ma una cosa va detta subito. Dobbiamo sforzarci in tutti i modi di entrare in contatto con la società civile e politica europea per far pesare molto di più di quanto non si sia riusciti sinora il nostro punto di vista riguardo al Tibet e alla Repubblica Popolare Cinese. Fra pochi mesi usciranno nelle sale cinematografiche due importanti film sul Tibet e il Dalai Lama: "Sette anni in Tibet" per la regia di J.J. Annaud e "Kundun" di Martin Scorsese. E sembra che almeno altre due pellicole sullo stesso argomento seguiranno a breve. Indubbiamente tutti gli amici del Tibet si troveranno di fronte a una possibilità di comunicazione mai avuta prima. Milioni di persone entreranno in contatto con la realtà della tragedia tibetana attraverso il m

edia filmico, uno dei più potenti e diretti. Se, come ci auguriamo, questi pellicole saranno fatte bene e potranno quindi spiegare allo spettatore almeno i caratteri generali della questione tibetana, tutti gli amici del Tibet si troveranno di fronte un terreno eccezionalmente fertile per il proprio lavoro. Il problema, però, che si pone a tutti i Tibet Support Group, è quello di incanalare politicamente e fattivamente la possibile, anzi probabile, ondata di simpatia e commozione per il Dalai Lama e il suo popolo che l'uscita di questi colossi hollywoodiani produrrà.

Per quanto riguarda l'Associazione Italia-Tibet dovremo cercare di organizzare, ancor più di quanto non abbiamo fatto in passato, proiezioni di video, mostre fotografiche, conferenze, dibattiti, interventi pubblici (soprattutto nelle scuole e nelle università, sfruttando i contatti sia con il corpo docente sia con quello studentesco) e quant'altro ancora saremo capaci di inventarci e realizzare. E anche, cosa che per tanti e comprensibili motivi poco abbiamo fatto in passato, dovremo tentare di raccogliere il maggior numero di iscrizioni alla nostra Associazione poiché nei prossimi mesi avremo bisogno di ogni possibile risorsa umana ed economica. Se riusciremo in tutto questo potremo sfruttare al meglio gli eventi in qualche modo "eccezionali" dei prossimi mesi e dare vita, o almeno iniziare, a qualcosa di analogo a quanto sta già accadendo negli USA. Se non ci riusciremo vorrà dire che avremo sprecato un'occasione grandissima che difficilmente si potrà ripetere nel prossimo futuro. E non occorre aver letto

Karl Marx per sapere che la storia è matrigna con quanti non sfruttano le occasioni che essa mette loro a disposizione.

Certo siamo tutti consapevoli delle difficoltà che la situazione italiana (con tutte le sue miopie, provincialismi e volgarità) rende particolarmente difficile il nostro lavoro. Però sappiamo anche che la lotta democratica del popolo tibetano non può permettersi di sprecare nemmeno un centesimo delle energie di cui potrebbe disporre. La nostra Associazione è nata ormai dieci anni or sono. Un periodo lungo, lunghissimo. In questi anni quasi ottocento persone si sono iscritte a Italia-Tibet e diverse migliaia ci hanno in qualche modo incontrato. Molti sono rimasti con noi altri ci hanno lasciato secondo una prassi comune a ogni organizzazione. Uno dei nostri compiti, di ognuno degli iscritti e dei dirigenti di Italia-Tibet, è anche quello di cercare di parlare (ove possibile) sia a nuovi interlocutori sia a quelli che abbiamo già conosciuto per cercare di coinvolgerli nelle grandi e piccole battaglie che dovremo essere in grado di combattere nei prossimi mesi. Oggi più che mai è vero e attuale, drammaticamente

vero e attuale, l'avvertimento lanciato alcuni anni fa dal Dalai Lama. "Time is running out... Il tempo sta volando via". Non possiamo permetterci, il popolo tibetano non può permettersi, di perdere alcun secondo, alcuna energia.

Fra pochi giorni Hong Kong entrerà a far parte della Cina Popolare e un altro elemento di possibile crisi e contraddizione si aggiungerà ai tanti che turbano (nonostante le apparenze) i sonni degli autocrati di Pechino. Altri sei milioni di persone potranno godere dei "benefici" del Paradiso Socialista cinese. Altri sei milioni si preparano a esprimere nuovi dissidenti, nuovi oppositori alla barbarie totalitaria. Altri sei milioni di persone hanno bisogno di voci dall'esterno che possano dire quello che loro non possono dire... che possano urlare quello che loro non possono urlare.

Lo sappiamo bene. Di fronte al gigante cinese le nostre misere forze sembrano non contare nulla. Eppure la storia ha dimostrato, anche e soprattutto negli ultimi anni, che quanto sembrava un sogno utopico si è poi tramutato in realtà. L'universo del cosiddetto Socialismo Reale è crollato nell'est europeo con una rapidità che ha lasciato centinaia di milioni di donne e uomini increduli e stupefatti. Nel corso di tutta la sua storia, la Cina è passata attraverso crisi repentine e improvvise che sono sfociate in cambiamenti radicali. E' forse un sogno assurdo sperare che anche questa Cina, che racchiude gli aspetti peggiori di comunismo e capitalismo (politicamente repressiva come il più feroce degli stalinismi ed economicamente selvaggia come il più spregiudicato dei capitalismi) possa cambiare? E' un sogno assurdo ritenere possibile che milioni di tibetani, di uighuri, di mongoli, di mancesi possano accedere al più elementare dei diritti umani, l'autodeterminazione? E' un sogno assurdo sperare che oltre un mi

liardo di han sia finalmente in grado di esercitare i propri diritti democratici? E' un sogno assurdo sperare e lottare perché tutto questo diventi realtà? Probabile. Ma è anche possibile che quello che adesso appare un sogno assurdo possa domani avverarsi. Dipende anche dalla capacità di credere, con intelligenza e concretezza, nella bontà dei propri sogni.

Riusciranno il popolo tibetano e i suoi amici, a realizzare il loro folle, assurdo e meraviglioso sogno? Ça ira.

Dichiarazione di Sua Santità il Dalai Lama in occasione del 38· anniversario dell'insurrezione nazionale di Lhasa, 10 marzo 1997

Al termine di questo ventesimo secolo, mentre commemoriamo il 38· anniversario dell'insurrezione nazionale del popolo tibetano, è evidente che la comunità umana ha raggiunto un momento critico della sua storia.

I problemi attuali che riguardano la militarizzazione, lo sviluppo, l'ecologia, la popolazione e la costante ricerca di nuove fonti di energia e di materie prime richiedono molto di più di una politica del giorno per giorno e di breve respiro. Il moderno sviluppo scientifico ha aiutato a risolvere problemi molto gravi. Comunque, per affrontare questi avvenimenti globali c'è bisogno di sviluppare non solo la mente razionale ma anche altre importanti facoltà dello spirito umano quali il potere dell'amore, la compassione, la solidarietà.

Un nuovo modo di pensare è divenuto una condizione necessaria per un modo di vivere e di agire responsabile. Se ci aggrappiamo a valori e credenze obsoleti, a una coscienza divisa e a un ego esasperato, continueremo a perseguire obbiettivi e comportamenti ormai fuori dal tempo. Se una simile attitudine dovesse essere perseguita da un ampio numero di persone essa potrebbe bloccare l'intera transizione verso una pacifica, interdipendente e cooperativa società globale.

Dobbiamo imparare dalle esperienze passate. Se guardiamo lo sviluppo del 20· secolo possiamo constatare come la principale causa di sofferenza, di negazione della dignità umana, della libertà e della pace è stata una cultura che riteneva la violenza l'unica modalità per risolvere differenze e conflitti. Sotto molti aspetti il nostro secolo potrebbe essere chiamato quello della guerra e dei bagni di sangue. La sfida che è davanti a tutti noi, quindi, è quella di far sì che il prossimo secolo sia quello del dialogo e della risoluzione delle controversie attraverso la non-violenza.

Nelle società umane ci saranno sempre differenze di opinioni e di interessi. Ma la realtà del giorno d'oggi è che siamo tutti interdipendenti e dobbiamo tutti coesistere su questo piccolo pianeta. Quindi l'unico modo intelligente per risolvere differenze e conflitti di interesse, sia tra le persone sia tra gli stati, è il dialogo. La diffusione di una cultura del dialogo e della non-violenza per il nostro futuro è quindi il compito più importante della comunità internazionale. E non è sufficiente per i governi sottoscrivere o sbandierare i principi della non-violenza se non si fanno delle azioni appropriate e concrete per promuoverli.

Sulla base di queste convinzioni ho guidato la lotta per la libertà del popolo tibetano su di un sentiero non-violento e ho cercato, attraverso negoziati condotti sulla base di una attitudine di riconciliazione e di compromesso, di giungere a una soluzione del problema tibetano che fosse reciprocamente accettabile. Ispirati dal messaggio di non-violenza e di compassione del Buddha, abbiamo cercato di rispettare ogni forma di vita e abbiamo abbandonato l'idea della guerra come mezzo per perseguire la politica nazionale. Per noi tibetani il sentiero della non-violenza è una questione di principio. E sono convinto che questo approccio sia il più benefico e il più funzionale nel lungo periodo.

Mentre commemoriamo questo anniversario, guardiamo indietro a un altro anno di intensificata repressione in Tibet dove le autorità cinesi continuano a commettere su larga scala gravissime violazioni dei diritti umani.

In conseguenza della campagna "Colpisci Duro", lanciata dalle autorità cinesi nell'aprile dello scorso anno, i tibetani sono sempre più soggetti a torture e imprigionamenti per avere espresso pacificamente le loro aspirazioni politiche. La politica di rieducazione, portata avanti dalle autorità cinesi nei monasteri di tutto il Tibet, ha avuto come conseguenza espulsioni di massa, incarcerazioni e uccisioni. E io continuo a essere estremamente preoccupato per la sorte di Gedhun Choeky Nyima, il ragazzo che ho riconosciuto come 11· Panchen Lama e che ancora non sappiamo dove si trovi.

Lo scorso anno la Cina ha rinunciato a qualsiasi pretesa di voler rispettare l'antico patrimonio religioso e culturale del Tibet, cambiando completamente la sua politica in fatto di religione. La nuova politica afferma che "il Buddhismo deve conformarsi al socialismo e non viceversa". Con il pretesto che la religione avrebbe una influenza negativa sullo sviluppo economico del Tibet, la nuova politica cerca sistematicamente di minare e distruggere la peculiare identità nazionale e culturale del popolo tibetano.

Sono state introdotte nuove misure per ridurre ancor più l'uso della lingua tibetana nelle scuole. Si è obbligato l'Università tibetana di Lhasa a insegnare perfino la storia del Tibet in lingua cinese nell'ambito del Dipartimento di Lingua Tibetana. Le scuole medie sperimentali di lingua tibetana, aperte negli anni '80 grazie all'attivo incoraggiamento e all'appoggio del precedente Panchen Lama, sono state chiuse. Queste scuole avevano avuto un grande successo ed erano state estremamente apprezzate dai tibetani.

Queste nuove misure nel campo della cultura, della religione e dell'educazione, insieme all'incessante arrivo di coloni cinesi in Tibet che sta minacciando la peculiare identità culturale e religiosa del Tibet e che sta riducendo i tibetani a un'infima minoranza nel loro stesso Paese, rappresenta una politica di vero genocidio culturale. Oggi, in molte delle principali città e dei centri abitati i tibetani sono in pratica ghettizzati. Se a questo trasferimento di popolazione cinese sarà consentito di continuare, entro pochi decenni la civiltà tibetana cesserà di esistere.

I tibetani hanno reagito a questo stato di cose per lo più in maniera pacifica e io credo che ogni popolo abbia il diritto di protestare pacificamente contro l'ingiustizia. Ma le recenti notizie di isolati attentati in Tibet sono per me causa di una profonda preoccupazione. Io continuerò a raccomandare il sentiero della lotta non-violenta ma se i cinesi non abbandoneranno i metodi brutali che hanno impiegato finora, sarà difficile che la situazione in Tibet non peggiori ulteriormente.

In quanto tibetano, ho ritenuto particolarmente importante entrare in contatto con il popolo cinese, sia in Cina sia in altre parti del mondo. E' nell'interesse di entrambi questi popoli raggiungere un più profondo livello di comprensione reciproca. Da sempre ritengo che coltivare le relazioni umane sia di grande importanza per la creazione di una atmosfera che porti alla comprensione, al mutuo rispetto e alla pace.

Recentemente il dialogo tra tibetani e cinesi sta producendo una migliore comprensione dei rispettivi problemi e interessi. La crescente simpatia, amicizia e solidarietà espressa dalle nostre sorelle e dai nostri fratelli cinesi, sia in Cina sia all'estero, per la nostra difficile situazione e per i fondamentali diritti del popolo tibetano è per noi fonte di ispirazione e di grande incoraggiamento.

La recente scomparsa di Deng Xiaoping è stata una grande perdita per la Cina. Io lo conobbi personalmente e Deng Xiaoping prese l'iniziativa di stabilire contatti diretti con noi al fine di iniziare un dialogo per risolvere il problema tibetano. Sfortunatamente dei seri negoziati non sono stati aperti mentre lui era ancora in vita. Spero sinceramente che la nuova leadership cinese possa trovare il coraggio, la saggezza e la visione per un nuovo inizio che possa risolvere il caso tibetano attraverso dei negoziati.

L'apertura di una nuova era nella Cina moderna rappresenta una grande opportunità per cambiamenti costruttivi e positivi sviluppi. Consideriamo la recente repressione militare nel Turkestan orientale (Xinjiang), volta a schiacciare le dimostrazioni del popolo uighuro, e la conseguente spirale di violenza che ne è scaturita come due avvenimenti tragici e drammatici. Come nel caso del Tibet, anche nel Turkestan orientale una durevole e pacifica soluzione potrà essere trovata solo attraverso il dialogo. Un altro importante compito che si pone al governo cinese è quello di un pacifico assorbimento di Hong Kong e lo sviluppo, sia nello spirito sia nella lettera, del pragmatico e saggio concetto di "una Nazione due sistemi". Un approccio costruttivo a queste materie darà vita a significative opportunità di creare un clima politico di reciproca fiducia e apertura, sia sul piano interno sia su quello estero.

La crescita del sostegno internazionale al Tibet riflette l'inerente simpatia e solidarietà umana per coloro che soffrono e l'universale apprezzamento della verità e della giustizia. Dipingere l'appoggio al Tibet come un complotto di forze occidentali anticinesi significa negare la verità per convenienza politica. E si tratta di una situazione estremamente sfortunata poiché questo genere di mentalità da "cortina di bambù" continuerà a impedire il nascere di una attitudine costruttiva alla soluzione dei problemi.

Infine, è nel reciproco interesse di tibetani e cinesi trovare una soluzione accettabile per entrambe le parti alla questione tibetana. Nessuna forza esterna potrà risolvere il problema al posto nostro. Tenendo bene a mente questa realtà, abbiamo cercato il dialogo con la leadership di Pechino. Però, il rifiuto di Pechino di ascoltare e riconoscere le serie proteste del nostro popolo non ci ha lasciato altra possibilità che portare la nostra giusta e legittima causa di fronte alla comunità internazionale.

Il popolo tibetano ha dimostrato di possedere un notevole spirito di sopportazione, di pazienza e di coraggio di fronte alla più brutale delle repressioni. Io chiedo ai miei compatrioti tibetani di continuare ad astenersi dal compiere atti di violenza e di disperazione nel protestare contro l'ingiustizia e la repressione. Se ci lasciassimo andare all'odio, alla disperazione e alla violenza ci metteremmo sullo stesso piano del nostro oppressore. L'oppressore agisce attraverso l'intimidazione, la coercizione e l'uso della forza bruta. Noi invece crediamo nella verità, nella giustizia e nella ragione. Questa differenza è la nostra arma più efficace. Quello di cui abbiamo bisogno, in questo momento di difficoltà, è di fare uso di tutta la nostra determinazione, saggezza e pazienza.

Con tutta la mia venerazione e con tutte le mie preghiere per quelle donne e quegli uomini che coraggiosiamente sono morti per la causa della libertà del Tibet.

Il Dalai Lama

Ginevra, 9 - 10 marzo 1997

Il nove e dieci marzo 1997 si è tenuta a Ginevra una manifestazione europea in sostegno del popolo tibetano e della sua lotta di liberazione. Organizzata, come quella dell'anno scorso svoltasi a Bruxelles, dall'intergruppo Tibet del parlamento Europeo, dalle comunità tibetane in Europa, dal coordinamento dei Tibet Support Group europei e dal Partito Radicale, la manifestazione di Ginevra ha visto l'adesione di circa cinquemila persone giunte da tutta Europa. Il giorno 9 la manifestazione è iniziata davanti alla sede ginevrina delle Nazioni Unite (dove il giorno seguente sarebbe cominciata l'annuale sessione della Commissione per i Diritti Umani) con i discorsi di numerosi oratori; alle tre un lungo corteo si è snodato per le vie della città elvetica e si è concluso con un discorso della Commissaria Europea Emma Bonino che aveva anche partecipato all'ultima parte del corteo. Una suggestiva fiaccolata lungo le rive del lago di Ginevra ha concluso il primo giorno della manifestazione.

La mattina del 10 una folla di circa un migliaio di persone, in maggioranza tibetani, si è raccolta nuovamente di fronte alla sede dell'ONU per ascoltare la lettura (in inglese e tibetano) dell'annuale discorso del Dalai Lama per l'anniversario del 10 marzo e altri discorsi. Verso mezzogiorno una delegazione tibetana, che comprendeva anche due bambini, è stata ricevuta da una rappresentanza dell'Unicef. Con un discorso del ministro Tashi Wangdi si sono conclusi questi due giorni di mobilitazione europea per il Tibet.

Il 9 e 10 marzo 1997 sono stati pronunciati a Ginevra molti interventi di estremo interesse e abbiamo pensato di pubblicarne i più importanti. Cominciamo in questo numero con quello del ministro del governo tibetano in esilio Tashi Wangdi.

INTERVENTO DI TASHI WANGDI

MINISTRO DEGLI ESTERI DEL GOVERNO TIBETANO IN ESILIO

GINEVRA, 10 MARZO 1997

Sono veramente felice di essere qui con voi, a questa manifestazione per il Tibet organizzata dalle Comunità tibetane in Europa, dai gruppi che sostengono il Tibet, dall'intergruppo per il Tibet presso il Parlamento europeo e dal Partito Radicale Transnazionale. L'anno scorso una simile manifestazione ebbe molto successo a Bruxelles. Colgo l'opportunità per ringraziare gli organizzatori, il popolo svizzero e tutti voi che avete speso tanto tempo prezioso e tante energie per poter partecipare oggi. Voglio anche ringraziare tutti quelli che non possono essere qui ma che hanno mandato i loro messaggi di solidarietà.

Questa straordinaria manifestazione riunisce insieme tutte quelle persone che pur provenendo da Paesi diversi si sentono unite da un comune sentimento di libertà, di amore per la giustizia e la democrazia, la non violenza e il rispetto dei diritti umani e dell'ambiente. La vostra presenza qui oggi a sostegno della causa tibetana è una fonte di speranza e di consolazione per sei milioni di Tibetani, e il solo fatto che voi siate qui dimostra quanto sia giusta la nostra causa. I Tibetani devono sapere che nell'ora del bisogno non sono stati dimenticati da coloro che vivono nel mondo libero.

Approfittando di questa manifestazione il Governo Tibetano in Esilio esprime il suo incondizionato appoggio alla lotta per la libertà e il rispetto dei diritti umani che si sta svolgendo nel Turkestan Orientale, nella Mongolia Interna e nella stessa Cina. Le recenti esecuzioni sommarie e le repressioni politiche avvenute in queste regioni occupate dalla Cina e il tentativo di Pechino di soffocare la voce della democrazia a casa propria sono un motivo di grande preoccupazione per noi. Per questo, vedere i nostri fratelli e le nostre sorelle del Turkestan, della Mongolia e della Cina qui con noi a manifestare per il Tibet, ci riempie di gioia.

Questa pubblica manifestazione nel giorno del 38· anniversario della nostra insurrezione nazionale contro l'invasore e in occasione della 53a sessione della Commissione per i diritti umani dell'ONU deve far ricordare gli impegni morali, legali, e politici che si sono assunti tutti quelli che hanno sottoscritto la Carta delle Nazioni Unite.

Ciò che è accaduto e sta accadendo in Tibet da più di quattro decenni è una delle peggiori tragedie nella storia dell'umanità. Un membro della delegazione indiana ha detto, rivolgendosi alla Assemblea Generale dell'ONU, durante la discussione della risoluzione sul Tibet del 1965: "Queste atrocità, portate avanti con brutale violenza e in spregio ai sentimenti e alle aspirazioni del popolo tibetano, sono una violazione di tutti i diritti umani universalmente riconosciuti e tendono allo spaventoso obiettivo della cancellazione di un intero popolo. Supera le imprese dei peggiori colonialisti, anche di quelli che governavano i popoli conquistati come fossero loro schiavi". Ciò avveniva, come ricorderete, prima della Rivoluzione Culturale. Quello che in seguito hanno sofferto i Cinesi e più ancora i Tibetani durante la Rivoluzione Culturale, è cosa troppo nota perché lo ricordi qui. Basti dire che la politica cinese in Tibet non è sostanzialmente cambiata da allora, anzi in un certo senso la situazione è ancora p

iù grave. A parte la terribile repressione, è il continuo e strisciante genocidio etnico-culturale la vera minaccia per la sopravvivenza del nostro popolo come distinta e unica civiltà depositaria di una antica e sofisticata eredità culturale.

Domani comincerà la 53 a sessione della Commissione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite qui a Ginevra. Si tratta della più alta istanza nel mondo dove, per statuto, qualunque violazione in qualsiasi paese deve essere denunciata e dove i governi dei paesi membri devono rendere conto delle proprie azioni. Sarebbe un travisamento di ogni senso di giustizia se proprio i paesi più forti e più influenti usassero il loro peso e il loro potere di pressione per sottrarsi all'esame della Commissione. Anzi questa dovrebbe essere particolarmente preoccupata dalla notizia che il paese che ospita un quinto dell'umanità non rispetta i più elementari diritti umani.

La domanda che la Commissione deve porsi oggi è se ci siano violazioni di questi diritti in Cina; se ci sono deve avere il coraggio di dichiararlo, se no deve assumersi la responsabilità di affermarlo chiaramente. Noi abbiamo fatto nel passato la triste esperienza di veder bloccare da alcuni paesi le denunce presentate contro gravi e lampanti violazioni accertate a carico di altri stati membri. Queste manovre, tese a impedire l'accertamento della verità sulla base di reciproci scambi di favori tra paesi colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani, costituiscono una pratica pericolosa e perniciosa. La Commissione per i Diritti Umani dell'ONU non deve diventare luogo di tali mercanteggiamenti; deve invece, in accordo al proprio mandato, esaminare e discutere in modo approfondito tutti i casi di violazioni dei diritti umani dovunque siano segnalati. A nessun paese deve essere consentito sottrarsi a questo esame sulla base di vaghe promesse così come è già accaduto, proprio nel caso della Cina, in un recente

passato.

In realtà, per quanto riguarda le violazioni dei diritti umani, la situazione è peggiorata sia in Tibet che in Cina, e qualunque acquiescenza da parte della Commissione rafforzerà la convinzione del Governo di Pechino di poter agire impunemente. Questa preoccupazione deve spingere la Commissione a non chiudere gli occhi e ignorare le denuncie delle vittime della repressione.

Qualunque violazione dei diritti umani è comunque inaccettabile ma lo è particolarmente quando chi ne è vittima è sistematicamente discriminato perché appartiene a una certa razza e a una particolare cultura, come avviene per i Tibetani. A differenza che in Cina, in Tibet è il diritto collettivo alla sopravvivenza che è minacciato. Per lo meno i Cinesi, a parte le gravi violazioni alle loro libertà fondamentali, non corrono il rischio dell'estinzione come popolo.

I problemi che ci sono oggi in Tibet, come nel Turkestan Orientale e nella Mongolia Interna sono il prodotto delle politiche cinesi. Lo scomparso Panchen Lama rivolto ai funzionari della cosiddetta Regione Autonoma Tibetana ebbe a dire: "Se voi governerete con l'unico strumento della soppressione del sentimento nazionale, allora avrete molti gravi problemi in futuro". Lo stesso Hu Yaobang, Segretario del Partito Comunista Cinese disse, in un incontro a Pechino del 1984, che il popolo tibetano aveva sempre avuto un forte senso di unità e identità nazionale ed era in possesso di specifiche virtù quali la capacità di lavorare duramente, il coraggio e l'intelligenza. Invitava, con questo discorso, i dirigenti del suo partito a uno sforzo per capire la cultura e il carattere dei Tibetani, per poter entrare con loro in un rapporto di fraternità e amicizia. Aveva compreso, infatti, che solo sulla base dell'uguaglianza e del reciproco rispetto possono esserci rapporti di solidarietà e convivenza pacifica mentre repr

essione e discriminazione porteranno solo divisione e disgregazione. Ciò è sempre vero nelle relazioni umane. Questo devono capire i governanti cinesi: la forza e la repressione sono controproducenti e solo con l'apertura mentale e la reciproca conoscenza risolveremo i nostri problemi.

Al contrario, i dirigenti cinesi invece di affrontare le cause del malessere che affligge i Tibetani ricercano e creano un immaginario nemico esterno che sarebbe la spiegazione delle attuali difficoltà. A conferma di ciò, basti citare l'attacco che il Ministro degli Esteri cinese ha rivolto contro la stampa internazionale che, a suo giudizio, sta usando la questione tibetana per attaccare e indebolire la Cina e le accuse di "separatismo" da lui rivolte all'indirizzo di Sua Santità il Dalai Lama. Organi ufficiali del Partito Comunista Cinese gli rivolgono, a questo proposito, l'accusa di essere uno strumento di una presunta cospirazione internazionale anti-cinese.

Il problema dei paesi governati da tali dittature comuniste è che i loro dirigenti antepongono gli interessi del partito dominante a quelli del paese e della nazione, e quindi ogni critica rivolta alla sua politica viene considerata un atto di sovversione e tradimento. Naturalmente queste sono false accuse. Criticare la politica del Partito Democratico in America o quella del Partito Conservatore inglese non significa certo tramare contro gli USA o il Regno Unito. Come potrebbe, poi, la critica alle violazioni dei diritti umani essere considerata un attentato anti-cinese dal momento che la Cina ha sottoscritto la Dichiarazione di Vienna del 1993 accettando, con quest'atto, il principio dell'universalità di questi stessi diritti? Stando ai fatti, quindi, è naturale che alla causa tibetana vada l'umana simpatia del mondo e senza alcuna motivazione anti-cinese.

Tutto il mondo sa che il Dalai Lama sta tentando di aprire negoziati col governo di Pechino senza porre come pre-condizione l'indipendenza del Tibet. Lui stesso lo ha più volte ribadito anche direttamente ai suoi interlocutori cinesi. Perché costoro non hanno mai accettato di intavolare negoziati su questa base per trovare una soluzione pacifica? Non fu, del resto, lo stesso governo cinese ad affermare, già nel 1979, che si poteva iniziare a discutere se non fosse stata posta la questione dell'indipendenza? Nessun ostacolo si frapporrebbe all'inizio dei negoziati se solo i Cinesi vi si accingessero con lo scopo di raggiungere un pacifico compromesso.

Voglio dirlo chiaramente: noi non abbiamo nessuna intenzione di promuovere una campagna di denigrazione della Repubblica Popolare Cinese né dei suoi dirigenti.

Noi siamo qui ora perché non siamo riusciti ad avere contatti diretti per ottenere giustizia per il popolo tibetano. Siamo qui perché spinti a chiedere l'aiuto della comunità internazionale in quanto tutti i nostri sforzi non hanno raggiunto risultati apprezzabili. Il giorno in cui il Governo Cinese compirà passi concreti per migliorare la situazione dei diritti umani nel nostro paese, allorché mostrerà un sincero rispetto verso l'identità culturale della nostra nazione e accetterà l'invito del Dalai Lama a un dialogo vero allora i principali motivi di preoccupazione cesseranno.

La leadership cinese sta cambiando: è giunto il momento per Cinesi e Tibetani di approfittare dell'occasione. Ma fino a che non ci giungerà un segnale chiaro e inequivocabile da Pechino che sta per aprirsi un nuovo capitolo nelle nostre relazioni, noi continuiamo ad aver bisogno del vostro aiuto per ottenere giustizia, pace e libertà per il Tibet.

Grazie.

Il Senato italiano e il Tibet

Il 29 aprile 1997, dopo alcuni mesi in cui se ne parlava, finalmente il Senato della Repubblica Italiana ha trovato il tempo di discutere e approvare una mozione sul Tibet. Erano state presentate diverse mozioni, alcune molto buone come quella primo firmatario Cortiana e quella primo firmatario Speroni, altre molto meno. Alla fine, soprattutto dopo un intervento della senatrice Toia sottosegretario di Stato per gli affari esteri, è stata approvata una risoluzione che riteniamo del tutto carente rispetto alla gravità del problema tibetano. Riteniamo assolutamente insufficiente la risoluzione approvata dal senato italiano sul Tibet sia per il linguaggio adottato sia per il contenuto. Contrariamente a risoluzioni approvate da altri parlamenti occidentali non si parla di invasione, di "Tibet Paese illegalmente occupato": la gravità delle violazioni dei diritti umani in Tibet e in Cina non è denunciata apertamente, vi è solo un timido accenno al rapimento e alla detenzione dell'11· Panchen Lama. Per far capire me

glio ai nostri lettori come sono andate le cose al Senato italiano riportiamo per intero il testo di tutte le mozioni presentate, con i nomi dei senatori che le hanno presentate, e il testo della risoluzione approvata. Giudicate voi! (Chi volesse avere il testo stenografico dell'intero dibattito può richiedercelo).

Mozioni presentate:

CORTIANA, BOCO, PIERONI, CARELLA, BORTOLOTTO, PETTINATO, MANCONI, DE LUCA Athos, RIPAMONTI, LUBRANO di RICCO, SEMENZATO, SARTO, MASULLO, SARACCO, D'ALI, DIANA Lorenzo, ASCIUTTI, CIMMINO, BESOSTRI, POLIDORO, FUMAGALLI CARULLI, COZZOLINO, TONIOLLI, SENESE, TERRACINI, BUCCIERO, SERVELLO, NAVA, PEDRIZZI, PAPPALARDO, SCOPELLITI, GIOVANELLI, COSTA, DE CORATO, SQUARCIALUPI, SPERONI, PIATTI, MIGNONE.

Il Senato, vista la risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Tibet e sulla scomparsa del Panchen Lama, un bambino di 6 anni; viste le precedenti risoluzioni del Parlamento europeo sull'occupazione del Tibet e la repressione della sua popolazione da parte delle autorità cinesi; profondamente preoccupato per le notizie secondo cui Gedhun Choekyi Nyima, un bambino tibetano di 6 anni, sarebbe stato sequestrato con i genitori dalle autorità cinesi poco dopo essere stato riconosciuto dal Dalai Lama quale ultima reincarnazione del Panchen Lama, la seconda autorità spirituale tibetana in ordine di importanza, deceduto nel 1989;

considerando che in tutta la sua storia il Tibet è riuscito a conservare un'identità nazionale, culturale e religiosa distinta da quella della Cina fino a che tale identità non ha cominciato a essere erosa a seguito dall'invasione cinese;

riaffermando l'illegalità dell'invasione e dell'occupazione del Tibet da parte della Repubblica popolare cinese e considerando che prima dell'invasione cinese del 1950 il Tibet era riconosciuto de facto da numerosi Stati e che esso costituisce un territorio occupato ai sensi dei principi stabiliti dal diritto internazionale e dalle risoluzioni delle Nazioni Unite;

condannando il tentativo intrapreso dalle autorità cinesi di distruggere l'identità tibetana, segnatamente mediante una politica di trasferimenti massicci di popolazioni di etnia cinese nel Tibet, di sterilizzazioni e aborti forzati delle donne, di persecuzioni politiche, religiose e culturali e di sinizzazione dell'amministrazione tibetana,

impegna il Governo:

a chiedere alle autorità cinesi di provvedere a che Gedhun Choekyi Nyima e la sua famiglia siano immediatamente rilasciati e possano tornare al loro villaggio;

a chiedere al governo cinese di porre fine alle sue violazioni dei diritti dell'uomo, di garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei popoli e degli individui nel Tibet e di interrompere immediatamente i trasferimenti ufficialmente incoraggiati di popolazioni cinesi nel Tibet;

a intervenire presso le autorità cinesi per sottolineare come la persistente oppressione del popolo tibetano nuoccia alle relazioni fra l'Italia e la Repubblica popolare cinese;

a favorire ogni iniziativa intesa a risolvere il problema sino-tibetano mediante il dialogo politico e a chiedere ai governi cinese e tibetano in esilio di avviare negoziati in tal senso e in tale contesto a manifestare il proprio sostegno agli sforzi esplicati dal Dalai Lama per ripristinare pacificamente la libertà culturale e religiosa del popolo tibetano, nonché la sua autonomia politica;

infine, nell'esprimere il suo sostegno al popolo tibetano e nell'auspicare che siano allacciate strette relazioni tra il Parlamento tibetano in esilio e il Parlamento italiano, impegna altresì il Governo a inviare il presente documento al governo cinese, a sua Santità il Dalai Lama, al Parlamento tibetano in esilio e al segretario generale dell'ONU.

(100019)

SPERONI, BOCO, NAVA, PALOMBO, TOMASSINI, SCHIFANI, DE LUCA Athos, PASQUALI, SPECCHIA, RIPAMONTI, ASCIUTTI, CORTIANA, AVOGADRO, GNUTTI, MANIERI, ROSSI, SERENA, PERUZZOTTI, MORO, BRIENZA, PEDRIZZI, MANCONI, CARUSO Antonino, BEVILACQUA, BUCCIERO, GASPERINI, BRIGNONE, LAURO, TONIOLLI.

Il Senato, considerato: che nel Tibet occupato è in corso una durissima repressione, che assume forme di vero e proprio genocidio non soltanto culturale ma programmato e praticato anche attraverso un massiccio trasferimento di popolazioni dalla Cina popolare tendente alla estinzione per diluizione della popolazione tibetana;

che decine di migliaia di prigionieri politici sono detenuti sul territorio della Repubblica popolare cinese nei famigerati »laogai , all'interno dei quali le condizioni di detenzione sono letteralmente disumane, e che in particolare il dissidente Wei Jingsheng, insignito dal Parlamento europeo del premio Sakharov 1996, è nuovamente in carcere, dopo aver scontato già 14 anni di prigione e in gravi condizioni di salute, per un'ulteriore condanna a 15 anni con l'accusa di aver compiuto crimini controrivoluzionari, vale a dire aver sostenuto le famiglie delle vittime della strage di piazza Tienanmen del 1989;

che il Dalai Lama, premio Nobel per la pace 1989 e capo spirituale e politico dei tibetani, nella sua fermezza non violenta e gandhiana propone incessantemente dialogo e negoziato con il governo di Pechino, sotto l'egida delle Nazioni Unite e del loro segretario generale;

che l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha ripetutamente affrontato la tragedia con le Risoluzioni nn. 1353 (XIV) del 1959, 1723 (XVI) del 1961, 2070 (XX) del 1965;

che il Parlamento europeo ha reiteratamente levato la sua voce con le risoluzioni del 15 ottobre 1987, 16 marzo 1989, 15 marzo 1990, 12 settembre 1991, 13 febbraio 1992, 15 dicembre 1992, 25 giugno 1993, 17 settembre 1993, 13 luglio 1995, 14 dicembre 1995 e, di recente, del 12 marzo 1997 nelle quali vengono denunciate le violazioni dei diritti umani in Tibet nonché l'invasione e l'occupazione del Tibet da parte della Repubblica popolare di Cina;

che risoluzioni sulla situazione in Tibet sono state approvate di recente dal Bundestag tedesco, dalla Camera dei deputati belga e dal Parlamento lussemburghese, impegna il Governo a porre in essere ogni sforzo politico e diplomatico affinché a seguito della sessione della Commissione diritti umani delle Nazioni Unite, che si è riunita a Ginevra dal 10 marzo al 18 aprile 1997, si faccia promotore di iniziative per porre un freno alle violazioni dei diritti della persona nella Repubblica popolare di Cina, nel Tibet, nel Turchestan orientale e in Mongolia interiore, per la immediata scarcerazione dei detenuti politici e per la chiusura dei laogai.

(100108)

GUBERT, BASINI, FUMAGALLI CARULLI, LAVAGNINI, MURINEDDU, LOMBARDI SATRIANI, DI ORIO, TAROLLI, MAZZUCA POGGIOLINI, NAPOLI Roberto, ZANOLETTI, MANFREDI, MONTAGNINO, OCCHIPINTI, DE CAROLIS, RONCONI.

Il Senato, riconosciuto:

che la popolazione tibetana nella sua storia ha manifestato e conservato una propria identità culturale e religiosa distinta da quella prevalente nella Cina, che pur conta al suo interno ben 56 nazionalità diverse;

che le iniziative di integrazione della realtà tibetana nella più ampia realtà cinese connesse ai processi di modernizzazione, accanto ad aspetti positivi di sviluppo economico e sociale, possono provocare risvolti negativi per il mantenimento dell'identità e della capacità di autonomia del popolo tibetano, al di là di quanto le prerogative di speciale autonomia di cui gode il Tibet possano offrire a ciò difesa;

che l'attività di controllo delle spinte separatiste che si sono sviluppate negli ultimi decenni da parte dei leader tibetani, in Tibet e all'estero, possono di fatto aggravare i suddetti risvolti negativi, per di più in una situazione nella quale la tutela dei diritti umani si trova condizionata da uno sviluppo della legislazione e del sistema giuridico di garanzia delle libertà ancora in divenire, sia pure avendo registrato significativi progressi in tale direzione nell'ultimo decennio,

impegna il Governo:

a esprimere alle autorità cinesi la preoccupazione del popolo italiano affinché siano poste in atto tutte le misure necessarie e utili alla salvaguardia della specificità culturale e religiosa della popolazione di nazionalità tibetana qualora si verificasse che i processi di modernizzazione in atto la compromettano;

a esprimere alle autorità cinesi la preoccupazione del popolo italiano affinché nel controllo di attività separatiste vengano adottate tutte le garanzie del rispetto dei diritti individuali e delle collettività locali che il diritto interno cinese già prevede nonché a invitare le autorità cinesi a ulteriormente progredire nello stabilire una legislazione in merito alle libertà individuali che, tenendo conto delle peculiari condizioni della realtà cinese, cammini nella direzione indicata dalla coscienza dei diritti della persona umana sviluppata nelle grandi civiltà dell'umanità e codificati nelle dichiarazioni degli organismi internazionali nei quali la Cina ha parte importante.

(100106)

GAWRONSKI, PIANETTA, PERA, VERTONE GRIMALDI, TERRACINI, SELLA DI MONTELUCE, TOMASSINI, DI BENEDETTO, DE ANNA.

Il Senato, considerato: che la regione del Tibet e il suo originario popolo hanno una caratterizzazione culturale specifica, diversa da quella prevalente nel resto della Cina;

che dopo l'occupazione militare del Tibet da parte della Cina si è verificato un progressivo e consistente insediamento di popolazione di etnia han in questa regione;

che le autorità di Pechino hanno attuato una politica di omogeneizzazione su tutto il territorio cinese, inclusa la regione dell'Estremo Occidente della Cina, dove vive il popolo turcofono degli Uighuri, di religione musulmana;

che la Cina, sotto la spinta della modernizzazione e della »economia di mercato socialista , si trova ora a fronteggiare, più che in passato, le spinte autonomiste delle varie regioni del suo territorio;

che il rappresentante del popolo tibetano in esilio non chiede la secessione ma una maggiore autonomia e più garanzie per i diritti individuali,

impegna il Governo a promuovere colloqui diplomatici con la Cina affinché siano poste in essere iniziative che, attraverso il dialogo politico, possano garantire alle tante nazionalità che vivono sul territorio cinese di esprimere pacificamente la propria identità culturale e religiosa.

(100109)

Risoluzione approvata

Il Senato, tenuto conto:

che la popolazione tibetana ha conservato nella storia una propria identità etnica e culturale, e una visione religiosa maggioritaria (accanto a un espressione minoritaria rappresentata ancor oggi dalla religione Bon) che ha fatto del buddismo lamaista un'esperienza originale rispetto al più generale credo buddista che, insieme a taoismo e confucianesimo, ha impregnato la società e la cultura cinesi;

che, proprio in forza di questi suoi caratteri originali, il Tibet ha sempre goduto di un'ampia autonomia politica e amministrativa, sia in seno all'Impero cinese sotto la dinastia Qing, che come patria di una delle cinque maggiori etnie (simboleggiate dai cinque colori dell'allora bandiera nazionale) su cui si fondava politicamente la prima repubblica cinese;

che gli imperativi del processo di modernizzazione in atto in tutta la Cina possono portare in Tibet, insieme agli innegabili benefici economici e sociali, anche a negative ripercussioni su un ambiente naturale e su stili di vita che rappresentano il cuore dell'identità culturale e religiosa tibetana;

che la lacerazione storica rappresentata dalla rivolta tibetana del 1959 non è stata superata, come le ricorrenti turbolenze della regione e le attività separatiste all'interno e all'estero dimostrano, rendendo più che mai necessaria la ripresa di un dialogo costruttivo tra il Dalai Lama e il Governo cinese, che, più in generale, le Autorità di Pechino hanno condotto una forte politica di omogeneizzazione su tutto il territorio anche attraverso un massiccio invio di rappresentanti governativi,

impegna il Governo:

a farsi interprete presso il Governo cinese, anche nel quadro del dialogo bilaterale sui diritti umani, delle preoccupazioni che anche il popolo italiano nutre circa i rischi di una progressiva perdita di identità che il Tibet, corre concretamente in assenza di misure che garantiscano effettivamente quell'autonomia di cui dovrebbe già godere;

a sollecitare il Governo cinese a garantire, nell'interesse stesso della stabilità e del progresso civile del Tibet, il rispetto dei diritti fondamentali della persona e delle locali collettività anche nell'attività di mantenimento dell'ordine pubblico, esprimendo la disponibilità del Governo italiano a collaborare con le Autorità cinesi per lo sviluppo del sistema giudiziario e più in generale delle fonti del diritto della Repubblica Popolare Cinese;

a sollecitare, in ogni utile occasione, il Governo cinese a riprendere il dialogo con il Dalai Lama di cui apprezza l'impegno per avviare un costruttivo processo che porti a una pacifica composizione delle attuali profonde divergenze, ripristinando la libertà culturale e religiosa del popolo tibetano, nonché la sua autonomia e il rispetto dei suoi esponenti;

a rappresentare al Governo cinese, nelle sedi opportune e nelle occasioni che si presenteranno, il vivo auspicio del Governo italiano per il pieno rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo nel Tibet, con particolare riferimento al bambino Gedhun Choekyi Nyima, alla sua famiglia e a tutti coloro che, per motivi politici e religiosi, ne siano e stati privati;

a operare in tal senso in tutte le sedi internazionali competenti, a cominciare dalla Commissione sui Diritti dell'Uomo delle Nazioni Unite.

INTERVISTA A LUIGI COLAJANNI

L'onorevole Luigi Colajanni, vice presidente del Gruppo socialista al Parlamento Europeo, ha guidato una delegazione di europarlamentari socialisti che ha visitato la Cina alla fine dell'ottobre scorso. Tibet News Italia ha intervistato l'onorevole Colajanni al suo ritorno in Europa.

Onorevole Colajanni, l'agenzia Nuova Cina parlando del viaggio in Cina della delegazione del gruppo socialista al Parlamento Europeo, ha scritto, citiamo testualmente: " L'on. Colajanni ha osservato che, guidate dalla politica delle riforme e delle aperture iniziata da Deng Xiaoping, diverse parti della Cina - incluso il Tibet - hanno raggiunto un forte sviluppo economico, fatto che ha prodotto una forte impressione tra i membri della delegazione". Lei conferma di aver fatto queste dichiarazioni? E in caso contrario cosa ha detto veramente ai rappresentanti cinesi con cui si è incontrato?

Confermo che le riforme economiche hanno dato risultati soprattutto nelle regioni costiere e in alcune grandi città. Non così nelle campagne e nelle regioni interne. Quanto al Tibet, poiché tuttora il reddito pro capite è di circa 100 dollari l'anno, uguale a quello del Bangladesh, esso si trova in condizioni di arretratezza. Anzi ritengo che il miglioramento delle condizioni di vita soprattutto nelle campagne tibetane debba essere un obiettivo degli amici del Tibet. Difendere la cultura, l'identità e l'ambiente del Tibet è essenziale ma ci vuole un'idea di sviluppo compatibile altrimenti si rischia di non essere compresi anche dai tibetani che vogliono migliorare la loro condizione. Strade, opere idrauliche o altro sono necessarie a certe condizioni.

Ai dirigenti cinesi e tibetani abbiamo detto che avere un reddito di 100 dollari dopo quaranta anni di presenza cinese è un fallimento clamoroso.

Avete sollevato, con i dirigenti cinesi, i problemi della democrazia e dei diritti umani? E ci può brevemente riassumere l'impressione che ha avuto nel corso del suo viaggio in Cina?

In ogni colloquio abbiamo detto che su diritti umani e democrazia la Cina continua a essere criticata nel mondo; che le autorità cinesi devono accettare il dialogo su questo come condizione di un rapporto politico con i partiti socialisti; che le riforme costituzionali e politiche sono inevitabili.

L'impressione è che ci sia chi comprende l'inevitabilità di andare verso una forma di democrazia... ma si tratta di una minoranza. Prevale invece una politica che unisce nazionalismo e mercato, apertura economica e autoritarismo politico. Ciò provoca e provocherà contraddizioni crescenti con i ceti economici emergenti e rafforzerà i riformatori; ma siamo ancora lontani da un simile scenario. D'attuale c'è la spinta all'autonomia finanziaria e gestionale di molte regioni e il peso maggiore dell'Assemblea del Popolo rispetto al Partito.

Quali sarebbero, secondo lei, i passi che la comunità internazionale dovrebbe fare per convincere Pechino ad aprire un serio tavolo di trattative con il Dalai Lama e il suo governo in esilio?

La comunità internazionale finora non ha fatto nulla, anzi molti Paesi fanno affari e non sollevano problemi di diritti umani o di Tibet. Occorre una pressione pubblica, esplicita e convergente dei più importanti capi di Stato di Europa, USA e Giappone per chiedere l'apertura di colloqui ufficiali sull'autonomia del Tibet. Le posizioni del Dalai Lama espresse a Strasburgo sono una base valida e risolvono la pregiudiziale cinese sull'indipendenza, non c'è più ragione per non aprire il dialogo.

Più o meno nei giorni in cui la delegazione socialista era in Cina, Wan Dan, uno dei più noti oppositori, è stato condannato a 11 anni di carcere per reati d'opinione. E altri due giovani dissidenti, Liu Xiaobao e Wang Xize, sono stati denunciati (il primo è stato purtroppo arrestato mentre il secondo è riuscito a riparare all'estero) per avere chiesto al loro governo di aprire negoziati con il Dalai Lama. Lei come giudica un regime che esprime un tale livello di violazione dei diritti umani e delle libertà democratiche?

Durante i colloqui con i dirigenti di partito abbiamo sollevato il caso di Wan Dan, Liu Xiaobao e Wang Xize. Al ritorno dalla Cina io stesso ho presentato una risoluzione dopo la condanna di Wan Dan a nome del gruppo socialista.

Ritiene che l'aver assegnato al dissidente Wei Jingsheng, in carcere da oltre 16 anni, il Premio Sacharov sia stata una saggia decisione del Parlamento Europeo?

Il nostro gruppo ha votato per assegnare il Premio Sacharov a Wei Jingsheng e i dirigenti cinesi hanno annullato per protesta l'incontro più importante, quello con il presidente della Commissione Esteri dell'Assemblea. Il nostro giudizio è chiaro: dobbiamo dialogare con le autorità cinesi ma non a scapito di una ferma e chiara condanna di ogni violazione dei diritti umani.

Il Dalai Lama ha più volte ricordato, lo ha fatto anche durante il suo ultimo discorso al Parlamento Europeo, che "il tempo sta volando via" per quanto riguarda la salvezza della civiltà tibetana dal definitivo annichilimento. Lei, anche alla luce del suo recente viaggio in Cina, quale strategia si sente di consigliare sia al Dalai Lama sia ai Tibet Support Groups?

Mi attengo all'opinione che Sua Santità il Dalai Lama mi ha dato a proposito di andare o non andare in Cina. Andare e dialogare è essenziale per esercitare la massima pressione; per questo siamo andati.

Il tempo vola e bisogna ottenere al più presto una autonomia che consenta di autogestire la società tibetana. Condannare la Cina non basta, occorre ottenere dai propri governi un impegno politico sulla richiesta di aprire un dialogo sul Tibet e moltiplicare gli incontri con i dirigenti cinesi. L'isolamento favorisce il nazionalismo e la chiusura.

NEWS

Pechino ammette la detenzione di Ngawang Choephel.

Washington D.C., 15 0ttobre 1996. Shao Wenquang, consigliere dell'ambasciata cinese a Washington D.C. ha dovuto ammettere, dopo aver ricevuto oltre cinquanta lettere di protesta da parte di altrettanti membri del Congresso statunitense ed esponenti di organizzazioni umanitarie, che il giovane studioso tibetano Ngawang Choephel è stato arrestato in Tibet mentre svolgeva una ricerca sulle radici del teatro tibetano sotto l'accusa di "spionaggio" e "attività separatiste istigate dalla cricca del Dalai Lama". Il governo tibetano in esilio ha smentito categoricamente queste accuse e ribadito che il motivo della presenza in Tibet di Ngawang Choephel, un profugo tibetano con documenti di viaggio indiani, era esclusivamente culturale.

Il Tibet causa della modernizzazione militare cinese.

Pechino, 28 ottobre 1996. In un rapporto ufficiale è scritto che la possibilità di conflitti con Taiwan e in Tibet è il motivo principale delle enormi spese di rimodernizzazione militare intraprese da Pechino. Yan Xuetong, direttore dell'Institute of Contemporary International Relations ha tra l'altro affermato: "Con l'appoggio economico e politico dell'Occidente, i separatisti tibetani guidati dal Dalai Lama stanno compiendo ogni sforzo per separare il Tibet dalla Cina".

Radio Free Asia in onda.

Washington D.C., 18 novembre 1996. Mr. Richard Richter, direttore dell'emittente, ha annunciato l'inizio dei programmi in tibetano di "Radio Free Asia". Si tratta di trasmissioni in onde corte della durata di mezz'ora e che vengono ripetute tre volte al giorno.

Monaci di Drepung ancora in prigione dopo nove anni.

Dharamsala, novembre 1996. Secondo quanto riferito da due monaci recentemente fuggiti dal Tibet, Jampal Tsering e Ngawang Rinchen, la maggior parte dei religiosi del monastero di Drepung arrestati per aver inscenato manifestazioni di protesta il 27 settembre 1987 sono ancora in prigione e versano tutti in cattive condizioni di salute.

La Walt Disney non si piega alle minacce di Pechino.

Hollywood, 27 novembre 1996. La Walt Disney ha deciso di non piegarsi al diktat di Pechino che ha minacciato di bandire la casa di produzione e distribuzione da tutto il territorio cinese se porterà a termine la produzione e la distribuzione di "Kundun", un film sulla vita del Dalai Lama per la regia di Martin Scorsese. Kong Min, un funzionario del "Film Bureau of the Ministry of Radio Film and TV" di Pechino aveva pronunciato queste minacce nel corso di una conferenza stampa in cui aveva anche detto: "Ci opponiamo risolutamente alla realizzazione di questo film che vuole glorificare il Dalai Lama ed è una intollerabile interferenza negli affari interni della Cina". La decisione della Walt Disney è giunta dopo una forte campagna di sensibilizzazione tra gli attori americani guidata, tra gli altri, da Richard Gere, Harrison Ford e Steven Seagal.

Nessuno morì in Piazza Tienanmen: parola di Pechino.

Washington D.C., 10 dicembre 1996. Chi Haotian, ministro della difesa cinese, ha affermato che nessun dimostrante era stato ucciso durante la repressione del movimento degli studenti della Tienanmen e che vi erano stati solo alcuni "problemi" durante lo sgombero della piazza. Chi Haotian ha anche detto che, "i mass media avevano deliberatamente esagerato la portata degli incidenti". All'epoca del massacro Chi Haotian era stato il generale incaricato della spietata repressione del movimento degli studenti.

Scalatori francesi boicottano una spedizione sull'Everest.

Parigi, 23 dicembre 1996. In segno di protesta contro la politica repressiva di Pechino in Tibet un gruppo di importanti scalatori francesi si è rifiutato di prendere parte a una spedizione alpinistica franco-cinese sul Monte Everest. La spedizione è stata quindi annullata tra le furibonde proteste di Pechino.

Una bomba esplode a Lhasa.

Lhasa, 25 dicembre 1996. Una bomba di media potenza è esplosa di fronte alla sede del Distretto Metropolitano di Polizia della capitale tibetana. Si è trattato del quarto attentato dinamitardo del 1996 avvenuto a Lhasa.

Ngawang Choephel condannato a 18 anni per spionaggio.

Lhasa, 26 dicembre 1996. Secondo quanto riferito da Radio Lhasa, il giovane studioso Ngawang Choephel che si trovava in Tibet per le sue ricerche sulle radici del teatro tibetano è stato condannato a 18 anni di carcere per "spionaggio". La durissima sentenza, pronunciata 15 mesi dopo l'arresto, sostiene che le ricerche culturali del giovane Ngawang Choephel (che è anche il primo tibetano a essere stato insignito del prestigioso Premio Fulbright) erano solo una copertura per le sue "...attività spionistiche istigate dalla cricca del Dalai e da circoli stranieri ostili alla Cina".

Un film girato clandestinamente in Tibet.

New York, 18 gennaio 1997. Una piccola troupe cinematografica della casa di produzione indipendente Paul Wagner Productions è entrata in Tibet dove ha girato segretamente alcune scene di "Wind Horse" un film che tratta della crisi di coscienza di una pop star tibetana ben vista dall'establishment cinese di fronte alle drammatiche condizioni in cui versa il Tibet. Il ruolo della cantante è interpretato da Dadon, una vera artista tibetana che fuggì dal Tibet alcuni anni or sono e oggi vive e lavora negli U.S.A.

Assassinati a Dharamsala Geshe Lobsang Gyatso e due suoi studenti.

Dharamsala, 4 febbraio 1997. Un tragico fatto di sangue ha sconvolto la comunità tibetana di Dharamsala. Uno dei più venerati maestri della scuola Gelug-pa, Geshe Lobsang Gyatso, e due suoi studenti sono stati accoltellati a morte a poche centinaia di metri dalla residenza del Dalai Lama. Secondo la polizia indiana gli assassini potrebbero appartenere alla setta di adoratori di Sugdhen, un gruppo di fanatici integralisti che accusano il Dalai Lama di aver "venduto" l'autentica tradizione buddhista tibetana a causa del suo spirito tollerante, antisettario e laico. Gli adepti del culto dello Shugden sognano un Tibet integralista, rigidamente controllato dal clero (in modo particolare da quello della scuola Gelug-pa) e assolutamente impermeabile a qualsivoglia influenza esterna. Nonostante accusino il Dalai Lama anche di aver "svenduto" ai cinesi la causa tibetana rinunciando all'indipendenza del Tibet, molti osservatori ritengono che dietro la setta ci possa essere la longa manus di Pechino interessata a scred

itare il Dalai Lama e a creare fratture all'interno della comunità tibetana. Geshe Lobsang Gyatso, autore di numerosi libri sul Buddhismo e direttore della prestigiosa Scuola Buddhista di Dialettica di Dharamsala era uno dei più noti oppositori delle posizioni integraliste della setta degli adoratori di Shugden e in più occasioni aveva pubblicamente messo in guardia contro il loro settarismo e integralismo.

E' morto il "Piccolo Timoniere", la Cina senza Deng Xiaoping.

Pechino, 19 febbraio 1997. E' stato dichiarato ufficialmente morto Deng Xiaoping, il dirigente comunista cinese che portò la Cina fuori dalle follie e dai deliri della Rivoluzione Culturale e l'aprì a una nuova stagione di crescita economica e di un relativo e ineguale benessere. Deng aveva però anche resistito a tutte le richieste di far seguire aperture politiche a quelle economiche ed era sicuramente corresponsabile della feroce repressione in Tibet e del massacro di piazza Tienanmen. La sua lunga malattia ha dato modo al vertice comunista cinese di preparare una successione morbida e senza scosse nel breve periodo. Cosa potrà invece accadere nel medio e nel lungo periodo nessuno è in grado di dirlo.

Provati casi di cannibalismo nella Cina maoista.

San Francisco, 25 febbraio 1997. Hanno fatto scalpore negli U.S.A. le ricerche di due studiosi, uno cinese, Zheng Yi, e l'altro occidentale, Jasper Becker, che hanno pubblicato nel corso del 1996 due libri, "Scarlet Memorial: Tales of cannibalism in Modern China" e "Hungry Ghosts: China's secret famine" in cui portano abbondanti prove di numerosi episodi di cannibalismo avvenuti nella Cina maoista. Nel suo libro Zheng Yi documenta soprattutto numerosi casi di cannibalismo "ideologico" praticato in alcune regioni cinesi ai tempi della Rivoluzione Culturale come estremo segno di disprezzo nei confronti dei "nemici di classe" prima pubblicamente umiliati, poi uccisi e quindi mangiati. La ricerca di Becker è invece rivolta alla grande carestia seguita al Grande Balzo in Avanti voluto alla fine degli anni '50 da Mao per cercare di recuperare terreno all'interno del Partito Comunista dove la fazione di Liu Shaqi e Deng Xiaoping stava cercando di esautorarlo. Nel caso del Grande Balzo in Avanti il cannibalismo prat

icato era dovuto non a motivi ideologici ma alla terribile mancanza di cibo causata dalla folle politica imposta da Mao all'intero Paese e che causò oltre trenta milioni di morti per fame.

In migliaia da tutta Europa a Ginevra per il Tibet.

Ginevra, 9-10 marzo 1997. Una grande manifestazione europea per il Tibet si è tenuta a Ginevra il 9 e il 10 marzo e ha visto la partecipazione di cinquemila persone. Organizzata dall'Intergruppo Tibet del Parlamento Europeo, dalle Comunità Tibetane in Europa, dal Coordinamento dei Tibet Support Group europei e dal Partito Radicale, la manifestazione ha avuto un buon successo nonostante diversi problemi di ordine logistico che si sono dovuti superare. Particolarmente importante la convinta adesione alla dimostrazione di numerosi esponenti di primo piano del dissenso cinese (tra cui Wei Wen Shan, la sorella di Wei Jingsheng) e dei movimenti di resistenza del popolo uighuro e mongolo.

Storica visita del Dalai Lama a Taiwan.

Taipei, Taiwan, 28 marzo 1997. Dal 22 al 28 marzo il Dalai Lama ha compiuto una storica visita a Taiwan (Formosa) dove è stato accolto con grande cordialità sia dalla stragrande maggioranza della popolazione sia dalle autorità politiche. Era la prima volta, dalla sua visita a Pechino nel 1954-55, che il leader tibetano metteva piede in territorio cinese e si è trattato di un evento di estrema importanza culturale, religiosa e politica. Nel corso della sua permanenza il Dalai Lama ha dato diversi insegnamenti religiosi davanti a decine di migliaia di buddhisti cinesi (solo nello stadio della città portuale di Kaohsiung si erano radunate per ascoltarlo oltre cinquantamila persone) e ha incontrato le principali personalità del mondo politico taiwanese tra cui lo stesso Presidente Lee Teng-hui che ha dato al Dalai Lama un cordialissimo benvenuto non tenendo in alcun conto le solite (e scontate) minacce di Pechino. Come risultato di questa visita il Dalai Lama dovrebbe aprire nella capitale Taipei un suo ufficio

nei prossimi mesi.

Ancora una volta Pechino vince alle Nazioni Unite.

Ginevra, 18 aprile 1997. Si è conclusa con una netta sconfitta delle ragioni della democrazia, della libertà e dei diritti umani l'annuale sessione della Commissione per i Diritti Umani dell'ONU tenutasi a Ginevra nei mesi di marzo e aprile. Una equilibrata mozione che criticava la Repubblica Popolare Cinese per gli abusi dei diritti umani compiuti sul suo territorio e in Tibet non è stata potuta nemmeno essere discussa per l'opposizione di Pechino. Infatti quando la Danimarca, sostenuta dagli USA e da altri Paesi ha introdotto la mozione, la Cina Popolare ha controbattuto chiedendo di valersi della "No action motion", un escamotage per non consentire la discussione. Escamotage che, come ha fatto notare il rappresentante della Gran Bretagna, non era mai stato usato nemmeno dal Sud Africa razzista o dall'Unione Sovietica di Breznev. La Cina Popolare ha chiesto comunque di votare la sua "No action motion" che è passata con 27 voti a favore, 17 contrari e 9 astensioni. Nel corso del lungo dibattito che ha prece

duto la votazione si sono distinti per servilismo nei confronti della Cina comunista i rappresentanti di Algeria, Cuba Angola e Pakistan che hanno sostenuto che discutere di questi argomenti (le violazioni dei diritti umani perpetrate da Pechino) è un nonsenso e uno spreco dei danari dei contribuenti. L'Italia, che non aveva co-sponsorizzato la mozione presentata dalla Danimarca, ha comunque votato contro la "No action motion" e ha detto che avrebbe votato in favore della mozione danese.

Chadrel Rinpoche condannato.

Shigatse, 21 aprile 1997. Chadrel Rinpoche, capo del "Comitato per la ricerca della nuova incarnazione del Panchen Lama", è stato condannato a 5 anni di carcere per "aver rivelato segreti di stato". La colpa di Chadrel Rinpoche, che gli stessi cinesi avevano posto a capo del "Comitato", è stata quella di mettere al corrente il Dalai Lama dei risultati delle ricerche relative alla nuova incarnazione del Panchen Lama.

Ganchen Rinpoche contestato duramente dai tibetani.

Secondo quanto riporta il numero di Giugno della Tibetan Review, "Le sezioni nepalesi dell'Association of the Three Provincies of Tibet, della Tibetan Women's Association e del Tibetan Youth Congress hanno scritto una lettera comune a Ganchen Lama protestando contro l'omaggio e l'offerta del mandala resi al falso Panchen Lama installato dal governo cinese durante la sua recente visita in Cina. La lettera afferma che la storia del Tibet è piena di casi in cui alcuni aristocratici e in particolare cosiddetti lama sono stati allettati dai differenti governi cinesi a sacrificare i più alti interessi del Paese e del popolo in favore dei propri egoistici interessi personali. Per il vostro gesto di offrire il mandala al falso Panchen Lama di fronte ai dirigenti cinesi, come è stato documentato e trasmesso dalla TV cinese, i tibetani, dentro e fuori il Tibet, non potranno non considerarvi solidale con i pochi che hanno abbandonato la loro causa e sono divenuti traditori della loro nazione".

100mila al Concerto per il Tibet.

New York, 8 giugno 1997. Centomila persone, in maggioranza giovani e giovanissimi, hanno partecipato al Tibetan Freedom Concert tenutosi a New York il 7 e l'8 giugno. Organizzato dal Milarepa Fund (organizzazione politico-culturale fondata dal gruppo musicale dei Beastie Boys), dagli Students for a Free Tibet e da altre organizzazioni, il Tibetan Freedom Concert ha bissato lo straordinario successo di pubblico che aveva ottenuto un analogo evento musicale tenutosi nel giugno dello scorso anno a San Francisco. Tutti gli artisti intervenuti, dai Beastie Boys agli U2, da Patti Smith a Ben Harper, da Bjork ai A Tribe Called Quest, ai Rem e a tanti altri hanno sottolineato come la loro partecipazione fosse un atto di adesione umana e politica alla lotta non violenta del popolo tibetano.

comunicazioni DaLL'ASSOCIAZIONE

S.S. il Dalai Lama a Gorizia il prossimo 11 settembre

Il prossimo 11 settembre Sua Santità il Dalai Lama sarà ospite dell'Università degli Studi di Trieste, presso la sede di Gorizia, ove gli sarà conferita la laurea honoris causa in Scienze Internazionali e Diplomatiche. Il programma della visita di Sua Santità è ancora in fase di definizione. Chiunque desiderasse maggiori informazioni è pregato di contattare l'Associazione oppure il Segretario del Comitato organizzatore della visita del Dalai Lama a Gorizia, professor Federico Battera, al numero 040/577364.

Si è tenuta a Rimini l'Assemblea annuale dei Soci

Il 25 maggio si è tenuta a Rimini l'Assemblea dei Soci 1997. La riunione, svoltasi come ormai è consuetudine presso l'Hotel Villa Lalla, è stata particolarmente interessante e i soci presenti hanno dimostrato di apprezzare la nuova formula che prevedeva la formazione di 5 gruppi di lavoro, ognuno dei quali chiamato a discutere ed esprimersi in merito a un determinato argomento. Sono così emerse le principali direttive sulle quali articolare il nostro lavoro per il prossimo anno, a cominciare dalle azioni concrete da intraprendere a livello politico, alle misure necessarie per dare maggiore organicità ed efficienza agli aiuti ai profughi, a come organizzare meglio il lavoro dell'Associazione e le sue risorse.

Il lavoro è subito cominciato e sta già producendo i primi risultati. Ci siamo impegnati e stiamo lavorando per fornire ai Soci, a partire dal prossimo Autunno, un notiziario più agile e puntuale e per migliorare le comunicazioni con gli iscritti e, in particolare, con i referenti di zona.

Inoltre sono stati fissati la data e il luogo in cui si svolgerà il seminario "Comunicare il Tibet", pensato per fornire ai Soci che lo desiderino l'opportunità di approfondire la conoscenza della storia del Tibet e dell'intera questione tibetana e le linee guida per l'organizzazione e la gestione di eventi, quali mostre, proiezioni, conferenze, dibattiti.

Seminario "Comunicare il Tibet"

I prossimi 20 e 21 settembre alla Casa del Tibet di Votigno di Canossa (RE) avrà luogo il primo seminario "Comunicare il Tibet" organizzato dall'Associazione. L'inizio dei lavori è fissato alle 11.00 di sabato 20 settembre e terminerà alle 16.30 di domenica 21 settembre.

Relatori: Piero Verni, Claudio Cardelli, Adolfo Morganti e Stefano Dallari.

La quota di partecipazione è fissata in Lire 100.000 (3 pasti, colazione e pernottamento).

Affrettatevi a dare la vostra adesione perché è previsto un numero massimo di 15 partecipanti.

Per informazioni e/o iscrizioni: Fiammetta Frattini 0543/20101

Claudio Cardelli 0541/50751

Stefano Dallari 0522/877288

"Aiutateci ad aiutarli" - Estrazione dei biglietti vincenti

Nel corso dell'Assemblea annuale dei soci tenutasi a Rimini il 25 maggio 1997, sono stati estratti i biglietti vincenti della seconda edizione dell'iniziativa di beneficenza a favore dell'Associazione Italia-Tibet "Aiutateci ad aiutarli". Vivissima l'attesa, anche per la particolarità e l'importanza del primo premio, quest'anno consistente in un biglietto a/r Milano-Kathmandu. Ancora una volta soci e amici si sono mobilitati con grande slancio e generosità rendendo possibile il pieno successo della manifestazione. Vogliamo ringraziarli tutti di cuore anche, e soprattutto, da parte dei tibetani. Desideriamo inoltre esprimere un particolare ringraziamento alla Fiorenza Tours Operator che, in collaborazione con l'Associazione Italia-Tibet, ci ha consentito di mettere in palio un primo premio tanto prestigioso. Ma il nostro pensiero va, in uguale misura, ai soci, agli amici conosciuti e a quelli senza volto che hanno voluto onorare la nostra iniziativa e farci dono della loro fiducia.

Ecco l'elenco dei fortunati vincitori.

1· premio Viaggo a/r Milano - Kathmandu Alessandro Beretta Milano

2· premio Tappeto tibetano Pino Tosi Milano

3· premio Gioiello tibetano Elisabetta Nobile Milano

4· premio Statuetta raffigurante Buddha Maddalena Razzetto Santena

Premi minori:

Video "Il mio Tibet" di P.Verni e K.Chukey

Roberta Lombardi Milano

Patrizia Rotondo Milano

Luisa Indovini Milano

Debbie Carrani Milano

Ivana Flamigni Faenza

Volumi "Tibet, storia di una tragedia" di C.Levenson

A.R. Pellegri Ascona

Donata Monza

Mauro Scibetta Milano

Giuliano Genga Pesaro

Paola Bugli Rimini

Luciana Tomasi Bolzano

Grazia Montanelli Oggiono

Stefano Baldacci Savignano

G. Marco Lovera Bolzano

F. Maronati Milano

Magliette "Free Tibet"

Rosa Lo Fano Torino

V. Velicogna Milano

Julia Mitterdorfer Bolzano

Lorenzo Schön Milano

Massimo Orsi Lucca

R. Gliubich Forlì

Massimo Fiorini Milano

Claudio Maffezzoli Milano

Robert Eccel Bolzano

Aldo Conci Bolzano

Marco Giannini Arese

Candida Casali Milano

Nicoletta Conti Forlì

Stefano Coppini Firenze

Giancarlo Ventura Milano

Concerto "Born in the USL"

Il prossimo 15 novembre al "Naima Jazz Club" di Forlì avrà luogo un concerto battezzato "Born in the USL", in cui operatori sanitari (medici, informatori medico-scientifici, infermieri) si esibiranno in musiche degli anni '60-'70. I proventi dell'iniziativa verranno devoluti a favore di un ospedale per profughi tibetani.

ATTIVITA' DELL'ASSOCIAZIONE

Bolzano, 28 ottobre 1996. Un numeroso gruppo di soci e simpatizzanti bolzanini ha preso parte alla visita del museo di Heinrich Harrer in Carinzia (Austria). Ospite e "cicerone" d'eccezione lo stesso Harrer che ha ricevuto i partecipanti e si è cordialmente intrattenuto con loro. L'organizzazione dell'evento è stata curata da Günther Cologna.

Milano, 19 novembre 1996. Il Lions Club Milano Host ha organizzato una serata interamente dedicata alla questione tibetana e, in particolare, agli aiuti ai piccoli profughi attraverso le adozioni a distanza. Nel corso della manifestazione è stato proiettato il video "Il mio Tibet". Per l'Associazione erano presenti Piero Verni e Vicky Sevegnani. Un particolare ringraziamento al Lions Club Milano Host e al suo Presidente Carlo Cassamagnaghi per la cortesia e la generosità dimostrata.

Bolzano, 22-26 novembre 1996. Organizzata a cura dell'Associazione Italia-Tibet e dell'Associazione per i Popoli Minacciati si è tenuta a Bolzano la seconda edizione della rassegna dei film sul Tibet. Nel corso dei cinque giorni di programmazione sono stati proiettati sette filmati tra cui "Il mio Tibet"di Piero Verni e Karma Chukey, presenti a Bolzano il 24 novembre sia in veste di autori sia di relatori.

Renate (Mi), 28 novembre 1996. Nell'ambito della manifestazione "Sentieri nel Mondo - In cammino attraverso le culture dei popoli" organizzata a cura del Comune di Renate in collaborazione con l'Associazione Tushita e l'Associazione Italia-Tibet, Piero Verni ha parlato sul tema : "Simboli, guarigioni e tecniche della mente nella cultura del Tibet".

Milano, 30 novembre 1996. Su iniziativa di Italia Democratica e con la partecipazione, tra gli altri, di Amnesty International e della Lega per i Diritti dei Popoli, si è svolta presso l'Auditorium S. Carlo la conferenza-dibattito: "I diritti umani e civili nel mondo". Per la nostra Associazione, Nanni Ribaldone ha parlato sul tema delle persecuzioni etnico-religiose in Tibet.

Torino, 24-25 gennaio 1997. L'ISCOS-CISL Piemonte e L'Associazione Italia-Tibet hanno organizzato presso la sala conferenze dell'Istituto Avogadro di Torino due serate di solidarietà con il popolo tibetano nel corso delle quali sono stati proiettati alcuni filmati inediti e di grande interesse riguardanti la cultura e la storia del Tibet.

Piero Verni per l'Associazione Italia-Tibet e Carlo Daghino per l'Iscos-Piemonte sono stati i relatori nel corso della prima serata. Il giorno successivo hanno preso invece la parola Karma Chukey, rappresentante della comunità tibetana e Claudio Tecchio della Cisl-Piemonte.

Roma, 25 gennaio 1997. Presso la sede del Centro Moravia si è tenuta un'affollata conferenza sul tema: "Tibet, perché non se ne parla?". A nome dell'Associazione Italia-Tibet, Francesco Pullia ha parlato della colonizzazione attuata in Tibet dal governo di Pechino e ha invitato il pubblico a sostenere la lotta non violenta del popolo tibetano.

Locarno, 29 gennaio 1997. Presso la biblioteca cantonale di Locarno, il locale Comitato Promotore "Amici del Tibet", in collaborazione con la nostra Associazione, ha organizzato l'incontro "Tibet cuore dell'Asia - un popolo e una cultura minacciati". Alla manifestazione, nel corso della quale è stato proiettato il video "Il mio Tibet", erano presenti, in qualità di relatori, Piero Verni e Karma Chukey. Coordinamento a cura di Silvia Lombardi.

Pisa, 1 febbraio 1997. L'Associazione Casa della Donna di Pisa ha organizzato un incontro sul tema "Storie e percorsi di donne nel mondo: le donne tibetane". Alla manifestazione, cui ha collaborato l'Amministrazione provinciale e il Comitato per le pari opportunità dell'Università di Pisa, hanno partecipato Karma Chukey, vicepresidente della comunità tibetana in Italia, Carmen Leccardi, Segretario Nazionale dell'Associazione Italia-Tibet e Donatella Barazzetti, membro dell'Associazione e docente presso l'Università della Calabria.

Firenze, 5-6 marzo 1997. Una mostra fotografica e una serie di incontri e proiezioni video sono stati presentati in occasione della manifestazione "Sahara occidentale e Tibet", organizzata dal Centro DEA e dall'Associazione Italia-Tibet con il patrocinio del Quartiere 1 del Comune di Firenze. Nel corso della prima serata, alla quale ha presenziato il Lama tibetano Ciampa Tringley, è stato proiettato il filmato "Il mio Tibet". Angelo Bonfiglio, esponente dell'Associazione Italia-Tibet, ha preso la parola nel corso della serata successiva illustrando alcuni aspetti della questione tibetana.

Lugano, 6 marzo 1997. Per iniziativa di Deborah Haschke, si è tenuta a Lugano, nella sala Giacometti dell'Hotel de la Paix, una conferenza stampa di Piero Verni, che ha illustrato ai giornalisti presenti, le principali caratteristiche della resistenza tibetana all'oppressione cinese.

Brunico, 15-22 marzo 1997. Il Centro Giovanile di Brunico in collaborazione con l'Associazione Italia-Tibet si è fatto promotore del primo "Free Tibet Rock Festival" cui hanno preso parte diversi complessi musicali di varia provenienza tra i quali i "Purtag Brothers", un gruppo formato da giovani tibetani residenti in Svizzera. Nell'arco della settimana, il Museo di Brunico ha ospitato una mostra fotografica sul Tibet e, per l'occasione, anche le vetrine di numerosi negozi della città hanno esposto fotografie del "Paese delle Nevi" e ritratti del Dalai Lama. La manifestazione si è conclusa con un dibattito sul futuro politico del Tibet cui hanno preso parte Gyaltsen Gyaltag, Tsewan Norbu e, per l'Associazione Italia-Tibet, Günther Cologna.

Bolzano, 22 marzo 1997. Nel corso di una serata organizzata a cura di Günther Cologna, l'architetto svizzero Andreas Dorn e Dakpa Namgyal, un profugo tibetano residente in Svizzera, hanno presentato un progetto per la realizzazione di una struttura sanitaria nella regione del monte Kailash, nel Tibet occidentale, concepita per fornire assistenza medica ai nomadi tibetani e ai numerosi pellegrini della zona.

Genova, 17 maggio 1997. "Freedom for Tibet - una serata dedicata al Tibet per la democrazia e l'affermazione dei diritti civili in Tibet": questo l'argomento della manifestazione organizzata nella capitale ligure a cura dell'Associazione Italiana Cultura e Sport e dal Partito Radicale, in collaborazione con l'Associazione Italia-Tibet e l'Iscos Cisl-Liguria. Tra i relatori, Paolo Pobbiati, responsabile di Amnesty International, Paolo Pietrosanti per il Partito Radicale, Sergio Schintu per l'Iscos-Liguria e Gino Della Casa, Presidente dell'A.I.C.S.-Liguria. L'Associazione Italia-Tibet era rappresentata da Nanni Ribaldone.

Tibet News Italia si riceve per abbonamento (L. 30.000 annue) ed è inviato in omaggio a tutti i soci dell'Associazione Italia-Tibet.

Ricordiamo che sono previste 3 categorie di soci:

a) ordinario (L. 80.000 annue / L. 50.000 per ogni familiare o studente)

b) sostenitore (L. 150.000 annue)

c) benemerito (L. 500.000 annue)

Per il rinnovo delle quote associative e degli abbonamenti consigliamo di utilizzare il bollettino di conto corrente postale n· 24313207.

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Associazione Italia-Tibet

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