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Conferenza Tibet
Donvito Vincenzo - 17 settembre 1997
Tibet e satyagraha
Il 2 ottobre -ci fanno sapere- comincia il Sathyagrah.

Bene, i nostri amici tibetani, verso cui abbiamo avuto molta comprensione, prudenza nell'approccio per paura di sembrare invadenti, (gli stupidi due giorni di manifestazioni a Ginevra erano stati accettati prorio in questo spirito) ci hanno pagato con la peggior moneta in uso tra coloro che lottano insieme: un calcio in culo. In modo molto gentile, con quella grazia per cui rimangono inimitabili, e con lo scontato invito a seguirli. Ma loro fanno e disfanno.

Di calci in culo nella mia vita ne ho presi tanti (non per andare avanti, ma perche' mi togliessi di torno), e non saranno questi a farmi cambiare idea rispetto alla necessita' dell'abbattimento della dittatura in Cina.

Credo che andrebbe rivista la strategia, perche', ovviamente, non possiamo correre dietro al sathyagraha che parte il 2 ottobre, e non possiamo desistere dalla lotta.

Prendiamo atto di questa svolta e di questa decisione e diamo il nostro contributo non tanto ai tibetani (anche perche' non lo vogliono), ma per la denuncia e l'azione contro la Cina, a partire anche dal Tibet, ma non solo per il Tibet (perche' da solo non sara' mai liberato, specialmente con i sathyagraha della disperazione, come mi appare quello che parte il 2 ottobre), e, soprattutto, dove siamo in grado di incastonare delle spine che diano fastidio e non servano solo a metterci la coscienza a posto.

Un'indicazione di metodo, su cui riflettere e passare alle proposte, sempre che ci sia qualcuno che in questa conferenza, oltre che a leggere, abbia volta di dare il proprio corpo alla lotta per la liberta'.

 
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