Sperling & Kupfer
Giovedì 6 novembre 1997 alle ore 21
all'Ara di Diogene, Ripa di Porta Ticinese 71 Milano,
Paolo Pobbiati di Amnesty International e
Piero Verni dell'Associazione Italia-Tibet
presentano
TIBET - IL FUOCO SOTTO LA NEVE
La voce di un monaco perseguitato
di Palden Gyatso con Tsering Sakya - Prefazione del Dalai Lama
Sarà presente l'Autore
IL FUOCO SOTTO LA NEVE raccoglie la sconvolgente testimonianza di un monaco tibetano la cui esistenza ha improvvisamente imboccato una drammatica svolta e che dopo indicibili sofferenze ha voluto diffondere una pesantissima denuncia: quella delle atrocità commesse dai cinesi durante l'occupazione del Tibet.
Palden Gyatso, monaco buddhista del Monastero di Drepung, uno dei più antichi e famosi di Lhasa, era stato arrestato per la prima volta nel 1959, con l'accusa di aver preso parte alla rivolta contro l'occupazione cinese del Tibet e rilasciato nel 1973 solo per essere internato in un campo di »rieducazione attraverso il lavoro a Nyethang. Lì rimase sino al 1983, pochi mesi prima di venir di nuovo arrestato nell'agosto dello stesso anno, con l'accusa di propaganda contro-rivoluzionaria e sedizione. Nel 1985 Amnesty International ha adottato Palden Gyatso come prigioniero di opinione. Dalle approfondite indagini condotte da questa organizzazione non è mai risultato che Palden Gyatso abbia commesso azioni violente o abbia mai incitato altri a compierle; è stato arrestato, condannato e tenuto in carcere solamente per l'espressione pacifica e non violenta delle proprie opinioni. Durante la detenzione, come molti suoi compagni, è stato spesso vittima di gravi episodi di maltrattamenti e da pesanti torture da parte
delle guardie carcerarie. Rilasciato nel 1992 Palden è riuscito ad espatriare e vive, esule come altre decine di migliaia di Tibetani, a Dharamsala, sede del Governo Tibetano in esilio, nell'Himachal Pradesh, nell'India settentrionale. Da allora, ha compiuto diversi viaggi in Europa e in America, per testimoniare la propria esperienza e per chiedere giustizia per il suo popolo.
La sua drammatica vicenda è paradigmatica del dramma del popolo tibetano in quanto non si riferisce a un prigioniero particolare, cui è stato riservato un trattamento più severo, ma è comune a quella di migliaia di altri tibetani che hanno pagato o che stanno pagando, in carcere e nei campi di lavoro, la loro voglia di libertà e di indipendenza.