Colloquio con Palden GyatsoPP: Qui è Paolo Pietrosanti. Abbiamo l'onore oltre che il piacere di essere con uno dei più noti esponenti del dissenso, della opposizione al dominio cinese del Tibet. Siamo con Palden Gyatso. Palden gyatso in questi giorni è in Italia per una serie di conferenze e anche per la presentazione di un suo libro che è uscito in edizione italiana.
Palden gyatso è l'uomo che con più forza in molti paesi del mondo da quando è riuscito a fuggire dal Tibet ha denunciato le atrocità della repressione della Repubblica popolare cinese, operata nel Tibet occupato, nel Tibet invaso. Palden gyatso è colui che è riuscito a portar via scappando quegli strumenti di tortura, quei manganelli elettrici, quegli strumenti di tortura di vario genere, raccapriccianti che sono usati nelle carceri cinesi e in Tibet in particolare nell'ambito di quello che è un genocidio in atto in Tibet, un genocidio non soltanto culturale, basti pensare che un milione e duecento mila tibetani dacchéé il Tibet è stato invaso dalla Cina hanno trovato la morte a causa proprio di questa invasione.
In primo luogo voglio chiedere a Palden Gyatso, la prima domanda è intanto di raccontarci cosa sta facendo in Italia.
PG: Sono qui invitato dalla casa editrice Sperling&Kupfer, con la collaborazione di Amnesty International e della Associazione Italia-Tibet. Sono qui per cercare di denunciare in qualche modo le varie violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale che avvengono in Tibet da parte dell'autorità cinese e ovviamente sono in Italia per presentare questa terza edizione del mio libro.
PP: Il Tibet, il Dalai Lama, la causa tibetana sono sempre più conosciuti, sempre più popolari tra le persone. Come riesce questo ad aiutare la soluzione politica della questione tibetana?
PG: La linea politica che i tibetani seguono è la linea proposta dal Dalai Lama, quella che noi chiamiamo non-violenza, via di mezzo. Questa è la linea che il Dalai Lama ha proposto e tutti i tibetani seguono questa linea di non-violenza, via di mezzo e noi manteniamo la speranza di poter risolvere la causa del Tibet con questa linea pacifica.
PP: Cosa pensa della proposta di lanciare un'azione nonviolenta mondiale anche al di fuori del Tibet, quella che chiamiamo Satyagraha?
PG: Personalmente la linea o la soluzione proposta dal presidente del Parlamento, il venerabile Sambdong Rimpoche, quella che noi chiamiamo insistenza sulla verità, cioè Satyagraha, personalmente non so quando sia possibile praticare questa linea e soprattutto non so se effettivamente tramite questa linea possa prodursi qualche effetto positivo nel breve termine.
PP: E' vero che la parola Satyagraha è usata anche per intendere la proposta della lotta nonviolenta a oltranza all'interno del Tibet, e in massima parte all'interno del Tibet. Ma cosa pensa della proposta di lanciare un Satyagraha come azione, iniziativa mondiale su vari livelli, una azione nonviolenta mondiale al di fuori del Tibet?
PG: E' una soluzione eccellente, ritengo che in questo momento questa sia la soluzione eccellente. Rimane ancora qualche perplessità per il semplice fatto che le autorità degli Stati stranieri o del mondo Occidentale, compresi gli Stati Uniti, i governi, hanno relazioni economiche e commerciali con la Cina e quindi la non-violenza certamente è la soluzione che ritengo in questo momento eccellente, ma siccome questa manifestazione, protesta non violenta non avviene a livello ufficiale internazionale, quindi nell'immediato non produrrà un particolare effetto di grande efficacia, di grande livello.
PP: E allora, Palden Gyatso, come vedi la prospettiva di questi mesi, dei prossimi mesi, dei prossimi anni rispetto al Tibet?
PG: Non dico che non c'è modo di produrre alcun effetto, ne attraverso la soluzione del Satyagraha, insistenza sulla verità, né attraverso la manifestazione, la protesta non violenta in tutto il mondo; non sto dicendo che non produce nessun effetto. Volevo semplicemente dire che un effetto di un cambiamento grosso, un cambiamento particolarmente grande non ci sarà nei tempi immediati per il semplice fatto che i governi dei paesi potenti continuano ad avere un rapporto economico con la Cina e di conseguenza la Cina continua a ricattare i vari paesi potenti, che tacciono, soprattutto sui diritti umani fondamentali ecc ecc Quindi, finchéé non c'è una concreta azione da parte di questi vari paesi potenti nell'immediato sarà un po' difficile. Certo che ogni azione produce qualche effetto. Io ritengo, spero tanto che questi vari paesi potenti europei, e gli Stati Uniti, appoggino la linea, la soluzione proposta dal Dalai Lama, quella che noi chiamiamo non-violenza , la via di mezzo. Vale a dire quella di concede
re alla Cina la gestione della politica estera, e gli affari interni devono essere interamente gestiti dai Tibetani stessi Soprattutto, i paesi potenti devono appoggiare questa soluzione e anche se continuano ad avere un rapporto economico, però allo stesso tempo devono avere coraggio di dire chiaramente, francamente, apertamente alla Cina che deve rispettare tutti i diritti dell'uomo, i diritti delle libertà fondamentali e tutto il resto.
PP: In questi anni, diciamo da quando non sei più in prigione, quali sono i passi avanti che possiamo registrare?
PG: Ora sono libero per fortuna, sono libero dal carcere, sono libero, fuori dal Tibet, sono libero in un paese di libertà; di conseguenza ho la possibilità di parlare, di denunciare al mondo intero come sono avvenuti certi avvenimenti in passato, la violazione della sovranità del Tibet, la violazione dei diritti umani fondamentali della libertà del popolo tibetano ecc ecc Due progetti sono importanti: il primo punto è quello di continuare a denunciare al mondo la violazione della sovranità del Tibet e la violazione dei diritti umani fondamentali del popolo tibetano; quindi di questo parlerò finchéé il Tibet non sarà libero.
Secondo punto: mentre stavo trascorrendo quei lunghi trentatréé anni di carcere, ricordo in particolare un giorno durante il quale mi avevano appeso al centro della camera come una lampada, e essendo appeso al centro della camera ricordo che mi hanno gettato acqua bollente addosso; ricordo un altro giorno, essendo ancora appeso al centro della cella come una lampada, hanno acceso il fuoco sotto il mio sedere; ricordo diversi giorni in cui mi hanno provocato scosse elettriche con bastoni elettrici che una volta venivano utilizzati per gli animali, e questi bastoni erano prodotti uno in Cina, e gli altri due erano prodotti in Inghilterra, venduti dagli Inglesi alla polizia carceraria cinese.
Dunque, io ho dichiarato nel mio libro che non sento nessun tipo di rancore o odio per i fatti del passato. Ora penso, siccome sono ancora vivo, penso positivamente e penso di poter risolvere questo problema pacificamente. Nel 1980, grazie alla pressione di Amnesty sezione di Milano, guidata dal signor Paolo e della sezione di Amnesty International di Udine sempre guidato da un altro signor Paolo, tramite la loro pressione, nel 1982 io sono stato liberato dal carcere.
Durante le mie ultime conferenze ecc ho riscontrato delle reazioni da parte delle varie ambasciate nel mondo Occidentale, che sostenevano che quello che ho scritto e quello che sto dicendo è tutto falso. Per questo ho cercato di esibire documenti per dimostrare l'attendibilità e la veridicità delle mie affermazioni. Ho nella mia mano qui tutta la documentazione, certificazione rilasciata dal carcere cinese stesso che dice che io ho trascorso trentatréé anni di carcere, non solo ho tutte le documentazioni che Amnesty International si è occupata della mia liberazione. Di conseguenza la Cina non potrà mai dire che io non sono mai stato in carcere; a questo punto a me non resta che fare appello al mondo finchéé tutti i paesi e i cittadini del mondo possano fare pressione sulle autorità cinesi affinchéé noi ci possiamo trovare nella sede adeguata delle Nazioni Unite per confrontarci con fratellanza per stabilire la verità. Io racconterò tutte le mie esperienze, loro mi possono fare qualsiasi domanda e loro mi po
ssono dire tutti i loro dubbi; io posso tranquillamente chiarire ogni punto. Spero che la radio, i radioascoltatori tutti, gli altri cittadini liberi daranno il loro appoggio affinchéé realizzi tutto questo. Grazie mille.
PP: Credo sia utile ricordare il titolo del libro...
PG: Il fuoco sotto la neve.
PP: Si, Il fuoco sotto la neve. Credo che contenga la testimonianza e le prove di cui abbiamo parlato.
tutte queste documentazioni. Voglio porti un'ultima domanda.
Hai ottenuto molti riconoscimenti, ricordiamo tra tutti la audizione che hai avuto d'avanti alla Camera dei Comuni Britannica. Che cosa è cambiato, che cosa sta cambiando, senti che quel che fai è efficace? qualche cosa sta cambiando?
PG: Io sono più che convinto di poter ottenere qualche risultato, qualche effetto dalle mie azioni, dalle conferenze, dalla pubblicazione del libro; ma comunque dal denunciare al mondo le violazioni ecc ecc Io penso che posso ottenere qualche effetto, qualche cambiamento, qualche risultato perchéé noi abbiamo tutta la documentazione per poter confermare che il Tibet era un paese indipendente e il popolo tibetano è un popolo con sue proprie caratteristiche e storia, del tutto particolare, differente dalla Cina e posso dire ancora di pi-: le Nazioni Unite ripetutamente hanno condannato la violazione del diritto internazionale, quindi la violazione della sovranità del Tibet e la violazione dei diritti umani del popolo tibetano nell'anno '59, nell'anno '60, nell'anno '64, nell'anno '65, quindi le Nazioni Unite hanno condannato in anni differenti ripetutamente la violazione dei diritti umani del popolo tibetano. Perciò noi abbiamo tutta la documentazione valida e la Cina non ha la documentazione valida per po
ter sostenere la sua tesi che dice che il Tibet fa parte della Cina e il popolo tibetano deve far parte della madrepatria Cina. Dunque c'è solo il problema che la Cina ultimamente sta diventando potente, potente dal punto di vista popolazione, potente dal punto di vista militare, potente dal punto di vista armamenti e potente dal punto di vista commercio, quindi la Cina sta diventando potente per questi tre motivi che tutti i paesi, tutti gli altri paesi potenti, come tutti i paesi europei, e gli Stati Uniti devono fare i conti con la Cina. Ecco quindi c'è questo problema. Ma a parte questa loro potenza, loro non hanno la documentazione valida per sostenere che il Tibet faceva parte della Cina. Di conseguenza io sono più che convinto di poter ottenere qualche risultato anche nel breve termine.
PP: Palden Gyatso ti ringraziamo molto. Tashi delek.
PG: Tashi delek.