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Partito Radicale Massimo - 23 luglio 1999
CINA/LA REPUBBLICA/FA LUN GONG

(La Repubblica, quotidiano, Italia, 23 luglio '99)

L'ira di Pechino sulla setta ribelle. Vietata la nuova religione con cento milioni di fedeli. Il Partito comunista cinese decreta la fine della Fa Lun Gong, fondata nel 1992. Decine di arresti in tutto il paese

di RENATA PISU

SONO cento milioni, cento milioni di persone qualunque che in Cina fanno paura al Potere più di quanta ne abbiano mai fatta gli studenti che chiedevano la democrazia. Sono i fedeli della nuova setta, la Fa Lun Gong, che il Governo ha appena dichiarato fuori legge. In queste ore si ha notizia di manifestazioni di protesta da loro inscenate in tutte le città dell'immenso paese mentre si susseguono gli arresti, mentre stampa, radio e televisione continuano a accusare i guru della Ruota della Legge (questo significa "Fa Lun") di diffondere credenze superstiziose, di minare la stabilità sociale. Sono loro il nuovo temibile nemico del Partito comunista cinese. Ma chi sono, in realtà? E perché sono giudicati tanto pericolosi al punto che soltanto la loro setta, tra le centinaia e centinaia che pullulano in Cina in quest'epoca di rinascita spirituale, è stata dichiarata ufficialmente fuori-legge?

Individuarli non è facile: sono "invisibili", nel senso che non si notano, che si mimetizzano nella folla. Sono uomini e donne di mezza età, vestiti dimessamente, qualcuno ancora con la giacca alla Mao ma non per nostalgia, per necessità: i vestiti nuovi costano troppo, la vita costa cara, musica rock, droga e telefonini hanno rovinato la Cina, così predica il loro sommo Maestro Li Hongzhi. Sono per la maggior parte pensionati, costretti magari a mantenere i figli adulti da sempre disoccupati. Sembrano fragili ma sono invece estremamente vigorosi: tutte le mattine praticano la più antica di tutte le arti marziali dell'Oriente, il "Qi Gong", nei parchi delle grandi città, in piccoli gruppi guidati da un "Maestro di respirazione", e acquisiscono una forza "sovrumana". Almeno così loro credono. E così mi è parso quando, nel parco di Ritan, ho visto un uomo sui sessant'anni che, dopo aver praticato la respirazione-meditazione profonda, stando a lungo immobile, in piedi, con le gambe leggermente divaricate e pieg

ate, le palme delle mani sulle cosce, a un tratto ha spiccato un balzo gigantesco, si è slanciato verso il tronco di un albero, lo ha afferrato e si è sollevato con le braccia in orizzontale, rimanendo in posizione di bandiera per oltre venti minuti. Non era un'atleta, no. Era un pechinese qualunque. Si stava esercitando nella respirazione, nel "Qi", con altri cinque compagni: che fossero della Fa Lun Gong lo si capiva perché si erano radunati sotto uno stendardo giallo, il colore della setta, ma di gente che praticava il "Qi Gong" sotto altri vessilli ce n'era tanta nel parco di Ritan come in tutti gli altri parchi di Pechino, nei cortili delle case popolari e delle vecchie fabbriche, un reticolato di antichi punti d'incontro umano che la selva dei grattacieli non è ancora riuscita a divorare.

L'altro ieri, per protestare contro la messa fuori legge della loro setta, in decine di città della Cina i fedeli della Fan Lun Gong si sono materializzati davanti ai luoghi deputati del Potere, come se "la terra li avesse in quell'istante partoriti", per dirla come i cinesi. Invece erano arrivati tranquilli chi in bicicletta, chi in autobus, chi a piedi, gente innocua, silenziosa, non studenti facinorosi che scandiscono slogan.

A Pechino si erano dati tacito convegno davanti alla storica sede di Chung Nan Hai, a poca distanza da Tiananamen, dove vivono i capi del Partito e del Governo, e subito la polizia è intervenuta caricandoli su autobus e furgoni che li hanno condotti in uno stadio all'estrema periferia sud della capitale. Lì sono tenuti prigionieri, o meglio sono "controllati a vista".

Tre mesi fa, quando nello stesso posto si radunarono oltre diecimila fedeli di questa nuova religione, un misto di pratiche respiratorie, di buddismo e di credenze taoiste, le autorità non intevennero e la manifestazione (ma la stampa ufficiale cinese preferì definirla un "raduno", per non darle carattere politico) si sciolse spontaneamente dopo dodici ore. Dodici ore che hanno gettato il panico all'interno del Palazzo del Potere, dodici ore in cui, come si è saputo dopo, i massimi dirigenti del partito comunista e del governo sono stati costretti a interrompere una discussione sulle clausole principali di un'eventuale partecipazione della Cina all'Organizzazione del Commercio Mondiale, la WTO, per occuparsi di quello che è poi stato definito un "evento frutto di superstizione feudale". Ma se in aprile gli aderenti alla Fa Lun Gong, la Ruota della Legge, si erano recati a Chung Nan Hai per chiedere il riconoscimento ufficiale della loro organizzazione, l'altro ieri hanno inteso protestare contro la messa al

bando della loro setta, decisa nel corso di una riunione di emergenza dell'Ufficio Politico del Comitato centrale del partito svoltasi la settimana scorsa. Ora ci si domanda come mai una setta, una religione, comunque un'organizzazione che si dichiara del tutto apolitica, abbia potuto scatenare le ire di un Potere tanto forte e laico che ha deciso, dopo tre mesi di tentennamenti, cioè dopo la grande manifestazione di aprile, di sfidare, mettendo al bando le loro credenze, cento milioni di cittadini qualunque. Si può pensare che dietro lo schermo di questa Fa Lun Gong popolare, esista e operi una Fa Lun Gong clandestina, erede di quelle società segrete che, nel bene e nel male, hanno fatto la storia della Cina, costituendo l'unica forma possibile di opposizione a un Potere che è sempre stato assoluto, all'epoca dell'impero come ai giorni nostri. I membri della Fa Lun Gong, nuova religione fondata nel 1992 dal Maestro Li e propagandata in tutto il paese grazie a libri, cassette audiovisive e, soprattutto, a In

ternet, devono la loro prima lealtà al proprio guru, proprio come gli addetti delle società segrete. La Fa Lun Gong è un qualcosa che scaturisce dal ventre profondo della Cina, un amalgama post-moderno, ma non post-cinese, di arcaismi rivalutati per sfiducia nella scienza e nella società così come si sono venute configurando, di certo a detrimento dell'uomo (del cinese) qualunque.

 
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