(La Repubblica, quotidiano, Italia, 8 settembre 1999)
I Ds scoprono il Dalai Lama e lo invitano a Botteghe oscure. Il leader tibetano sarà ricevuto anche a Palazzo Chigi. E sale la tensione con il governo comunista di Pechino.
di RAIMONDO BULTRINI
ROMA - L'ospite internazionale a sorpresa della ripresa politica autunnale dei Democratici di sinistra arriva dall'Himalaya. Sarà ricevuto a Botteghe oscure e poi a palazzo Chigi. E poi presentato al popolo della sinistra storica in qualche grande teatro come ai vecchi tempi delle manifestazioni per il Cile o il Vietnam. A rinverdire la passione per i diritti civili nei vecchi cuori istituzionalizzati della sinistra che amò Allende e Ho Chi Min è oggi Tenzin Gyatso, XIV Dalai lama del Tibet, paradossalmente nemico numero uno dell'ultimo grande bastione comunista del mondo, la Cina.
L'invito ufficiale per tre giorni dal 25 al 28 ottobre certamente manderà su tutte le furie i dirigenti di Pechino che minacciano sistematicamente chiunque intrattenga rapporti con lui. E stavolta c'è un motivo in più per adirarsi, visto che a ricevere il dio-re tibetano (che sarà anche a Milano dal 20 ottobre per una grande mostra alla Besana e per un ciclo di lezioni spirituali al Palalido) è un partito un tempo fratello, anche se ha addirittura cambiato nome.
In effetti è la prima volta che il Dalai lama è formalmente ospite di una grande formazione della sinistra occidentale, per giunta al potere. E se, come pare certo, D'Alema lo riceverà a Palazzo Chigi e Violante a Montecitorio, la diplomazia di Botteghe oscure intessuta dal giovane neo-responsabile degli Esteri Nicola Zingaretti d'accordo con Walter Veltroni aprirà una breccia "storica" per i governi occidentali. Solo Bill Clinton, infatti, aveva avuto finora la forza di fare spallucce di fronte alle minacce di ritorsioni diplomatiche ed economiche di Pechino. E durante i suoi frequenti viaggi negli altri paesi di questo emisfero il Dalai lama si era sempre dovuto accontentare di qualche visita in salette parlamentari e sedi di movimenti come quelli radicale e verde, finora "esclusivisti" per l'Italia dei diritti civili tibetani. Se questa doveva essere soltanto una mossa strategica di Walter Veltroni per conquistarsi le simpatie del popolo new age e simpatizzante dell'Oriente, il rischio sembrerebbe dunque
troppo alto a livello istituzionale. Quello che Veltroni vuole seguire è invece il percorso avviato fin dalla sua nomina con la visita all'altro Nobel per la pace Aung San Suu Kyi in Birmania. Un percorso che lo trova stavolta in perfetta sintonia con il presidente del Consiglio. Nessuno ha mai saputo del resto che nel suo viaggio a Pechino dell'aprile '98, D'Alema si fece addirittura latore di un messaggio personale e diretto del Dalai lama dal suo esilio nel nord dell'India al leader cinese Jang Zemin. Messaggio nel quale il Dalai lama smentiva formalmente ogni velleità indipendentista per offrire un dialogo sull'autonomia del Tibet dalla Cina. E su questa strada che i diessini hanno deciso di aiutare il Dalai lama e la sua gente. Zingaretti, che ha compiuto anche un altro "strappo" diplomatico visitando l'altro nemico della repubblica popolare cinese, Taiwan, si dice sicuro che Pechino capirà: "Il nostro intento - assicura - non è quello di provocare un caso politico e una nuova divisione, ma di trovare f
inalmente una via d'intesa".