INDICE
* MESSAGGIO DI SUA SANTITA IL DALAI LAMA PER IL NUOVO MILLENNIO
* NOTIZIE
* UN LAMA NEL FIANCO(TIBET, CINA E COLLOTTI PISCHEL)
* ATTIVITA' DELL'ASSOCIAZIONE
* COMUNICAZIONI
* PER COMMEMORARE IL 10 MARZO
* PER SAPERNE DI PIU'
MESSAGGIO DI SUA SANTITA IL DALAI LAMA PER IL NUOVO MILLENNIO
Molte persone sembrano essere eccitate per il nuovo millennio. Ma il nuovo millennio in se stesso non ha niente di speciale. Entrando nel nuovo millennio le cose saranno le stesse, non vi sarà niente di diverso.
Comunque, se noi vogliamo veramente che il prossimo millennio sia più felice, più pacifico e più armonioso per il genere umano, dovremo fare degli sforzi per renderlo come lo desideriamo.
Questa possibilità è nelle nostre mani, ma soprattutto nelle mani delle giovani generazioni. Abbiamo avuto molte esperienze durante questo secolo, sia costruttive sia estremamente distruttive. Dobbiamo apprendere da queste esperienze, dobbiamo avvicinarci al prossimo millennio più olisticamente, con più apertura e lungimiranza. Se ci impegneremo nel modo giusto per rendere il futuro del mondo migliore, dovremo mettere enfasi sui seguenti punti che credo siano vitali.
1) Mentre ci occupiamo del progresso materiale e del benessere fisico dovremo, nello stesso tempo, porre eguale attenzione allo sviluppo della pace della mente e quindi al prenderci cura degli aspetti interiori del nostro essere.
2) Per quanto riguarda l'educazione, che generalmente opera soltanto sul versante accademico, dobbiamo sviluppare nelle menti delle giovani generazioni, che studiano nelle varie istituzioni educative, più altruismo e un senso di responsabilità e di solidarietà nei confronti degli altri.
Questo può essere fatto senza necessariamente coinvolgere la religione. Si potrebbe allora chiamare questo tipo di educazione etica secolare, poiché, di fatto, essa consiste in qualità umane basilari quali la gentilezza, la compassione, la sincerità e l'onestà.
3) Il secolo passato, sotto alcuni aspetti, è stato un secolo di guerra e di spargimenti di sangue. Anno dopo anno, è stato testimone di un incremento, da parte di molti paesi del mondo, delle spese per la difesa militare. Se vogliamo cambiare questa tendenza, dobbiamo seriamente considerare il concetto di non-violenza, che è una espressione fisica della compassione. Nel fare della non-violenza una realtà, dobbiamo innanzitutto lavorare sul disarmo interiore e quindi procedere nel rendere fattivo il disarmo esterno. Con disarmo interiore intendo eliminare in noi stessi tutte le emozioni negative che si manifestano nella violenza. Anche il disarmo esterno deve essere gradualmente attuato, passo dopo passo. Prima di tutto dobbiamo lavorare per la totale abolizione delle armi nucleari e, gradualmente, demilitarizzare totalmente il mondo intero. All'interno di questo processo dobbiamo anche impegnarci nel fermare il commercio delle armi, che viene ancora estesamente praticato perché molto lucrativo. Se faremo tu
tto questo potremo sperare di vedere, nel prossimo millennio, anno dopo anno, decrescere le spese militari delle varie nazioni e una graduale attività verso la demilitarizzazione. I problemi dell'umanità, naturalmente, continueranno a esistere ma il modo di risolverli dovrebbe avvenire attraverso il dialogo e la discussione. Il prossimo secolo dovrebbe essere di dialogo e discussione anziché un secolo di guerra e di spargimenti di sangue.
4) Dobbiamo ridurre il divario fra i ricchi e i poveri, sia a livello nazionale che a livello globale. Questa ineguaglianza, che vede una parte della comunità umana vivere nell'abbondanza, e un'altra parte, nello stesso pianeta soffrire la fame e anche morire di stenti, non è soltanto moralmente sbagliata ma, in pratica, anche una fonte di problemi. Egualmente importante è il tema della libertà.
Fino a quando vi sarà mancanza di libertà, in molte parti del mondo, non vi potrà essere una pace reale e, in un certo senso, non potrà esservi una reale libertà anche nel resto del mondo.
5) Per il beneficio delle future generazioni, dobbiamo prenderci cura del nostro pianeta e del nostro ambiente. Il danno ambientale è spesso graduale e non si può constatare facilmente e nel momento in cui ne prendiamo coscienza, è generalmente troppo tardi. Poiché tanti dei maggiori fiumi che scorrono in molte parti del sud-est asiatico sono originati nell'altipiano del Tibet, non è fuori luogo menzionare qui la cruciale importanza di prendersi cura dell'ambiente in questa area.
6) Infine, una delle più grandi minacce di oggi è l'esplosione demografica.
A meno che non ci impegniamo a prendere seri provvedimenti a questo riguardo, ci dovremo confrontare con il problema delle risorse naturali inadeguate per tutti gli esseri umani su questa terra.
Dobbiamo analizzare seriamente queste istanze che ci riguardano tutti, se vogliamo guardare al futuro con qualche speranza.
1 gennaio 2000
Tradotto a cura dell'Istituto Lama Tzong Khapa, Pomaia.
NOTIZIE
IL 17 KARMAPA FUGGE DAL TIBET
Dharamsala, 5 gennaio. Valicando le alte montagne dell'Himalaya, Ugyen Trinley Dorje, 17 Gyalwa Karmapa, capo della scuola Karma Kagyu del buddismo tibetano, è fuggito dal Tibet ed è arrivato a Dharamsala. La notizia del suo arrivo ha colto di sorpresa il mondo dei rifugiati e l'intero governo tibetano in esilio. "Non eravamo al corrente della fuga del Karmapa" - ha affermato Kalon Tashi Wangdi, ministro del Dipartimento per Affari Religiosi e Culturali, nel corso di un'intervista rilasciata il giorno 8 gennaio - "fino al momento in cui siamo stati informati che si trovava in un albergo di Dharamsala. Subito dopo il suo arrivo, Rinpoche ha avuto una breve udienza con il Dalai Lama. Per il momento desideriamo solo che si riposi, il viaggio è stato molto faticoso".
In effetti, la fuga dal Tibet del 17 Karmapa, un ragazzo di soli 14 anni, è stata difficile e rischiosa e, per certi versi, ha ricordato a molti la drammatica via dell'esilio intrapresa dallo stesso Dalai Lama nell'ormai lontano 1959. Il giovane tulku, che risiedeva nel monastero di Tsurphu, situato a 37 chilometri da Lhasa, era guardato a vista dalla polizia cinese ed era sottoposto a forti pressioni da parte delle autorità della Repubblica Popolare che, come riportato dall'edizione del 17 gennaio della rivista Time, gli chiedevano di denunciare il Dalai Lama e di dichiarare pubblicamente che la Cina garantisce la libertà di religione all'interno del Tibet. Per preparare la sua fuga, Ugyen Trinley Dorje ha detto alle guardie cinesi di volere iniziare un periodo di meditazione nella sua camera. Solo il suo maestro e il cuoco personale avrebbero potuto avvicinarlo. Mentre le guardie, nella stanza accanto, guardavano la televisione, il 28 dicembre 1999, alle ore 22.30, il Karmapa è riuscito a fuggire attraver
so la finestra e, accompagnato da un gruppo di sei persone tra le quali la sorella, una monaca di ventiquattro anni, ha iniziato il viaggio verso la frontiera. Vestito in abiti civili, il giovane monaco è riuscito ad aggirare i posti di blocco cinesi e ad attraversare, a piedi, il confine con il Nepal mentre, a Tsurphu, il suo maestro e il cuoco entravano ogni giorno nella stanza vuota per rendere più verosimile la sua presenza. La fuga è proseguita a cavallo attraverso il territorio nepalese e quindi con i mezzi pubblici fino a Katmandu e poi in India, in treno e taxi fino a Dharamsala, toccando le città di Lucknow e New Delhi.
IL KARMAPA IN INDIA: MONITO DI PECHINO A NEW DELHI
Pechino, 11 gennaio. Pechino non ha ufficialmente condannato la fuga di Ugyen Trinley Dorje, ma ha preferito lasciare aperta la porta ad un suo eventuale ritorno in Tibet rendendo pubblica una lettera, trovata a Tsurphu, in cui il 17 Karmapa afferma di essersi recato all'estero per rientrare in possesso di alcuni strumenti musicale e del tradizionale "Cappello Nero", peculiare della scuola Kagyu, usato dalle sue precedenti reincarnazioni e conservato presso il monastero di Rumtek, in Sikkim, sede in esilio del lignaggio dei Karmapa . Le autorità cinesi hanno particolarmente enfatizzato questa lettera indirizzata, pare, e ammesso che veramente esista, ai monaci di Tsurphu piuttosto che alle autorità comuniste.
Tuttavia, le autorità di Pechino hanno reagito con fermezza quando sono cominciate a circolare alcune voci circa la possibilità che il governo indiano concedesse asilo politico al 17 Karmapa. Zhu Bangzao, portavoce del ministro degli esteri cinese, ha dichiarato che la concessione dell'asilo politico costituirebbe una violazione dei "cinque punti di pacifica coesistenza" previsti dal trattato Sino-Indiano stipulato nel 1954 ed ha ricordato che l'India ha "esplicitamente" riconosciuto il Tibet come parte della Cina e si è impegnata ad impedire al Dalai Lama di esercitare qualsiasi attività politica sul suo territorio.
In realtà Ugyen Trinley Dorje non ha mai avanzato alcuna richiesta di asilo politico, richiesta peraltro assolutamente non necessaria. Infatti, pur non avendo una specifica legge sui rifugiati e sebbene non abbia mai sottoscritto alcuna convenzione ONU sull'argomento, l'India consente ai tibetani di rimanere sul suo territorio e rilascia loro un particolare documento di identità attestante la loro condizione di rifugiati. Il ministro della Difesa indiano, George Fernandez, ha dichiarato che la presenza del Karmapa in India non viola gli accordi con la Cina. Anche il ministro degli Esteri, Ajit Panja, ha assicurato che "il Karmapa, in quanto capo spirituale, non costituisce un problema per l'India poiché la costituzione indiana consente a ogni straniero che arriva nel paese di professare liberamente la propria religione".
TIBET: RAFFORZATI I CONTROLLI NEL 1999
Dharamsala, 3 gennaio. Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia ha reso pubblico il rapporto annuale sulla situazione dei diritti umani in Tibet. Nelle 140 pagine del documento, intitolato "Tibet, rafforzati i controlli", sono denunciate le sistematiche violazione dei diritti alla libertà religiosa e alla libera espressione, la persistente discriminazione razziale e gli abusi perpetrati sulle donne e i bambini nel corso del 1999. L'anno da poco concluso ha visto la cadenza di alcuni importanti celebrazioni quali il 50 anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese e i quarant'anni dell'annessione del Tibet. Allo scopo di prevenire qualsiasi manifestazione di dissenso, le autorità cinesi hanno approfittato di queste occasioni per rafforzare la sorveglianza e le misure di sicurezza in tutte le principali città tibetane. Nel suo rapporto, inoltre, il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia rende noto che, al 31 dicembre 1999, ammonta a 615 il numero dei prigionieri pol
itici detenuti nelle varie carceri. Di questi, 162 sono donne e 62 stanno scontando una pena detentiva superiore ai dieci anni.
In seguito alle manifestazioni di protesta scoppiate presso il carcere di Drapchi nell'ottobre 1998, otto prigionieri politici hanno subito un inasprimento della pena. Tra questi, la monaca Ngawang Sangdrol che attualmente sta scontando un totale di ventuno anni di prigione (vedi Tibet News N 28, pag. 4-5). 1432 fra monaci e monache sono stati espulsi dai loro monasteri per essersi rifiutati di denunciare il Dalai Lama. Di essi, 224 hanno un'età inferiore ai 18 anni. Continuano i programmi di ri-educazione e, nel tentativo di ridurre la popolazione monastica, sono state applicate ulteriori restrizioni circa l'età consentita per l'ammissione ai monasteri.
Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia ha inoltre prove inconfutabili che, dal 1996, anno d'inizio della campagna "Colpisci Duro" in Tibet, 11.409 tra monaci e monache sono stati espulsi dai monasteri e 541 sono stati arrestati. Nel corso del 1999, sei prigionieri sono deceduti a causa delle torture subite. Non si arresta, infine, il flusso dei tibetani che lasciano il loro paese: lo scorso anno sono arrivati in India 2474 nuovi profughi di cui 1115 giovani di età inferiore ai diciotto anni.
"ARBITRARIA" LA DETENZIONE DI NGAWANG CHOEPHEL
Ginevra, 6 gennaio. Il Gruppo di Lavoro sulla Detenzione Arbitraria della Commissione ONU sui Diritti Umani, composto da cinque esperti indipendenti nominati nel 1991, ha definito "arbitraria" la detenzione di Ngawang Choephel da parte delle autorità cinesi, in quanto contravviene all'articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. Il parere del Gruppo sarà sottoposto all'attenzione della 56 Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani che inizierà i suoi lavori a Ginevra il prossimo 20 marzo.
Secondo l'autorevole opinione espressa dal Gruppo, nel maggio 1998 le autorità cinesi hanno dato conferma all'Unione Europea che Ngawang Choephel era stato processato il 6 settembre 1995 e condannato, il 13 novembre 1996, a quindici anni di carcere sotto l'accusa di spionaggio e a tre anni per avere svolto attività controrivoluzionarie. Le autorità cinesi avevano però dato notizia della condanna di Ngawang Choephel in una trasmissione radio del 26 dicembre 1995, esattamente un anno prima della sentenza. Inoltre, il 24 settembre 1997, l'Alta Corte di Giustizia della Regione Autonoma Tibetana ha respinto l'appello del musicista tibetano. Il Gruppo di Lavoro ha altresì dichiarato arbitraria la sentenza in quanto non fa menzione degli articoli del codice penale infranti e non specifica la natura delle attività illecite ascritte all'imputato. Il Gruppo conclude affermando che la Repubblica Popolare Cinese non ha mai reso noto dove Choephel sta scontando la pena e chiede alle autorità di Pechino di porre rimedio a
questa situazione alla luce delle garanzie previste dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.
RISOLUZIONE U.S.A. ALLA 56 SESSIONE ONU A GINEVRA
Washington, 11 gennaio. Il governo degli Stati Uniti ha annunciato che presenterà una risoluzione di condanna della Cina, per le reiterate violazioni dei diritti umani in quel paese, nel corso della 56 Sessione della Commissione Diritti Umani delle Nazioni Unite che inizierà a Ginevra il prossimo 20 marzo. Il Dipartimento di Stato ha così dichiarato: "Nel corso dell'anno passato, il governo cinese ha intensificato il controllo sulla libertà di espressione religiosa delle minoranze etniche, in modo particolare tibetane". Nell'annunciare la decisione, James Rubin ha menzionato la fuga del 16 Karmapa e ha espresso la sua preoccupazione per la sorte di due monaci del monastero di Tsurphu di cui non si hanno notizie dai giorni successivi alla sua partenza per l'India. Rubin ha anche ricordato che il suo governo ha rinnovato alla Cina l'appello ad avviare un dialogo con il Dalai Lama.
Il successo della risoluzione di quest'anno è strettamente legato al sostegno che riceverà dall'Unione Europea e dagli altri paesi rappresentati in seno alla Commissione. Sebbene nel corso degli ultimi anni il problema della violazione dei diritti umani in Tibet sia stato più volte sollevato presso le Nazioni Unite, a Ginevra, non si è mai giunti ad alcun risultato sostanziale. Tserin Jampa, direttrice della sede di Amsterdam di International Campaign for Tibet, ha così dichiarato: "In mancanza di una politica estera unitaria, i paesi europei sono spesso divisi poiché la Cina privilegia, nei suoi rapporti commerciali, le nazioni che non appoggiano le risoluzioni sui diritti umani. Se vuole inviare a Pechino un messaggio chiaro e inequivocabile, l'Europa deve sostenere, compatta, la risoluzione degli Stati Uniti. Diversamente la Cina si sentirebbe legittimata ad ignorare la censura internazionale in materia di diritti umani".
Ricordiamo che la Commissione Diritti Umani è composta dai rappresentanti di 53 paesi membri. Lo scorso anno, la risoluzione di condanna della Cina presentata dagli Strati Uniti è stata respinta con 22 voti contro 17 e 14 astensioni. Nel 1998, il governo americano, credendo di ravvisare un certo grado di miglioramento da parte cinese nel campo dei diritti umani, non presentò alcuna risoluzione.
LA CINA RICONOSCE UN NUOVO TULKU
Pechino, 16 gennaio. L'agenzia cinese Xinhua ha annunciato che le autorità cinesi hanno riconosciuto in Sonam Phuntsok, un bambino tibetano di due anni nato nella Contea di Lhari, a nord di Lhasa, la settima reincarnazione di Reting Rinpoche. La stessa agenzia ha riferito che alla cerimonia del riconoscimento, svoltasi nel tempio di Jokhang, a Lhasa, hanno assistito, tra gli altri, il sindaco della città, il vicepresidente della Regione Autonoma Tibetana e Qi Xiaofei, incaricato ufficiale del governo di Pechino per gli Affari Religiosi. Il governatore della Regione Autonoma Tibetana, Legqoc, ha dichiarato che il bambino riceverà un'educazione "patriottica" nel suo monastero, sotto la guida del Dipartimento degli Affari Religiosi che farà di lui un "Buddha vivente che ama il Partito Comunista Cinese, la patria socialista e il buddismo tibetano".
Il sesto Reting Rinpoche, morto nel 1997, a soli 49 anni, non svolse un ruolo politicamente importante nel Tibet occupato. Per il suo stretto rapporto con il decimo Panchen Lama fu arrestato all'epoca della Rivoluzione Culturale e ufficialmente riabilitato solo nel 1977. Diverso invece il peso politico del suo predecessore, il quinto Reting Rinpoche, che nel periodo compreso tra la morte del tredicesimo Dalai Lama, nel 1933, e il raggiungimento della maggiore età dell'attuale Quattordicesimo, ricoprì l'incarico di Reggente. Figura controversa, fu costretto a dimettersi nel 1941 e fu poi accusato di collusione con i nazionalisti cinesi nel tentativo di riconquistare il titolo di Reggente. Arrestato nell'aprile del 1947, morì in prigione un mese dopo in misteriose circostanze.
Il governo di Dharamsala, per bocca di Tashi Wangdi, ministro per gli Affari Religiosi e Culturali, e di Thubten Samphel, segretario dell'Ufficio Informazioni e Relazioni Internazionali, ha negato qualsiasi validità e legittimità al riconoscimento che manca dell'approvazione del Dalai Lama e ha condannato l'unilaterale gesto cinese definendolo una deplorabile politicizzazione dell'istituzione della reincarnazione.
RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO CONTRO LA CINA
Bruxelles, 20 gennaio. Il Parlamento Europeo ha votato a larghissima maggioranza una risoluzione con la quale viene chiesto al governo cinese di dare seguito alle richieste di miglioramento nel campo dei diritti umani, delle garanzie democratiche, della libertà di espressione e di stampa nonché di libertà religiosa e politica avanzate dalla comunità internazionale nei confronti del governo della Repubblica Popolare Cinese. Il Parlamento Europeo chiede inoltre, tra l'altro, al Consiglio degli stati membri di appoggiare la risoluzione U.S.A. nel corso dell'imminente 56 sessione della Commissione ONU per i Diritti Umani e di dissuadere i paesi rappresentati a Ginevra dal votare a favore della "mozione di non azione" contro la Cina, voto che, ancora una volta, renderebbe impossibile anche la sola discussione della situazione esistente in quel paese.
La risoluzione, votata da rappresentanti di gruppi politici diversi, è stata accolta con grande soddisfazione. Tsering Jampa, di International Campaign for Tibet, ha dichiarato che l'Europa ha dimostrato di sapersi relazionare alla Cina in modo più concreto e realistico. Tuttavia, sebbene inoltrata al Consiglio degli stati membri, la risoluzione del Parlamento Europeo non è vincolante e consente ai ministri dei vari paesi la libertà di decidere se e quale azione intraprendere in sede di Commissione ONU Il Consiglio dei Ministri dell'Unione Europea si riunirà i giorni 15 e 16 febbraio. Altro incontro importante e particolarmente interessante sarà quello tra i rappresentanti dell'Unione Europea e della Cina per un confronto sulla questione dei diritti umani, in calendario per il 25 febbraio a Lisbona.
FERMA RISPOSTA DI PECHINO ALLA RISOLUZIONE EUROPEA
Pechino, 31 gennaio. In risposta alla risoluzione del Parlamento Europeo, il Comitato per gli Affari Esteri della Repubblica Popolare ha diramato un lungo e articolato documento in cui viene espressa profonda insoddisfazione e risoluta opposizione ad ogni critica mossa alla Cina. Dopo aver menzionato i progressi conseguiti nel paese in ogni campo, il documento afferma che, al momento e senza esagerazioni, "la Cina può essere annoverata tra le nazioni che vantano la migliore situazione al mondo per quanto concerne i diritti umani". Circa il Tibet, Pechino replica al Paramento Europeo sottolineando i grandi e positivi cambiamenti avvenuti nel paese e i risultati conseguiti nel campo della cultura, dell'educazione e della salute e dichiara che "i tibetani godono di completa libertà di culto, oltre che a svolgere regolari attività religiose". Il documento afferma inoltre che la fuga del Karmapa, il cui riconoscimento è stato approvato dall'Ufficio di Stato per gli Affari Religiosi, non può essere considerata un
"segno di oppressione" in quanto la giovane reincarnazione ha lasciato una lettera in cui spiega: "Sono partito per rientrare in possesso del "Cappello Nero" e di alcuni strumenti musicali appartenuti ai miei predecessori. Non intendo tradire lo stato e la nazione. Il mio gesto è del tutto personale". Dettagliati chiarimenti sono inoltre forniti in merito ad importanti questioni quali, tra l'altro, il ritardo nella ratifica di alcune importanti convenzioni internazionali, l'atteggiamento nei confronti della setta Falun Gong e le presunte interferenze nell'ordinazione dei vescovo cattolici.
IL PANCHEN LAMA "CINESE" APPARE ALLA TELEVISIONE DI STATO
Pechino, 2 febbraio. Gyaincain Norbu, il bambino di dieci anni riconosciuto da Pechino come undicesimo Panchen Lama, è apparso alla televisione di stato mentre, a Pechino, partecipava ad una cerimonia organizzata per celebrare il suo compleanno e il capodanno tibetano. All'incontro erano presenti alcuni alti funzionari cinesi. Parlando in lingua mandarina, Norbu ha così dichiarato: "In Tibet e nel resto della Cina avvertiamo profondamente il calore famigliare della madrepatria e la politica di libertà di credo religioso attuata dal Partito". Il bambino ha affermato inoltre di voler diventare "un Buddha devoto e patriottico" che tutela lo stato e aiuta la sua gente e ha augurato "buona fortuna alla Cina, al suo sviluppo economico, al suo sviluppo sociale, all'unità etnica e alla prosperità del popolo".
PRIMA APPARIZIONE PUBBLICA DEL 17 KARMAPA
Palampur, 4 febbraio. Ugyen Trinley Dorje ha fatto la sua prima apparizione in pubblico da quando ha lasciato il Tibet. Alle oltre mille persone, tra devoti tibetani ed occidentali, accorse per incontrarlo, il giovane tulku ha espresso la speranza che i tibetani possano presto tornare nella loro terra d'origine sotto la guida del Dalai Lama. Ha inoltre affermato che la libertà individuale è il presupposto della pace mondiale e che l'una è imprescindibile dall'altra. Il Karmapa ha definito il Dalai Lama "il più alto capo spirituale dei buddisti" e ha elogiato l'immenso contributo da lui svolto a favore della pace mondiale attraverso il suo lavoro basato sulla pace e la non-violenza.
Ugyen Trinley Dorje si trova presso l'Università Tantrica di Gyuto, a Sidhbari, nei pressi di Palampur, nello stato indiano dell'Himachal Pradesh, dove, dopo un periodo di riposo, ha ripreso i suoi studi. Un portavoce dell'amministrazione tibetana ha fatto sapere che forse parteciperà, il 18 febbraio, alle celebrazioni indette in occasione del 60 anniversario del riconoscimento del Dalai Lama che, quest'anno, non ha preso parte alle consuete cerimonie previste per festeggiare il capodanno tibetano ma ha interrotto il suo periodo di ritiro e meditazione solo per impartire una speciale benedizione al giovane Karmapa.
Secondo alcuni osservatori, la giovane reincarnazione, il cui carisma, unito ad un acuto senso dell'umorismo, è apparso evidente, non si limiterà ad essere soltanto un capo spirituale e qualcuno parla di lui come di un possibile successore del Dalai Lama.
Imponenti misure di sicurezza circondano la persona del 17 Karmapa. Si temono infatti non solo rappresaglie da parte di Pechino che, dopo averlo sempre presentato come un sostenitore del governo cinese, ha recentemente arrestato alcuni monaci del monastero di Tsurphu, sotto l'accusa di avere agevolato la sua fuga, ma anche le minacce di alcuni esponenti più oltranzisti di quella sottoscuola dell'ordine Kagyu che riconosce in un altro ragazzo la reincarnazione del 14 Karmapa.
IL PARLAMENTO EUROPEO ESORTA L'UNIONE EUROPEA AD APPOGGIARE LA RISOLUZIONE U.S.A.
Bruxelles, 18 febbraio. Il Parlamento Europeo ha votato a larga maggioranza una risoluzione con la quale si chiede ai paesi membri dell'Unione Europea di sostenere la risoluzione di condanna della Cina per le ripetute violazioni dei diritti umani che gli Stati Uniti presenteranno nel corso dell'imminente sessione della Commissione Diritti Umani a Ginevra. Il giorno precedente, 17 febbraio, i ministri degli esteri dell'Unione, riuniti per decidere la linea di condotta da adottare, non avevano espresso una decisione definitiva. Il portoghese Luis Amado, Segretario di Stato per la Cooperazione (il Portogallo nel semestre in corso presiede i quindici stati membri dell'Unione Europea), ha dichiarato che tutte le opzioni sono ancora aperte e che l'Unione conta tuttavia di sollevare la questione dei diritti umani il 25 febbraio a Lisbona, in occasione dell'incontro tra i rappresentanti europei e quelli cinesi.
Anche le maggiori organizzazioni internazionali operanti nel settore dei diritti umani si sono mobilitate. Il giorno 10 febbraio, Amnesty International, Human Right Watch, Federation for Human Rights, International Campaign for Tibet e Reporters sans Frontières hanno firmato un comunicato congiunto in cui si chiede ai paesi dell'Unione di sottoscrivere la risoluzione U.S.A. Nel comunicato si legge, tra l'altro, che l'Unione Europea, pur non avendo appoggiato dal 1997 alcuna risoluzione contro la Cina per paura di ritorsioni commerciali da parte di Pechino, si è tuttavia impegnata a rivedere, anno per anno, la propria posizione, riservandosi di decidere in base al mutante quadro della situazione dei diritti umani in quel paese.
FESTEGGIATO IL 60 ANNIVERSARIO DELL'INCORONAZIONE DEL DALAI LAMA
Dharamsala, 18 febbraio. Il mondo dei tibetani in esilio ha solennizzato il 60 anniversario dell'incoronazione del Dalai Lama con una lunga serie di cerimonie. La mattina del 18 febbraio, dopo una danza di benvenuto eseguita in suo onore da alcuni gruppi di artisti tibetani provenienti dal Nepal e dal sud dell'India, il Dalai Lama è entrato nel tempio principale di McLeod Ganj (Dharamsala), dove si è svolta una lunga cerimonia religiosa alla quale hanno assistito le massime autorità religiose e laiche sia tibetane sia indiane. Al termine del rito, il capo politico e spirituale dei tibetani ha pronunciato un breve discorso. Ha poi ricevuto le felicitazioni da parte di tutti i capi delle scuole del buddismo tibetano e Bon, dei membri del governo, dei dignitari, dei famigliari e dei rappresentanti delle maggiori istituzioni sorte negli ormai lunghi anni dell'esilio. Un'esibizione degli artisti del Tibetan Institute of Performing Arts ha chiuso le manifestazioni ufficiali.
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Per sollecitare il governo italiano ad appoggiare, a Ginevra, la risoluzione di condanna della Cina presentata dagli Stati Uniti, l'Associazione Italia-Tibet ha inviato al Ministro degli Esteri, onorevole Lamberto Dini, e al rappresentante italiano presso la Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani la seguente lettera:
Onorevole Ministro
Lamberto Dini
Ministero degli Esteri
Roma Milano, 9 febbraio 2000
Onorevole Ministro,
Il prossimo 20 marzo, a Ginevra, inizieranno i lavori della 56 Commissione delle Nazioni Unite sui Diritti Umani. Come lei certamente saprà, gli Stati Uniti d'America presenteranno, in quella sede, una risoluzione di condanna degli abusi contro i diritti umani perpetrati nella Repubblica Popolare Cinese. Le ripetute violazioni dei fondamentali diritti dei cittadini e delle minoranze in quel paese sono stati oggetto di accurati e obiettivi rapporti sia di Amnesty International sia delle maggiori organizzazioni operanti in questo settore.
In Tibet, anche nel corso dell'anno 1999, è continuata in modo brutale la repressione di ogni forma di pacifica dissidenza. Molti tibetani sono stati arrestati e condannati a pesanti pene detentive per il solo fatto di avere sventolato una bandiera tibetana o avere cantato una canzone in cui si chiedeva libertà e indipendenza. Mentre continua la pesante campagna di denuncia del Dalai Lama con l'arresto o l'allontanamento dai monasteri di migliaia di monaci che si rifiutano di disconoscere il loro capo spirituale e politico, nulla ancora si conosce circa la sorte del piccolo Choekyi Nyima, un bambino di soli dieci anni scomparso assieme alla sua famiglia dal 1995, dopo essere stato riconosciuto dal Dalai Lama quale undicesima reincarnazione del Panchen Lama, uno dei maestri spirituali più venerati dai tibetani.
Alla luce di queste considerazioni e nell'imminenza dell'inizio dei lavori della 56 Sessione della Commissione sui Diritti Umani, l'Associazione Italia Tibet chiede al Governo Italiano:
* di appoggiare la risoluzione U.S.A. di condanna degli abusi contro i diritti umani perpetrati dalla Repubblica Popolare Cinese
* di sollevare la questione del Tibet nel corso della discussione sulla questione dei diritti umani e delle libertà fondamentali di ogni paese
* di appoggiare le raccomandazioni del Governo Tibetano in esilio per quanto concerne la situazione dei diritti umani in Tibet, la detenzione del piccolo Choekyi Nyima, l'avvio di fattivi negoziati tra il Governo di Pechino e il Dalai Lama o suoi rappresentanti, il rispetto dell'identità nazionale del popolo tibetano.
Nel ricordo della simpatia e del sostegno dimostrati al Dalai Lama dai massimi vertici governativi e dai più autorevoli rappresentanti della Camera e del Senato nel corso della sua recente visita a Roma, lo scorso mese di ottobre, confidiamo che l'Italia sappia farsi interprete e portavoce, a Ginevra, degli inalienabili valori delle libertà civili e del rispetto dei diritti umani.
Nella speranza che lei, signor Ministro, possa far valere la sua autorevole voce a sostegno di queste libertà nelle sedi e nei contesti più opportuni, colgo l'occasione per porgerle i miei più cordiali saluti,
Piero Verni
(Presidente)
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LA SCUOLA KAGYUPA, IL 17 KARMAPA E IL SUO RICONOSCIMENTO
La scuola Kagyupa è una delle più antiche tra le quattro scuole del buddismo tibetano. Le sue origini risalgono all'11 secolo e annovera tra i suoi maestri alcuni importanti lama quali il "Grande Traduttore" Marpa e Milarepa. Fu la prima ad adottare, nel 1283, il sistema della ricerca della reincarnazione per la designazione dei capi della scuola, metodo presto fatto proprio anche dagli altri ordini tibetani, fatta eccezione per la scuola Sakyapa il cui lignaggio, essendo i capi Sakya lama laici, si trasmette da zio a nipote.
Capo della scuola Kagyupa è il Gyalwa Karmapa che è anche il capo riconosciuto dei Karma Kagyu, una delle numerose sottoscuole esistenti all'interno dell'ordine. I Karmapa svolsero un ruolo politico importante nella storia del Tibet: governarono infatti il paese per circa trecento anni, dal 1369 al 1642, anno in cui il quinto Dalai Lama, capo della scuola Gelugpa, assunse la guida politica e spirituale del Tetto del Mondo. Da allora i Karmapa esercitarono in Tibet solo un'influenza spirituale.
Dopo la sollevazione di Lhasa del 1959, il sedicesimo Karmapa, Ranjung Rigpe Dorje, lasciò il Tibet e stabilì la sua sede a Rumtek, nel Sikkim. Ammalato di cancro, morì a Chicago nel 1981. Ugyen Trinley Dorje, nato a Lhathog nel 1985 da una famiglia di nomadi, fu riconosciuto dal Dalai Lama come diciassettesimo Karmapa il 7 giugno 1992 e formalmente insediato presso il monastero di Tsurphu dalle autorità cinesi il 27 settembre dello stesso anno. L'evento è di per sé degno si essere ricordato in quanto il giovane Ugyen è il primo reincarnato tibetano riconosciuto sia dal Dalai Lama che da Pechino.
Molto scalpore e qualche dubbio suscitarono in quegli anni anche le complesse e sconcertanti vicende che precedettero il riconoscimento di Ugyen Trinley Dorje. Alla morte del sedicesimo Karmapa, la ricerca della reincarnazione fu affidata ad un gruppo di quattro reggenti, esponenti di alto rango di alcune fra le più importanti sottoscuole della tradizione Kagyu. I quattro lama erano, segnatamente, Tai Situ Rinpoche, Shamar Rinpoche, Jamgon Kongtrul Rinpoche e Gyaltsab Rinpoche. Per anni le ricerche furono infruttuose poiché non fu possibile trovare la lettera del sedicesimo Karmapa che, secondo una tradizione peculiare di questo lignaggio, doveva contenere le indicazioni e le istruzioni per il ritrovamento della reincarnazione. Solo nel marzo 1992, Tai Situ Rinpoche annunciò di avere trovato la lettera all'interno di un talismano, mai aperto fino al 1990, donatogli dal sedicesimo Karmapa nel lontano 1981 e di avere individuato la reincarnazione in un bambino nato nella parte orientale del Tibet. Purtroppo, u
n mese dopo l'annuncio di Tai Situ, uno dei reggenti, Jamgon Kongtrul, morì in un incidente d'auto: una disgrazia che ad alcuni sembrò sospetta e che contribuì a provocare laceranti divisioni tra i tre lama rimasti e i loro seguaci, divisioni che sfociarono in veri e propri scontri fisici tra le opposte fazioni. Malgrado il Dalai Lama avesse ufficialmente riconosciuto Ugyen Trinley Dorje, Shamar Rinpoche, accusò Tai Situ di avere scritto di proprio pugno la lettera in collusione con i cinesi e riconobbe in un altro bambino, Thaye Dorje, oggi diciassettenne, la reincarnazione del Karmapa insediandolo ufficialmente, nel proprio centro di New Delhi, nel 1994.
Shamar Rinpoche, che definisce Ugyen Trinley "il Karmapa cinese" e Thaye Dorje il "Karmapa indiano" ha dichiarato che l'arrivo in India di Ugyen è una macchinazione cinese e un complotto escogitato per prendere possesso del simbolico "Cappello Nero" dei Karmapa e dello stesso monastero di Rumtek, in Sikkim.
COMMENTI
Pubblichiamo la risposta di Piero Verni, presedente dell'Associazione Italia-Tibet, all'articolo scritto dalla professoressa Enrica Collotti Pischel, apparso sul quotidiano "Il Manifesto" del 9 gennaio 2000.
UN LAMA NEL FIANCO (TIBET, CINA E COLLOTTI PISCHEL)
L'inizio del 2000 è stato salutato con gioia dal popolo tibetano. Nei primi giorni di gennaio infatti, è giunto a nel piccolo villaggio indiano di Dharamsala, Ugyen Trinley Dorje, un monaco di 14 anni detentore del titolo di Karmapa, uno dei più importanti lignaggi spirituali dell'intero Tibet. Il giovane monaco, che è stato subito ricevuto dal Dalai Lama, è riuscito a fuggire dal suo monastero di Tsurphu (Tibet centrale) insieme a una delle sorelle e quattro attendenti. Dopo una fuga difficile e avventurosa nei rigori dell'inverno himalayano, il gruppo è riuscito finalmente a mettersi in salvo prima in Nepal e poi in India. Ugyen Trinley Dorje era stato riconosciuto come diciassettesima incarnazione del Karmapa all'inizio degli anni '90 ed insediato ufficialmente a Tsurphu nel 1992. Nonostante il suo riconoscimento fosse stato confermato dal Dalai Lama, il bambino venne accettato anche dal governo cinese e si trattò del primo caso in cui Pechino consentiva l'insediamento di un tulku, un lama reincarnato, pr
atica che fino ad allora era stata rigorosamente proibita. In realtà con il 17 Karmapa, la Cina inaugurava una nuova politica nei confronti del problema tibetano. Preso atto della irriducibilità delle donne e degli uomini del Tibet a farsi "normalizzare", il regime cinese decideva di usare oltre al bastone, in voga fin dall'invasione del 1950, anche un po' di carota. E quale carota poteva essere migliore di quella di rendere nuovamente legale una delle tradizioni più care all'anima dei tibetani, quella appunto dei tulku? Ovviamente il regime cinese non poteva limitarsi a dire, "bene, da oggi potete liberamente riconoscere le reincarnazioni dei vostri maestri come avete sempre fatto in tutta la vostra storia". Quindi se da una parte ha consentito questa antica pratica dall'altra ha preteso che rientrasse (come ogni altra cosa del resto) sotto lo stretto controllo del Partito Comunista. Di conseguenza sì al riconoscimento delle incarnazioni dei lama ma a patto che fossero autorizzate, controllate e gestite da
llo Stato. E' quello che i dirigenti cinesi chiamano con involontaria ironia "i lama patriottici", che nel loro linguaggio vuol dire lama che accettano il primato del Partito sulla società (o meglio contro la società) anche per quanto riguarda la religione. Così nel 1992, all'età di sei anni, Ugyen Trinley Dorje era stato insediato con grande sfarzo nel monastero di Tsurphu, sede tradizionale dei Karmapa. Pechino diede gran risalto all'avvenimento, salutando il piccolo lama come " fulgido esempio di lama Patriottico, fedele allo Stato al Partito e alla Madrepatria". La propaganda del regime usò anche l'insediamento, a cui presero parte numerosi esponenti della nomenklatura cinese, come "prova" della libertà religiosa esistente in Tibet. E al "piccolo Buddha" vennero attribuite mirabolanti affermazioni di "indistruttibile fedeltà alla Madrepatria e al Partito, unica guida sicura della nostra navigazione". Va da sé che al giovanissimo Karmapa venne imposto anche di denunciare il Dalai Lama e la sua "cricca rea
zionaria".
In modo particolare i cinesi volevano fare del Karmapa uno strumento nelle loro mani. Secondo questi piani, il Karmapa doveva divenire una credibile alternativa di regime al Dalai Lama e riuscire a convincere i tibetani ad accettare definitivamente l'occupazione e la colonizzazione del loro paese. Nella prospettiva di Pechino nei prossimi anni l'importanza di Ugyen Trinley Dorje avrebbe dovuto aumentare sempre di più, fino a farlo divenire il nuovo leader spirituale di tutto il Tibet una volta scomparso il Dalai Lama. Si trattava di uno scenario senza dubbio inquietante dato che, anche ove le manovre cinesi non fossero riuscite del tutto, un Karmapa apertamente collaborazionista avrebbe aperto divisioni profonde all'interno della comunità tibetana sia in patria sia in esilio. Sembra però che le cose stiano andando ben diversamente da quanto architettato nei palazzi del potere di Zhongnanhai. Il fatto è che agli occhi dei cinesi ogni tibetano, financo un loro "Quisling" di alto rango, rimarrà sempre un barbar
o incivile di cui diffidare. E infatti così è stato con il giovane Ugyen Trinley Dorje. Nonostante il ruolo a cui era stato predisposto, nonostante le dichiarazioni che gli avevano messo in bocca, nonostante l'importanza che avrebbe potuto avere nei prossimi anni, il 17 Karmapa era prigioniero nella torre dorata del suo monastero. Non poteva muoversi liberamente all'interno del Tibet, ancor meno poteva accettare i numerosi inviti che gli erano giunti dai suoi discepoli -tibetani e non- da ogni parte del mondo e anche i suoi maestri non avevano ricevuto il permesso di andare a Tsurphu per impartirgli quegli insegnamenti e quell'educazione religiosa che tutti gli esponenti del suo lignaggio avevano sempre ricevuto. Così, pochi giorni prima della fine del millennio cristiano (anno 2126, quello della Terra-Lepre per il calendario tibetano) Ugyen Trinley Dorje ha detto ai suoi controllori cinesi che sarebbe entrato in un ritiro spirituale e avrebbe comunicato solo con i suoi più diretti attendenti. E la mattina
del 28 dicembre è saltato dalla finestra della sua stanza e, accompagnato da una delle sue sorelle e da quattro monaci, ha iniziato un viaggio rocambolesco e pericoloso terminato una settimana più tardi a Dharamsala. La fuga di questo adolescente, così importante per il popolo del Tibet, ha suscitato un enorme interesse nei media internazionali che hanno "coperto" la storia con una puntualità molto rara per le vicende tibetane. Era veramente la realtà che superava la finzione cinematografica. L'immagine di questo "piccolo Buddha" e del suo gruppo che superavano passi altissimi e coperti di neve e portavano vittoriosamente a termine una "lunga marcia" che in otto giorni li aveva condotti a coprire una distanza di quasi mille chilometri, è sembrata a testate giornalistiche e televisive qualcosa di eccezionale. Ed in effetti lo è, ma quello che nessuno dei cronisti e reporter che si affollano a Dharamsala sta dicendo, è che quello stesso drammatico viaggio viene compiuto ogni anno da migliaia di profughi che an
cora oggi fuggono da quella immensa prigione che continua ad essere il Tibet occupato. Purtroppo però questi fuggitivi "di ogni giorno", che arrivano laceri ed esausti in India rimangono senza volto e del tutto ignoti al grande pubblico perché le loro storie non hanno per la stampa internazionale il fascino esotico della fuga di un "piccolo Buddha". Ed è un vero peccato, poiché la folla dei profughi che si accalca nell'edificio di McLeod Ganj destinato alla loro accoglienza dal governo tibetano in esilio, è un libro aperto su di una importante pagina della storia contemporanea dell'Asia che meriterebbe di essere letta e sfogliata. In modo particolare questo libro meriterebbe di essere quantomeno conosciuto dalla professoressa Collotti Pischel, una delle più note sinologhe europee, che sul Manifesto del 9 gennaio ha pubblicato un articolo sul Tibet che merita alcune risposte. La professoressa inizia il suo pezzo avanzando l'ipotesi che i cinesi abbiano lasciato andare il Karmapa ritenendo che gli avversari si
a "meglio tenerli fuori dal paese che dentro". Se si prendesse la briga di recarsi a intervistare i profughi che arrivano (circa quattromila l'anno) a Dharamsala, forse la Collotti Pischel cambierebbe idea al sentire cosa devono affrontare per fuggire dalle loro case e quanto poco i cinesi siano propensi a lasciarli andare. In Nepal, dove la maggior parte di loro deve entrare per poi proseguire alla volta dell'India, c'è addirittura uno sgradevole commercio di questi poveracci che sovente vengono catturati dalla polizia nepalese per poi essere letteralmente venduti a quella cinese che se li riporta a casa. Su questo argomento alcuni anni or sono è stato girato anche un documentario, Escape from Tibet, che racconta la fuga di un gruppo di tibetani in India (ovviamente nessuna televisione italiana ha mai acquistato questo eccezionale documento girato da un operatore che ha seguito i tibetani nel loro esodo).
E sarebbe anche interessante per la professoressa Collotti Pischel informarsi meglio su quello che è accaduto, e ancora continua ad accadere in Tibet, in questi lunghi decenni di dominio coloniale cinese. Sapere che oltre un sesto della popolazione, circa un milione, è morto a causa dell'invasione, che è stato distrutto il 95 % del patrimonio culturale del Tibet, che i tibetani non possono godere di alcuna libertà (politica, religiosa, sindacale, etc.), forse potrebbe aiutarla a rettificare l'affermazione, "Certamente {i tibetani} sono uno dei popoli più poveri del mondo, esposti a molteplici forme di oppressione: tra esse quella cinese è stata con ogni probabilità meno gravosa di quella esercitata dai monaci e dagli aristocratici". Bisognerebbe dirlo, a quei poveri cristi di tibetani, che chi li ha oppressi veramente sono stati i monaci e gli aristocratici. Bisognerebbe proprio dirglielo perché, poverini, da soli non ci sono ancora arrivati e continuano invece a pensare che, nonostante i tutti i limiti e i
difetti che l'antica società potesse avere, i loro autentici oppressori sono proprio quei cinesi che hanno loro imposto un modo di vivere contrario a tutto quanto gli è congeniale, che li comandano con pugno di ferro da 50 anni, che hanno ucciso, torturato, incarcerato tutti coloro che hanno cercato di esprimere il proprio dissenso in forme peraltro assolutamente pacifiche. Bizzarri questi tibetani che non amano vivere sotto un regime che prevede la pena di morte per 68 reati e in uno stato che esegue il 50% delle esecuzioni capitali dell'intero pianeta. E che non sono felici nemmeno che sia il Partito Comunista Cinese a dettare le regole cui si devono attenere i loro monasteri e che tutti i posti di potere siano saldamente in mano a funzionari di Pechino. Bizzarri e anche un po' stupidi, i tibetani cui non piace che la loro lingua sia assolutamente periferica nell'iter scolastico e in ogni altro aspetto della vita sociale, sostituita dal cinese (la lingua e la scrittura tibetana stanno al cinese come l'ingl
ese sta all'arabo). Sarà forse a causa della loro religione che è, "una delle forme più degradate di buddismo"? E' probabile che anche questo abbia contribuito a renderli così refrattari ad accettare quella che i cinesi sono soliti definire, con macabro umorismo, "la pacifica liberazione del Tibet".
Comunque poco importa quale sia la ragione della beozia delle donne e degli uomini del Tibet. Resta il fatto che sono proprio incapaci di intendere e di volere. Non solo (che cosa terribile professoressa Collotti Pischel!) rimangono ancora fedeli al quel "politico asiatico molto scaltro" del Dalai Lama ma pensano anche di essere stati indipendenti fino al 7 ottobre 1950 quando le truppe di Pechino invasero - pardon, liberarono pacificamente- il loro paese. Ha dell'incredibile! I tibetani ritengono che il governo di Lhasa, che emetteva banconote, esercitava il controllo del suo territorio, aveva un proprio sistema postale con tanto di francobolli, inviava all'estero i propri rappresentanti dotati di passaporti tibetani, accordava o negava agli stranieri il permesso di entrare in Tibet, firmava convenzioni internazionali, fosse il governo di uno stato indipendente. Ecco un'altra prova di come siano "scaltri" quei politici asiatici dei Dalai Lama.
Poveri governanti cinesi, così incompresi e ingiustamente attaccati da tutti. E non solo dagli ingrati tibetani! Ci sono anche quei satanassi di Amnesty International ed Asia Watch che si ostinano a sfornare documenti su documenti nell'intento di far credere che in Tibet e nell'intera Repubblica Popolare Cinese i diritti umani, civili e religiosi non siano rispettati. E poi anche decine di parlamenti nazionali hanno approvato, chissà perché, mozioni di censura dell'operato cinese in Tibet. Per non parlare poi del "nemico interno", gli studenti reazionari e quei controrivoluzionari oscurantisti della setta Falung Dafa che si incaponiscono a voler fare in pubblico i loro esercizi meditativi. Eh sì, come afferma la professoressa Collotti Pischel, è in atto una vera e propria congiura internazionale contro l'indomita Repubblica Popolare Cinese. Le nefande forze della reazione sono tornate a tendere agguati. Giustamente l'articolo del Manifesto si chiude con una domanda angosciata, "Erano proprio dissennati i gov
ernanti cinesi che ritenevano che l'attacco alla Serbia motivato dalla difesa dei 'diritti umani' in Kosovo fosse in effetti la prova generale di un attacco alla Cina?". Dio mio, se non ci fosse da piangere bisognerebbe mettersi a ridere, fedeli al vecchio motto anarchico "Sarà una risata che li seppellirà".
Un "attacco alla Cina"? Ma Collotti Pischel cosa dice? Si provi, per pura curiosità, a seguire qualche volta noi, poveri esponenti della "cricca del Dalai Lama", nei nostri patetici tentativi di mettere qualche piccolo bastoncino nel meccanismo dei rapporti tra la Cina e il mondo. Si provi a chiedere a qualche governo, gruppo industriale, centro di potere, di immettere qualche goccia di "ideal politik" nel mare della loro "real politik". Vedrà come la tratteranno.
"Attacco alla Cina"? Ma se alla Repubblica Popolare Cinese è consentito tutto! Dal massacro dei tibetani, degli uighuri, degli studenti di Tienanmen alle minacce a Taiwan. Se i cinesi si possono permettere di eseguire decine di condanne a morte in un solo giorno (e migliaia in un anno) senza che ci siano proteste e prese di posizione ufficiali. Sa quante centinaia di "Ocalan" sono stati giustiziati nelle carceri cinesi? Qualcuno, lei per esempio, ha mai protestato? Lo sa, professoressa Collotti Pischel, che Ngawang Choephel, un giovane intellettuale tibetano, è stato condannato a 20 anni di carcere per aver svolto innocue ricerche sulle origini della musica e del teatro tibetano (vada a parlare, professoressa, con la madre di questo ragazzo, quella Sonam Dekyi che sta letteralmente morendo di crepacuore).
Questa è la realtà della Cina. Uno stato autoritario e brutale che, grazie al miraggio del suo mercato e dei profitti che da esso si potrebbero trarre, riesce sempre a farla franca perché nessuno ha voglia di inimicarselo. Altro che pericoli di "spietata guerra alla Cina" di cui lei scrive. Questo è lo stato di cose presente contro il quale tentano, ahimè invano fino ad oggi, di mobilitarsi le coscienze democratiche e le organizzazioni umanitarie. Lei inoltre si lamenta che, "il mito del Tibet ha preso piede anche nei ranghi della sinistra". Colgo l'occasione per ricordarle che la sinistra, o almeno la sinistra verde, ecologista e libertaria (a mio avviso la parte migliore della sinistra), ha il merito di aver parlato per prima del problema tibetano. Petra Kelly, fondatrice dei Grünen tedeschi e animatrice del movimento delle donne in Germania, organizzò insieme al deputato verde Gert Bastian, nel 1988 a Bonn il primo Hearing internazionale sul Tibet. Un'altra parlamentare verde, Adelaide Aglietta, per ben d
ue legislature ha instancabilmente portato il dramma tibetano all'attenzione del parlamento europeo. E potrei continuare con una lunga lista di esempi. Il mondo libertario, che peraltro non ha mai creduto alle favole sul Grande Timonieri e sul maoismo propinate da alcuni "studiosi della Cina", non ha dovuto attendere i film di Hollywood e la moda New Age per mobilitarsi sui tema della libertà per il Tibet e della democrazia in Cina.
Tornando, in conclusione di questo intervento, all'argomento con cui avevo iniziato vale a dire la fuga del Karmapa in India, è difficile prevedere oggi (18 gennaio) cosa accadrà nelle prossime settimane. Se il giovane lama vorrà chiedere asilo politico al governo di Delhi e se questo sarà disposto ad accordarglielo. E in caso affermativo quale potrà essere il ruolo sia spirituale sia politico che il 17 Karmapa potrà svolgere in India. Dovremo anche vedere come reagirà quella frazione della scuola Karma-Kagyu che non riconosce in Ugyen Trinley Dorje ed ha un suo candidato alternativo. L'unica cosa certa in questo momento è che un ragazzo di 14 anni, insieme alla sorella poco più che ventenne e ad altre quattro persone, ha rischiato la vita per fuggire dal suo paese. Non credo ci siano dubbi che oggi nessun tibetano è al sicuro quando si trova nelle mani dei cinesi.
Piero Verni
ATTIVITA' DELL'ASSOCIAZIONE
Vimercate (MI), 22 dicembre 1999
In rappresentanza dell'Associazione Italia-Tibet, Giovanni Ribaldone è stato tra i relatori della conferenza tenutasi presso la Biblioteca Civica di Vimercate sul tema "Tibet, quali prospettive"? Alla serata, organizzata in collaborazione con Amnesty International, hanno presenziato un centinaio di persone. Ospiti illustri, l'assessore alla cultura e il presidente del Consiglio comunale.
Torino, 21 gennaio 2000
Su invito dell'Associazione torinese "Rompere il Silenzio", Piero Verni ha parlato sul tema "Tibet e il dominio cinese - il caso del Panchen Lama".
Rimini, 27 gennaio 2000
Presso la sede dell'Università della Terza Età, Claudio Cardelli ha tenuto una conferenza sulla questione tibetana. Vivo l'interesse degli oltre trecento presenti.
Ventimiglia (IM), 28 gennaio 2000
Presso il circolo ARCI "Pier Paolo Pasolini" di Ventimiglia, Giovanni Ribaldone ha parlato sul tema "Tibet: un lento genocidio". Grande interesse del pubblico presente che ha dato vita ad una interessante sessione di domande e risposte focalizzate principalmente sui temi della situazione all'interno della Cina e della violazione dei diritti umani.
Como, 3 febbraio 2000
Presso l'Istituto Tecnico Commerciale "Caio Plinio" di Como, Giovanni Ribaldone ha tenuto una relazione sulla situazione tibetana ad un gruppo di studio composto da ragazzi che stanno lavorando sul tema dei diritti umani. E' seguita la proiezione del video "Tibet, un caso cui dare risposta", della giornalista inglese Vania Kewley. Il gruppo di studio simulerà, con l'aiuto di esperti di diritto internazionale, un processo sulle violazioni dei diritti umani in alcune aree del mondo ed ha elaborato un documento, firmato congiuntamente da alunni e docenti, che verrà consegnato ad un funzionario cinese nel corso di una manifestazione in difesa dei diritti dell'uomo organizzato a Cernobbio. Il documento, che considera il caso della monaca tibetana Ngawang Sangdrol, così conclude: "Chiediamo alle autorità della Repubblica Popolare Cinese che per Ngawang Sangdrol venga rispettata la Dichiarazione Universale dei Diritti là dove recita che tutti hanno il diritto di esprimere le proprie opinioni liberamente e che tutti
gli esseri umani, uomini e donne, in qualunque parte del pianeta, non possono essere privati delle libertà per le loro idee politiche e religiose. Chiediamo il rilascio di Ngawang Sangdrol e con lei di tutti quei tibetani che hanno avuto il solo torto di aver rivendicato il diritto, per tutti inalienabile, all'autodeterminazione".
Bolzano, 8 febbraio 2000
In occasione della presentazione del libro "Perspektiven für Tibet", Günther Cologna, a nome dell'Associazione Italia-Tibet, si è fatto promotore di una serata organizzata presso la Sala Kolping, a Bolzano. Alla manifestazione sono intervenuti il presidente della Provincia, Durnwalder, l'ex rappresentante del Dalai Lama in Svizzera, signor Gyaltsen Gyaltag e il professor Otino, dell'Area Scientifica Minoranze Etniche e Autonomie Regionali dell'Accademia Europea di Bolzano. Il libro, disponibile per ora solo in lingua tedesca, raccoglie una serie di discorsi e di testimonianze sui possibili scenari evolutivi per il Tibet.
Casalmaggiore, 6-20 febbraio 2000
Con il patrocinio del Comune di Casalmaggiore e della Provincia di Cremona, e la collaborazione dei più importanti enti locali, dell'Associazione Italia-Tibet e della Casa del Tibet, sono state organizzate una serie di manifestazioni sui più importanti aspetti della cultura e della storia tibetana. In rappresentanza dell'Associazione, il giorno 17 febbraio Claudio Cardelli, assieme a Stefano Dallari, ha tenuto una conferenza-dibattito sul tema "Tibet oggi: prospettive di pace". Antonio Attisani è stato il relatore della serata dedicata al teatro tibetano.
Parma, 22 febbraio 2000
"Tibet, il fascino di una cultura millenaria": questo il tema della conferenza tenuta a Parma dai consiglieri Claudio Cardelli ed Elio Marini. E' seguita una proiezione di diapositive.
Mortara, 29 febbraio 2000
Il Lions Club cittadino ha organizzato una serata dedicata alla figura del Dalai Lama e al suo lavoro come capo politico e spirituale del popolo tibetano. Alla conferenza, tenuta da Piero Verni, è seguita una proiezione di diapositive. Vicky Sevegnani ha illustrato la situazione dell'infanzia tibetana e ha parlato sul tema delle adozioni a distanza. Il Lions Club di Mortara ha generosamente stanziato una somma di danaro a favore dei piccoli profughi.
Votigno di Canossa, 12 marzo
Claudio Cardelli, con il gruppo musicale dei Rangzen, ha partecipato alla celebrazione del decimo anniversario della fondazione della Casa del Tibet, creata e presieduta da Stefano Dallari. Alla Casa del Tibet e a Stefano, gli auguri più sinceri dell'Associazione Italia-Tibet.
COMUNICAZIONI
Campagna per il Panchen Lama
L'Associazione Italia-Tibet si è fatta promotrice di una grande campagna di sensibilizzazione del mondo politico e dell'opinione pubblica sulle sorti di Gedhun Choekyi Nyima, undicesimo Panchen Lama del Tibet. Riteniamo questa campagna particolarmente importante e ci vedrà impegnati per l'intero anno in corso.
Obbiettivi: Sensibilizzazione del mondo politico, dell'opinione pubblica e dei mass media affinché venga consentito ad una delegazione di parlamentari di incontrare il piccolo Choekyi Nyima e i suoi genitori nonché di verificare le sue condizioni di vita e di salute.
Strumenti: Invio di una lettera e di un documento esplicativo dell'intera questione a tutti i membri della Camera e del Senato.
Invio di un "kit" costituito dal volume "Panchen Lama, ostaggio di Pechino", dal cd-rom "Tibet" e da altro materiale informativo sulla questione tibetana, unitamente alla lettera+documento sopra citata, a tutti i membri della Commissione Esteri della Camera e del Senato.
Organizzazione di conferenze-stampa e di manifestazioni specifiche.
Chi si attiva: L'Associazione Italia-Tibet, attraverso il lavoro della sua sede di Milano, dei referenti di zona e dei soci.
Altri gruppi di sostegno operanti in Italia a sostegno della causa tibetana unitamente ad alcuni Centri di Buddhismo tibetano (coordinamento dell'Associazione Italia-Tibet).
Cosa chiediamo ai soci:
Chiediamo a tutti i soci di attivarsi a livello locale interessando alla questione di Gedun Choekyi Nyima gli esponenti del mondo politico del loro comune, della provincia e della regione. A questo scopo viene inviata a tutti i soci copia della lettera+documento stilata a cura dell'Associazione Italia-Tibet, a titolo di materiale informativo di base. Naturalmente, la lettera di presentazione che accompagna il documento può essere "personalizzata", in relazione al vostro grado di conoscenza della persona cui verrà inviata e alle sue specifiche aree di interesse.
Chi desiderasse ricevere uno o più "kit" completi, può farne richiesta all'Associazione. In questo caso vi chiediamo di contribuire alle spese con una piccola offerta.
Vi chiediamo inoltre di far pervenire il documento alle redazioni dei quotidiani locali e a tutti coloro che, a vostro giudizio, potrebbero essere sensibilizzati e interessati all'argomento.
Ove possibile, vi chiediamo di organizzare serate e manifestazioni a sostegno della campagna.
Preghiamo vivamente tutti i soci che si attiveranno di comunicare alla sede i nomi delle personalità contattate e di dare resoconto delle iniziative intraprese.
L'Associazione Italia-Tibet ha già inviato a tutti i membri della Camera e del Senato copia della lettera e del documento "Rompere il silenzio, una campagna per il Panchen Lama". Ai capigruppo, oltre al documento, è stato spedito l'intero "kit" informativo.
Il "Blue Book", un passaporto di solidarietà
L'Ufficio del Tibet di Ginevra ha chiesto alla nostra Associazione di sensibilizzare tutti gli amici del Tibet sull'importanza di contribuire al finanziamento delle attività del governo tibetano in esilio con delle offerte libere (a partire da un minimo di £. 50.000).
Chiunque invierà un'offerta, riceverà, in segno di riconoscimento, il "Blue Book", un "passaporto di solidarietà" attestante il suo contributo alla causa del popolo tibetano: il "libro blu" vi renderà cittadini ideali di un Tibet che speriamo presto libero dall'oppressione e dall'ingiustizia.
Tempo fa l'Associazione si era già fatta promotrice di questa iniziativa, ma qualcosa a volte si è inceppato nel meccanismo d'invio del documento. Abbiamo ricevuto da Ginevra ampie garanzie circa il corretto funzionamento della spedizione di questo specialissimo "passaporto" che vi riproponiamo contando, come sempre, sulla vostra disponibilità.
COME RICEVERE IL BLUE BOOK?
1 - Versate la vostra offerta sul c.c. postale dell'Associazione (N. 24313207), specificando la causale del versamento.
2 - Inviate la fotocopia dell'avvenuto versamento unitamente ad una vostra foto formato tessera e al vostro nome, cognome e indirizzo a:
Tibet Bureau
Place de la Navigation 10
1201 Geneva - Switzerland
L'Ufficio del Tibet provvederà all'invio del Blue Book e l'Associazione invierà periodicamente le offerte ricevute a Ginevra.
La Provincia di Milano a sostegno dei bambini tibetani
Il Presidente della Provincia di Milano, On. Ombretta Colli, ha incontrato venerdì 28 gennaio il Presidente del Tibetan Children's Village di Dharamsala, signora Jetsun Pema, sorella di Sua Santità il Dalai Lama, per formalizzare un protocollo d'intesa riguardante l'intervento dell'Amministrazione provinciale a favore dei bambini tibetani in esilio. Tale intervento prevede un finanziamento di cinquecento milioni di Lire per la costruzione di una scuola modello per i bambini tibetani da realizzarsi a Selakui, nell'India settentrionale. "Una scuola - ha dichiarato Ombretta Colli - che formi la futura classe dirigente del Tibet, pensata per bambini intellettualmente dotati che tuttavia non sono in grado di esprimere le proprie potenzialità nelle attuali strutture educative della comunità tibetana in esilio".
Alla conclusione dell'incontro, Jetsun Pema si è fatta interprete dell'apprezzamento di Sua Santità il Dalai Lama che ha invitato ufficialmente l'on. Colli a recarsi in India il prossimo settembre per l'inaugurazione della scuola.
L'Associazione Italia-Tibet in aiuto di "Kunfen"
Kunfen è la denominazione di un gruppo che opera in India a sostegno e per il recupero dei giovani caduti nella trappola della droga. Da qualche tempo, Kunfen ha deciso di aiutare, con l'aiuto degli stessi tibetani, anche i giovani profughi che, a Dharamsala o in altre comunità dell'esilio, sono vittime dello stesso problema e spesso si trovano in condizioni disperate. L'Associazione Italia-Tibet, tramite Karma Chukey che attualmente, a New Delhi sta seguendo personalmente il lavoro di Kunfen per il recupero dei giovani tibetani tossicodipendenti, ha elargito una cospicua offerta all'organizzazione quale contributo al conseguimento dei suoi importanti obbiettivi.
Rinnovi 2000
Nel ringraziarvi per l'impegno e la fiducia che da anni accordate all'Associazione e al suo lavoro, vi invitiamo a rinnovare, possibilmente entro i primi mesi dell'anno, la vostra quota associativa il cui importo rimane invariato.
Siamo lieti di comunicare che tutti i soci in regola con la quota associativa per l'anno 2000 riceveranno in omaggio il cd-rom "Tibet, storia-cultura-società-religione-natura", realizzato da Piero Verni e Paolo Pobbiati. Anche se, forse, alcuni di voi non possiedono ancora un computer, abbiamo pensato che questa potrebbe essere un'occasione favorevole per coinvolgere nella visione di questo bellissimo cd-rom qualche amico dotato dei necessari strumenti tecnici ma poco informato circa la storia e la cultura tibetana.
Conferenze in programmazione
Rimini, 20-23 marzo: terza Rassegna del Film e del Documentario Himalayano, presso la cineteca comunale. Tutti i giorni dalle ore 17 alle ore 19.
Fermo, 25 marzo: conferenza di Claudio Cardelli nell'ambito delle manifestazioni sul Tibet organizzate dall'Assessorato alla Cultura del comune.
Faenza, 4 aprile: conferenza sul tema "Pellegrinaggio Himalayano, viaggio nella cultura del Tibet", presso il circolo "Luogo Comune", Via Strocca di S. Biagio 47. Relatore Claudio Cardelli, organizzazione di Federica Ghetti.
Rimini, 4-5 maggio: Tibet e Giappone, due incontri con Fosco Maraini.
Da non perdere!
Il 6 giugno, a Modena, grande concerto di Luciano Pavarotti, "Pavarotti & Friends for Tibet". Sono in fase di definizione le modalità di partecipazione del Dalai Lama allo straordinario evento che verrà trasmesso in mondovisione. Maggiori informazioni saranno fornite appena verrà messo a punto il programma della serata.
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Nel corso dell'incontro con i soci dello scorso mese di ottobre, è stato donato al Dalai Lama il casco da alpinismo/ciclismo prodotto dalla ditta Grivel di Courmayeur ed interamente decorato con la bandiera tibetana. Sua Santità, con lo spirito e il senso dell'umorismo che gli sono propri, lo ha subito indossato, molto divertito.
Ricordiamo a tutti che il casco è in vendita presso l'Associazione.
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PER SAPERNE DI PIU'
Perspektiven für Tibet, Pubblicato da Klemens Ludwig, pag. 164, DM 19; il volume raccoglie gli interventi dei partecipanti alla conferenza organizzata il 19 giugno 1999 dal gruppo di sostegno tedesco Tibet Initiative Deutchland, unitamente ad alcuni articoli tratti dagli atti dell'incontro "Dialogo Sino-Tibetano" che ha visto riuniti, in Germania, esponenti tibetani e del Movimento Democratico Cinese.
Per ordinare il volume contattare:
Tibet Initiative Deutchland, Bullmannaue 11, D-45327, Essen
Fax: 0201/8303822
e-mail: tibet.initiative@asienhaus.org
La Petizione in 70.000 Caratteri, il rapporto, rimasto segreto per 34 anni, con il quale il decimo Panchen Lama denunciò alle autorità cinesi, nel 1962, i massacri e le distruzioni perpetrate in Tibet. Mao definì questo documento "una freccia avvelenata scoccata al Partito". Due anni più tardi, il Panchen Lama fu arrestato senza processo e privato della libertà per quattordici anni.
A partire dal 28 gennaio 2000, Tibet Information Network, per ricordare l'undicesimo anniversario della morte del decimo Panchen Lama, ha reso reperibile il documento presso il sito web:
http://www.tibetinfo.net
Tibet's Stolen Child, un nuovo video di 60 minuti sulla scomparsa di Gedun Choekyi Nyima, undicesimo Panchen Lama del Tibet. Il film raccoglie le testimonianze di alcune importanti personalità, da Elie Wiesel all'arcivescovo Desond Tutu, da Mairead Maguire allo stesso Dalai Lama, sul rapimento del piccolo Choekyi Nyima, nel contesto del conflitto tra Cina e Tibet e in relazione ad altre lotte che insanguinano lo scenario politico internazionale.
Per maggiori informazioni sul nuovo video si trovano al sito web:
http://www.garthgrif.com
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