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Conferenza Tibet
Partito Radicale Massimo - 7 giugno 2000
DALAI PRIDE E MALIZIE

Secondo quanto ordina la malizia delle cose umane, i giornalisti italiani, a dispetto di altre decine di domande possibili, si sono dovuti chiedere cosa pensasse il Dalai Lama sul Gay Pride. Potevano, tanto che c'erano, domandargli del passaggio di Batistuta alla Roma. Intendiamoci: non nego la liberta' di domandare, ne' tantomeno le ragioni della convocazione della Gay Parade romana, critico l'intelligenza posta al servizio del voluttuario. La risposta - ma il titolo dell'articolo di Repubblica di oggi e' malizioso: 'monito del Dalai Lama, sesso gay un'errore' - e' quella di un monaco buddista tibetano di scuola Gelug-Pa che poco o niente sa sulla sessualita' e come tale risponde: una cattiva condotta, non un errore. Nel buddismo non esiste la percezione dell'errore, ma sono le azioni legate tra loro dalla legge di causa ed effetto a decidere il 'karma' di ognuno; e l'individuo e' considerato come unico responsabile della propria condotta e della propria vita, somma del karma di tutte le vite precedenti. Pe

r di piu' senza la presenza inquisitoria di giudici, politici e prelati a stabilirne la morale legalita', dispensando nulla osta o patrocini o al contrario disponendo 'abiuratio e purgatio' per l'eretico deviante.

Ma in quanto leader del Governo tibetano in esilio non ha dubbi e dichiara senza paura che 'non si devono fare discriminazioni'. Un esempio di come sia possibile conciliare le esigenze di governo della societa' con quelle di guida spirituale, e se vogliamo religiosa: perche' e' cosi' che e' maldestramente recepito il buddismo in Italia ed in occidente, come una vera e propria religione suscettibile addirittura, come e' accaduto di recente, di siglare un'Intesa con lo Stato.

Molto piu' interessante e' invece quando Tenzin Gyatso dichiara positivo l'ingresso - ancora non formalmente avvenuto - della Cina nel WTO. In questo caso malizioso e' il Dalai Lama. Da una parte strizza l'occhio all'inarrestabile globalizzazione, sicuramente positiva anche per il suo Tibet occupato da 50 anni, e dall'altra ricorda, e per primo ai fautori dell'economia globale, che questo processo in Cina deve essere foriero di aperture democratiche. Un pensiero lontano da quello dei mercantilisti Lamberto Dini e Pascal Lamy, Commissario europeo al Commercio.

 
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