L'INTROVABILE CRIMINALE DI GUERRA CHE LAVORA TRANQUILLO NEL SUO UFFICIO
Il principale imputato della pulizia etnica in Bosnia vive a Pale, sotto gli occhi dei soldati Onu che non lo arrestano
"Mi occupo di economia"
(Il Foglio, 30 maggio 1997)
Pale "Come vede sto bene, è tutto ok", esordisce con un sorriso a trentadue denti Radovan Karadzic, 52 anni, l'uomo più odiato della Bosnia Erzegovina. L''introvabile' ricercato numero uno dal Tribunale internazionale per i crimini di guerra nell'ex Jugoslavia lavora tranquillamente negli uffici governativi della presidenza della Repubblica Srpska a Pale, l'autoproclamata capitale dei serbi in Bosnia, a quindici chilometri da Sarajevo. La padrona di casa è la lady di ferro dei Balcani, Biljana Plavsic, che da tempo preferisce però i palazzi di Banja Luka, lontano dall'ex fabbrica di tank "Koran", oggi sede della presidenza.
Davanti all'ex stabilimento di carri armati, i poliziotti serbi sono in tenuta da combattimento. Giubbotto antiproiettile, kalashnikov con doppio caricatore e maschera antigas agganciata alla gamba. L'ufficio che cerchiamo si trova al secondo piano a sinistra, mentre nell'anticamera lavorano i collaboratori più stretti, l'ex generale dei sevizi segreti Bodgan Subotic e un'inseparabile segretaria dai capelli rossi. Karadzic irrompe nella stanza dell'alto ufficiale e inizia a parlare inglese, come se nulla fosse cambiato dall'inizio della guerra. Indossa un completo grigio, è un po'
dimagrito, scavato in viso, ma con l'immancabile ciuffo ribelle e brizzolato. La comunità internazionale gli ha imposto di abbandonare tutte le cariche ufficiali, di non comparire né in pubblico né sui media, e (teoricamente) di non influenzare la scena politica locale. A lui e al generale Radko Mladic il Tribunale dell'Aia ha dedicato nel 1995 due atti d'accusa per genocidio, crimini contro l'umanità, mancato rispetto della convenzione di Ginevra e gravi violazioni delle leggi di guerra, spiccando dei mandati di cattura internazionali. Il primo, nel luglio 1995, firmato dal procuratore capo, il sudafricano Richard Goldstone, accusa i leader serbobosniaci della cosiddetta "pulizia etnica" nei confronti di musulmani e croati, in quanto massime autorità nella catena di comando serbobosniaca. Altri capi di imputazione sono l'assedio e il cecchinaggio di Sarajevo, la distruzione dei luoghi di culto islamici e l'utilizzo dei caschi blu come scudi umani. La seconda incriminazione, del 16 novembre 1995, descrive ne
i particolari la triste sorte di Srebrenica, l'enclave musulmana nella Bosnia orientale, protetta dall'Onu ma conquistata manu militai dai serbi. Fra i tre e gli ottomila abitanti in fuga dalla cittadina sono stati passati per le armi dai soldati di Mladic e seppelliti in fosse comuni. I team di patologi inviati dall'Aia hanno riesumato lo scorso anno oltre 400 cadaveri nella zona. Karadzic ha sempre respinto le accuse con sdegno e ora, nel suo tranquillo ufficio, ci spiega sardonico che "si occupa di economia politica, perché il paese ha bisogno di risollevarsi".
Poesie di morte per Sarajevo
Un bel salto: ha iniziato come poeta, poi psichiatra, quindi capopopolo e infine economista. Eppure ai tempi dell'infatuazione letteraria i versi di "Sarajevo", una poesia scritta prima della guerra, erano premonitori: "La disgrazia io la sento camminare veramente/ trasformata nell'insetto quando verrà l'ora del tuono:/ sbriciolerà l'insetto". E ancora: "Brucia la città come un grano d'incenso,/ in quel fumo pure la nostra coscienza serpeggia." Radovan, che significa "esser felici", da pochi mesi è nonno, ma pur amando molto la famiglia non porta più la moglie Liljana, vera eminenza grigia, ad acquistare tailleur e scarpe firmate nelle boutique di Ginevra. La zona di Pale dove vive è nel settore di controllo del contingente italiano. Un ufficiale dei reparti operativi dice che mister K, nome in codice del leader serbo, viene segnalato spesso nei suoi spostamenti e attentamente monitorato.
Oltre a Karadzic, l'Aia ha incriminato 73 persone con 18 diverse inchieste. Solo 8 accusati sono detenuti. A Banja Luka, Milan Martic, ricercato con mandato di cattura internazionale per il lancio di missili su Zagabria nel '95, ha una sede di rappresentanza dove rilascia interviste sotto il naso dei soldati della forza si pace. Per risolvere la spinosa questione l'alto comando della Nato, di concerto con Washington, Parigi e Londra ha pronto il piano per il blitz di forze speciali. Durerebbe 18 ore. Centinaia di uomini trasportati via elicottero sotto il comando Nato e del Pentagono. Obiettivo, catturare il più alto numero di criminali di guerra e primo fra tutti Radovan Karadzic. Che secondo una fonte attendibile della comunità internazionale "non giungerebbe mai vivo davanti ai giudici dell'Aia".