LA CONFERENZA DI MONTEVIDEO
SI' AL TRIBUNALE INTERNAZIONALE
di Stefano Palumbo
MONTEVIDEO, URUGUAY - La Conferenza Latinoamericana sul Tribunale penale permanente conclusasi a Montevideo, in Uruguay il 10 ottobre scorso è stata, per molti partecipanti, la prima occasione di poter discutere di crimini contro l'umanità e di genocidio nel Continente Sudamericano, senza dover essere accusati di voler sabotare i compromessi di "pace" che hanno sostituito le dittature militari. Tuttavia è significativo che proprio da questi Paesi venga una forte spinta per la creazione del Tribunale, che, ovviamente, non avrà effetti retroattivi e non sarà quindi una soluzione per avere finalmente giustizia nel continente latinoamericano, ma certo potrà essere un potente deterrente contro nuovi crimini, o contro nuovi governi "forti" che vogliono usare la tortura, l'omicidio, il massacro e ogni altra grave violazione dei diritti umani per il prossimo futuro. Grazie a questa conferenza, organizzata dal Comitato Internazionale "Non C'è Pace Senza Giustizia" si è potuto affrontare in America Latina il problema
della creazione di una Corte criminale Internazionale. E questo consente, ancor di più, di poter affrontare il tema della giustizia, o meglio, che non può esserci pace sicura e duratura senza l'esercizio della giustizia in Sud America. Per la prima volta, paesi come il Nicaragua, il Paraguay e l'Uruguay si sono trovati a discutere insieme, a prendere posizione ufficiale a favore del Tribunale. Il fronte favorevole comunque continua ad essere guidato con grande energia dall'Argentina e dal Costarica. Rimangono tuttavia forti opposizioni da parte del Messico, e in maniera più defilata, del Brasile. Il dibattito sulla creazione del Tribunale si è, come largamente previsto, intrecciato con le tristi esperienze di violenza e di terrore dei "desaparecidos" che hanno segnato la storia dell'America Latina negli ultimi decenni. Finalmente si conosce la verità sui delitti commessi, e forse non tutta, ma di certo giustizia non è stata fatta. "Il Continente Sudamericano ha attraversato anni oscuri di dittatura, e ora s
i sta preparando ad entrare nel terzo millennio con grande speranza. - ha così esordito Emma Bonino alla cerimonia di inaugurazione della Conferenza - Sicuramente restano moltissime cose da fare, sia sul piano economico che su quello sociale, e le istituzioni democratiche non hanno avuto la stessa forza e stabilità in tutti i Paesi, ma sono convinta che le trasformazioni in atto devono rappresentare un motivo di soddisfazione e non di inquietudine. L'esperienza della dittatura ha portato il continente sudamericano a considerare un tema particolarmente vivo, la questione del rispetto dei valori democratici e dei diritti umani". La Conferenza è stata presieduta oltre che da Emma Bonino, Commissaria Europea per gli aiuti umanitari, anche dal Ministro degli Esteri dell'Uruguay, Alvaro Ramos e dal Presidente del Parlamento Latino Americano Juan Adolfo Singer. Hanno preso parte al dibattito numerosi rappresentanti istituzionali, parlamentari, organizzazioni non governative provenienti da tutta l'America Latina. So
no intervenuti inoltre il Segretario Generale di "Non C'è Pace Senza Giustizia" Marino Busdachin, l'on. Gianfranco Dell'Alba, deputato al Parlamento Europeo, Salvo Andò e Sergio D'Elia, Segretario di "Nessuno Tocchi Caino", l'associazione per abolire la pena di morte entro il 2000. E proprio D'Elia nel suo intervento sottolinea il punto di incontro fra le due campagne radicali, cioè l'anello giuridico della regola scritta nello statuto del tribunale che esclude la pena di morte, come pena che il tribunale può comminare. "Il No alla pena di morte - afferma D'Elia - darà al Tribunale il senso di una giustizia giusta, che non cancella il reo una volta per tutte dalla faccia della terra. Siamo vicini all'alba del terzo millennio, e l'abolizione della pena di morte, anche dalle regole del tribunale internazionale è non solo una necessità dell'individuo, il rafforzamento ulteriore della sua sfera di inviolabilità, ma anche la necessità storica ed universale, il punto di approdo della nostra epoca, il punto di inco
ntro delle nostre civiltà". "Alle nostre generazioni - dichiara il presidente di 'Non C'è Pace Senza Giustizia', il senatore Sergio Stanzani nel suo messaggio inviato ai convegnisti - spetta il compito difficile e gravoso di affermare la legge ed il diritto come regolatori dei rapporti fra i popoli, fra le culture, fra le etnie e fra le nazioni. Se questi sforzi avranno successo, avremo senza dubbio contribuito, nelle forme storicamente possibili, a costruire una civiltà fondata sulla convivenza, sulla tolleranza, sul rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo".