UN "SUPER TRIBUNALE" PER GIUDICARE I CRIMINALI DI GUERRA
CAMPAGNA DELLA BONINO IN SUDAMERICA
A Montevideo confronto sulla proposta di una Corte penale internazionale. "No" da Pechino, Londra e Parigi. Gli Stati Uniti sono favorevoli.
Di Roberto Romagnoli
Il treno della giustizia senza frontiere ha fatto tappa a Montevideo. Spinto dalla locomotiva del Comitato internazionale di "Non c'è Pace Senza Giustizia" marcia lungo un cammino pieno di insidie verso la meta finale: Roma. Nella capitale, infatti, nel giugno 1998, potrebbe finalmente vedere la luce, dopo 50 anni di "riflessioni", lo statuto per la creazione di un Tribunale penale internazionale. Una "Norimberga" permanente, che sia in grado di assicurare alla giustizia, in tempi reali, i futuri Karadzic e Mladic. Affinché la parola impunità possa essere cancellata per sempre dal vocabolario di assassini che si macchiano di genocidi, crimini di guerra e contro l'umanità. Dopo la tappa Sudamericana, e prima di Roma '98, il treno di "Non C'è Pace Senza Giustizia" toccherà Atlanta, New York, Dakar e Nuova elhi con la speranza che alla fine gli Stati affacciati alla finestra a vedere che cosa succede si mettano una mano sulla coscienza e sposino una causa che incontra ancora molte resistenze. Da quella di Cina
, Francia e Inghilterra, timorose forse di perdere potere nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU, a quella meno forti degli USA - anche se il presidente Clinton ha recentemente auspicato che il tribunale internazionale possa funzionare entro l'anno Duemila - a quelle di stati a cui la parola pace e giustizia fanno ancora paura. In America Latina è il caso del Messico che di una giustizia internazionale non vuole sentirne parlare. Nonostante sia già stato stabilito che nello statuto finale non entrerà il concetto di retroattività, la conferenza di Montevideo, presieduta dalla Commissaria Europea Emma Bonino, dal ministro degli esteri uruguayano Alvaro Ramos e dal Presidente del Parlamento Latino Americano Juan Adolfo Singer, ha assunto un particolare significato in un continente che per tutto il secolo si è cibato di colpi di Stato, dittature, sparizioni di massa, amnistie e che ancora oggi affida in alcuni casi le sentenze ai giudici incappucciati. Qui il tema dei diritti umani e della giustizia non piace a mol
ti. Per sostenere la creazione del tribunale internazionale, che la maggior parte degli Stati teme possa finire con il provocare un'ingerenza nelle giustizie nazionali, è intervenuta anche la Bonino che ha sottolineato come non sia più possibile rimandare l'appuntamento finale: "Come potremo spiegare alla gente che a 50 anni dal primo pronunciamento delle Nazioni Unite sulla creazione di questo organismo, dopo studi, incontri e riflessioni, che non siamo ancora pronti? Gli organismi internazionali - ha poi aggiunto - ci hanno abituato a tempi biblici, è ora di sintonizzarci su tempi storici". Eppoi, per sconfiggere lo scetticismo di chi lo interpreta come un progetto utopico, ha ricordato la campagna delle mine anti-uomo: "Cominciò 10 anni fa e ci si sentiva ugualmente impotenti. E ora si è portato a casa il premio Nobel per la Pace".