NASCERA' A ROMA IL TRIBUNALE INTERNAZIONALEMalgrado il boicottaggio francese.
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Di Stefano Palumbo
Di certo c'è solo che il tribunale ci sarà. E non è poco. A cinquant'anni dai processi di Norimberga e Tokyo, il sogno di creare una Corte permanente per processare chi si sia macchiato di crimini contro l'umanità, crimini di guerra, e genocidio diventa realtà. L'Italia sarà la grande protagonista di questo evento, esattamente come il Canada lo è stato per le mine anti uomo. Sarà infatti Roma ad ospitare i diplomatici di 185 Paesi delle Nazioni Unite per la Conferenza di plenipotenziari che dal 15 giugno al 17 luglio '98 approverà lo Statuto della Corte permanente, secondo le risoluzione adottata ieri pomeriggio all'ONU. Ma non basta: rimane aperta la questione della sua reale indipendenza rispetto al Consiglio di Sicurezza. Il rischio è di mettere su un organismo sulla carta, un enorme macchina burocratica incapace di dare prova di efficacia ed indipendenza, di assicurarsi un ruolo solido sulla scena internazionale. Un rischio che trova testimonianza in quello che sta accadendo proprio in questi giorni in F
rancia, dove il Ministro della Difesa, Alain Richard ha accusato pubblicamente il tribunale internazionale dell'Aja di fare 'giustizia spettacolo', e dichiara che giammai la Francia autorizzerà un suo ufficiale a portare la propria testimonianza orale in Aula. Una dichiarazione un po' offensiva per i duecento testimoni che si sono sottoposti a proprio rischio e pericolo ai controinterrogatori della Corte dell'Aja per desiderio di giustizia, che si sono sottoposti ai procedimenti di pubblico contraddittorio richiesti dalla difesa e dall'ufficio del Procuratore. Questa pratica di diritto anglosassone, se da un lato può sembrare inquisitrice, è giustificata dalla necessità di rispettare scrupolosamente il diritto della difesa, e non come sembra credere Richard per fare giustizia spettacolo. Non è possibile confondere il dovere a prestare la propria testimonianza con la messa in stato di accusa, a meno di cattiva volontà o, ma non possiamo crederci, di cattiva coscienza. Ma come se non bastasse la SFOR, forza m
ultinazionale della Nato, ha diviso la Bosnia in tre settori: americano, inglese e francese. La maggior parte dei ricercati si trovano proprio nel settore francese: i fatti parlano da soli. Un'inerzia ancora più clamorosa dinanzi alla collaborazione a livello politico e finanziario per le indagini e gli arresti del governo britannico, tedesco, canadese e statunitense. Proprio questa collaborazione di tutti i Paesi che controfirmeranno il trattato risulterà fondamentale, togliendo ossigeno, possibilità di movimento e di azione ai criminali, costretti a rimanere asserragliati nei loro bunker, in balia di situazioni politiche precarie ed instabili. Certo è prematuro parlare oggi di polizia internazionale. Si rischierebbe di rimandare ad un dibattito infinito, che ritarderebbe di altri trent'anni, soffocando così ogni tentativo di mettere le basi per una nuova giurisdizione internazionale. Per queste ed altre questioni la campagna del Comitato Internazionale 'Non C'è Pace Senza Giustizia' non può fermarsi qui. S
enza dubbio è la prima, certa vittoria per il Partito Radicale transnazionale che assieme a NCPSG ed ad altre organizzazioni non governative, si battono per l'istituzione del Tribunale. L'attenzione adesso si concentra su come fare perché questo tribunale funzioni in maniera efficace e credibile, perché si crei un deterrente concreto ai crimini in corso e a quelli futuri, perché si ponga definitivamente la parola fine allo stato di manifesta impunità per i criminali internazionali.