IL CASO
UN PASSO AVANTI PER IL TRIBUNALE INTERNAZIONALE
Prima pagina
Di Stefano Palumbo
"Hanno dato fuoco a mia sorella, viva, hanno sparato in faccia a mia madre e accoltellato mio padre, ho trovato i loro corpi a casa, ero uscita per andarmi a medicare in ospedale, mi avevano sparato alle gambe ed alle braccia. Quello che è successo a me ed alla mia famiglia non deve accadere mai più a nessun altro". Con queste poche parole, Happy Mutesi, ruandese, vent'anni ha scaraventato quella che rischiava di essere un'altra conferenza tecnica sul tribunale internazionale per i crimini di guerra, in un tragico spaccato di vita di tutti i giorni a Kigali, gravido della disperata speranza che sia fatta giustizia. Chi ha massacrato la sua famiglia è ancora libero, e lei lo sa, forse è riuscito a scappare in un altro paese, dove, malgrado la sentenza del tribunale ad hoc per il Ruanda, gode della più scandalosa impunità. Sul filo della stessa speranza il comitato "Non C'è Pace Senza Giustizia" ha raccolto le adesioni di oltre cinquanta capi di Stato e Premi Nobel ad un appello solenne ai membri dell'ONU aff
inché facciano tutto quanto in loro potere per garantire che i criminali di guerra nella ex-Jugoslavia e in Ruanda siano immediatamente arrestati e giudicati e affinché rinnovino il mandato del Comitato Preparatorio, convocando a Roma nel '98 la Conferenza Diplomatica di plenipotenziari incaricata di istituire il Tribunale Internazionale. Firme autorevoli, dal Dalai Lama alla Regina Noor di Giordania, da Boutros Boutros Ghali a Jimmy Carter, a Rita Levi Montalcini, Sonia Gandhi, Shimon Peres, Mary Robinson, Danielle Mitterand per citarne solo alcune, firme che la Commissaria Europea per gli aiuti umanitari, Emma Bonino ha consegnato nelle mani del Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, proprio lo scorso 1 dicembre in occasione dell'apertura della penultima sessione del Comitato Preparatorio dell'ONU. "In questi giorni si discuterà di problematiche scottanti - ha spiegato Emma Bonino in una conferenza stampa insieme al Presidente di Trinidad e Tobago Robinson e al Ministro della Giustizia senegal
ese Baudin - dalle pene comminabili da parte della Corte, alla definizione dei crimini che la Corte stessa potrà perseguire, fino all'indipendenza dai veti del Consiglio di Sicurezza sulle indagini e sulle sentenze del Tribunale". Si tratta di aspetti fondamentali per l'effettivo funzionamento e credibilità di una Corte internazionale, nonché argomenti di discussione che rischiano di rimandare il dibattito all'infinito, impedendo - ed è questo a cui mirano alcuni governi - la conclusione dei lavori e quindi la conferenza istitutiva. L'esperienza dei tribunali ad hoc ha finalmente dimostrato come non sia più possibile continuare ad istituire corti penali ogniqualvolta si verifichi una guerra. Si parla infatti di istituirne una per la Cambogia, un'altra per l'Iraq ed un'altra ancora per il Burundi. Senza poi calcolare i tempi tecnici necessari per istituire ognuno di questi tribunali, per nominarne i giudici, per trovare le strutture adeguate ad ospitarle in situazioni spesso disagiate.
Accoglienza entusiasta, quella riservata alla delegazione da parte delle Nazioni Unite, a cominciare dallo stesso Annan che ha dichiarato quanto sia "fondamentale che organizzazioni internazionali non governative come il Partito Radicale, transnazionale e transpartito, e come la stessa 'Non C'è Pace Senza Giustizia' lavorino mano nella mano con i Governi, come è successo per le Land Mines, solo così infatti sarà possibile raccogliere i frutti di cinquant'anni di lavoro per la creazione del tribunale internazionale il prossimo giugno a Roma, realizzando un grande obiettivo di giustizia internazionale". Rimangono tuttavia le posizioni fredde e defilate di alcuni governi che vedono nell'istituzione del tribunale un rischioso elemento di disturbo nella giurisdizione interna. Una grande soddisfazione per "Non C'è Pace Senza giustizia" leader a livello non solo americano, ma anche internazionale, di questa battaglia. Una leadership conquistata e riconosciuta grazie anche all'apporto del Partito radicale che, anche
in questa occasione, è stato presente con una delegazione di parlamentari europei, da Gianfranco Dell'Alba ad Adelaide Aglietta, guidata dal Segretario Olivier Dupuis, per consegnare a Kofi Annan 700 firme di parlamentari di tutto il mondo che hanno aderito all'appello per il tribunale. La campagna di sensibilizzazione mondiale di "Non C'è Pace Senza Giustizia" ovviamente non si ferma qui, il prossimo appuntamento sarà proprio in Africa, focolaio di guerre etniche, di crimini atroci perpetrati in tutto il continente. Sarà proprio il Presidente Diouf ad ospitare a Dakar la prossima conferenza, alla quale parteciperanno tutti i governi africani delineando uno scenario di rilevanza epocale per il traguardo finale.