ANCORA IMPUNITI I MASSACRI DI SREBRENICA E DEL RUANDADi Alberto Negri
A cosa può servire un tribunale per i crimini contro l'umanità? Forse soltanto a ricordare le immagini che in giorni non lontani sono sfilate rapidamente sugli schemi tv per poi scomparire della memoria con la rapidità della pressione su un tasto del telecomando.
L'11 luglio del 1995 nella "zona sicurezza" di Srebrenica 8mila civili dai 12 ai 60 anni vennero trucidati dall'esercito e dalle milizie serbe e della Bosnia: fu il peggiore massacro in Europa dalla fine del terzo Reich. Più di due anni sono passati da allora ma nonostante testimonianze scioccanti e i mandati d'arresto contro Mladic e Karadzic non è stato fatto nessuno sforzo serio per catturarli. Non solo. La strage di Srebrenica fu favorita dai caschi blu olandesi dell'ONU che fornirono 30mila litri di carburante a Mladic per trasportare le vittime nei campi di sterminio di Potocarì, un'operazione compiuta con la complicità "eccellente" del generale francese Bernard Janvier, comandante delle forze ONU a Zagabria.
Secondo un'inchiesta di "Le Figaro" la Francia oggi intralcia le indagini della corte penale internazionale per l'ex Jugoslavia perché teme che un altro tribunale, quello sui crimini di guerra in Ruanda, chieda agli ufficiali francesi di andare a testimoniare. Alcuni militari francesi, scrive il quotidiano parigino, hanno addestrato numerosi soldati e miliziani ruandesi che si sono poi resi responsabili delle stragi. Non sono intervenuti quando è cominciato il genocidio - 600mila morti in pochi mesi - e hanno poi ricevuto l'ordine di aiutare i capi delle bande di assassini a fuggire. Dopo la pubblicazione dell'articolo sulla vicenda è calato il silenzio: nessuna reazione, nessun editoriale, non è comparso neppure - come nota William Pfaff sul'"Internationl Herald Tribune" - un manifesto degli intellettuali francesi, sempre pronti, di solito, a denunciare le violazioni dei diritti dell'uomo.
Così vanno le cose oggi sul fronte della giustizia internazionale. Gli esempi negativi della Francia non devono far pensare che Parigi sia isolata. Gli americani, per fare un altro caso, si sono opposti graniticamente alla possibilità che l'ONU potesse classificare nei documenti ufficiali come un "genocidio" quello che è accaduto tra Hutu e Tutsi in Ruanda: questa definizione infatti li avrebbe obbligati ad intervenire in Africa.
Un Trattato istitutivo di un Tribunale internazionale permanente per giudicare i crimini contro l'umanità, promosso dal commissario europeo Emma Bonino e sponsorizzato dal finanziere George Soros, appare dunque come un'iniziativa necessaria, forse indispensabile visti i precedenti.
"Il problema fondamentale - dice il commissario Bonino reduce da una missione a Dakar dove ha raccolto il sostegno di una trentina di Paesi africani - è quello di definire i rapporti tra il Tribunale, l'ONU e il Consiglio di Sicurezza. Si confrontano due schieramenti: i sostenitori di una totale indipendenza del Tribunale e colori secondo i quali la Corte dovrebbe essere soggetta al Consiglio di Sicurezza. Tra questi due estremi occorre trovare una mediazione e questo sarà il tema centrale dell'appuntamento di Roma del 15 giugno quando si comincerà a discutere del trattato". La Bonino intanto ritorna dal Senegal con una buona notizia: tra due settimane inizierà ad Arusha il processo contro 32 responsabili dei massacri in Ruanda. Tra di loro c'è anche il famigerato colonnello Bogosora che era riuscito a fuggire in Camerun. Molti altri però sono rimasti, protetti e impuniti, nel paese delle mille colline dove le stragi continuano: se un giorno nascerà, il futuro Tribunale dovrà ricominciare da subito a scavare
nella memoria reticente della comunità reticente.