SOROS - BONINO: UN TRIBUNALE MONDIALEDi Matteo Persivale
DAKAR - Lui è il finanziere - filantropo che si diverte di più a discutere di filosofia che di tassi d'interesse, lei la passionaria che ha portato lo spirito ideale (e un po' kamikaze) del partito radicale nel grigiore della burocrazia dell'Unione europea. Lui al titolo di "re di Wall Street" preferisce quello ironico di "progettista in limousine", lei è stata definita "rivoluzionaria in tailleur". Sono una strana coppia, il miliardario americano d'origine ungherese George Soros e la commissaria europea Emma Bonino: eppure ieri, seduti fianco a fianco in un anfiteatro colmo di politici e diplomatici africani, hanno ripetuto le stesse cose.
Soros, attraverso il suo "Istituto per la società aperta" che supporta centinaia di iniziative umanitarie e culturali in tutto il mondo, ha deciso di sostenere la nascita del "Tribunale penale internazionale permanente per giudicare i crimini contro l'umanità", fortissimamente voluto dalla Bonino. Ecco così il convegno di Dakar, organizzato da Soros e dall'Unione europea per definire una strategia comune dei Paesi africani in vista del maxi - congresso di Roma. Proprio a Roma, infatti, dal 15 giugno al 17 luglio le delegazioni di 130 Paesi si riuniranno per scrivere lo statuto del Tribunale, una sorta di Norimberga permanente che sarà incaricata di perseguire i crimini contro l'umanità. Niente più tribunali ad hoc, come quelli creati per il Ruanda e la ex - Jugoslavia, ma un solo organismo con poteri precisi e procedure rapide. "Dovrà punire chi commetterà atrocità - spiega la Bonino - ma servirà come deterrente: i Mladic e i Karadzic del futuro sapranno che c'è una corte di giustizia pronta a bloccarli. Sen
za dover aspettare la creazione di un tribunale speciale".
Perchè Dakar? Perché il Senegal ha la presidenza della delegazione africana sui diritti civili dell'ONU. E anche perché a pochi chilometri da qui c'è l'isola di Golèe: il campo di concentramento degli schiavi appena catturati (lì venivano marchiati a fuoco e poi deportati verso l'America, chi si ribellava finiva in pasto ai pescicani).
La sponsorizzazione di Soros ha fatto storcere il naso a qualcuno: dopo i 1800 miliardi di lire donati dal padrone della tv via cavo CNN Ted Turner all'ONU, il pericolo del conflitto d'interesse tra associazioni internazionali umanitarie e grandi filantropi cresce sempre più. Soros garantisce "massima correttezza" ma la Bonino sorridendo rilancia: "ben vengano i Turner e i Soros che difendono i diritti umani. Anzi a Bill Gates vorrei chiedere di darci una mano. Il suo aiuto sarebbe utilissimo".
Il progetto della Bonino incontrerà inoltre resistenze ed è rallentato tra i conflitti tra Paesi. Una spaccatura tra le Nazioni d'accordo su una piattaforma di base e quelle "dissidenti" che vorrebbero procedure diverse, o attribuire alla Corte poteri più ampi, o magari (ma è una minoranza) ripensare alla pena di morte per i criminali più spietati.
Il convegno di Dakar si chiude oggi, hanno partecipato ministri della giustizia e alti magistrati di quasi tutti i Paesi dell'Africa centrale. Il pericolo da evitare? "Una Corte prigioniera del Consiglio di sicurezza sarebbe inutile - taglia corto Soros, che definisce il Palazzo di Vetro "Un male necessario" - c'è bisogno di un organo giudiziario permanente che garantisca la salvaguardia dei diritti umani. E come l'Africa ha avuto un ruolo centrale nella messa a bando delle mine antiuomo così ha un ruolo centrale anche in questa campagna". "Quello che vogliamo evitare - conferma Aryeh Neier, direttore esecutivo dell'Istituto per la società aperta e "Mente giuridica" della Fondazione Soros - è che se il Tribunale volesse processare per esempio Pol Pot il Paese del Consiglio di Sicurezza che ha appoggiato i crimini dei Khmer rossi potrebbe porre il veto. E manderebbe a morte il processo. Il Tribunale dovrà punire anche i dittatori che godono di amici potenti".
"I magistrati saranno indipendenti e verranno da Stati estranei ai conflitti di volta in volta perseguiti. E le sentenze verranno comminate in nome della Comunità internazionale - precisa la Bonino -. E stata una battaglia difficile? Certo quando nel '92 parlai del progetto all'allora Presidente del Consiglio Amato lui disse che non era possibile, ci sarebbero voluti decenni. Ora siamo all'ultimo passo: abbiamo percorso un rally quasi impossibile, molto peggio della vostra Parigi - Dakar - ha scherzato madame la commissarie salutando il piccolo esercito dei suoi fans africani - Resta ultima tappa Dakar - Roma.