"BATTAGLIA DI LEGALITA' CONTRO I CRIMINI DI GUERRA"Di: Gianfranco Dell'Alba
Caro direttore, "Nasce monco il tribunale internazionale". Con questo singolare quanto fuorviante titolo "La Padania" ha reso conto, nelle sue edizioni del 23 e 24 Novembre, del Convegno promosso dall'associazione di emanazione radicale Non c'è pace senza giustizia e dalla commissaria europea Emma Bonino per l'Istituzione del Tribunale Penale Internazionale Permanente nel 1998, nel quadro di una campagna internazionale che ha contribuito in modo determinante alla concreta possibilità, che si arrivi in tempi rapidi a questo eccezionale passo in avanti del diritto internazionale. Motivo dell'indignazione de "La Padania" sarebbe in particolare il fatto che tale Tribunale, competente a giudicare crimini di guerra, del genocidio e dei crimini contro l'umanità, non potrà che pronunciarsi che su delitti commessi dopo la sua istituzione, "assolvendo" così, sempre secondo questa curiosa visione, i responsabili dei più recenti massacri, dal Congo all'Afghanistan. "La Padania, infine, si stupisce del fatto che i radica
li di Non c'è pace abbiano potuto accettare tale logica di real-politik così lontani dal loro impegno per il rispetto e la promozione dei diritti umani fondamentali ovunque siano violati. Ora, pare del tutto ovvio che questa critica sia priva di qualsiasi fondamento: un grande "padano" come Cesare Beccaria si rivolgerebbe nella tomba a veder così ignorati almeno due dei principi cardine del diritto, quella del "nulla poena sine lege", autorizzare a comminare delle pene, e quelle per il quale solo la previa determinazione di una legge può autorizzare a comminare delle pene, e quello per il quale la sottrazione al giudice naturale può avvenire solo in specialissime circostanze come quelle giustificate dalla particolare natura dei crimini, anch'essi identificati in base alla legge.
Per quanto possa dispiacere - ed è per questo che ci battiamo perché l'istituzione del Tribunale, rinviata da anni, possa finalmente avvenire il prima possibile - è quindi normale che una nuova giurisdizione penale internazionale permanente non possa che giudicare, in base alle norme che l'avranno istituita, dei crimini commessi dal momento della sua costituzione. E questa la caratteristica che la distinguerà da quei tribunali "ad hoc" creati all'indomani dei massacri della ex Jugoslavia e del Ruanda che, pur svolgendo un ruolo insostituibile per l'affermazione della giustizia internazionale, continuando in gran parte ad apparire come i "giustizieri" per conto, rispettivamente, dei mussulmani di Bosnia e dei tutsi ruandesi. Lo stesso può dirsi, ed è stato effettivamente autorevolmente sostenuto, a proposito del processo di Norimberga, visto da molti come il processo dei "vincitori" contro i vinti della seconda guerra mondiale: in quel caso però, già nel 1942 gli alleati gettarono le basi di quel corpo giurid
ico di definizione di crimini internazionali penalmente perseguibili - aggressione, genocidio, crimini contro l'umanità - che non solo ha consentito di processare i criminali nazisti sulla base di solidi principi giuridici quattro anni dopo la loro enunciazione, ma che consente ancora oggi di processare Priebke appunto perché per i crimini commessi durante la seconda guerra mondiale costituiscono un complesso di norme giuridiche che è stato potuto codificare ed applicare concretamente, non solo a Norimberga ma anche nei tribunali nazionali che hanno giudicato in base a "quel" diritto e a quelle norme. Il Tribunale permanente sarebbe dovuto nascere, sullo slancio di Norimberga, con l'istituzione delle Nazioni Unite. Ma con la guerra fredda non se ne fatto più nulla ed è questo il motivo per cui oggi, aldilà di una situazione politica e morale, non vi sono strumenti giuridici per perseguire i Pol Pot, i Kabila, i grandi massacratori dei propri popoli in ogni continente. E per questo che la battaglia per un nuo
vo diritto internazionale, per una giustizia intenzionale senza la quale non vi può essere una pace durevole passa attraverso l'impegno per la costruzione del Tribunale permanente. Gli ostacoli sono numerosi: vari paesi anche importanti del terzo mondo temono che un domani il Tribunale possa giudicare i propri dirigenti; i paesi sviluppati, che assicurano l'essenziale delle missioni ONU di mantenimento della pace, non vedono con favore che i loro soldati possano essere perseguiti da una corte internazionale; i membri permanenti del consiglio di sicurezza non vogliono che un procuratore generale indipendente sminuisca il loro ruolo di "gendarmi" della pace mondiale, e così via Ed è proprio perché questi ostacoli esistono che questa campagna deve diventare una grande campagna di sensibilizzazione dell'opinione pubblica italiana ed internazionale attorno a quest'obiettivo, ed è per questo che dopo Roma abbiamo tenuto un altro importante convegno a Bruxelles e siamo ora a New York, alle Nazioni Unite, per conseg
nare un appello al Segretario Generale dell'ONU Kofi Annan, firmato ad oltre sessanta personalità internazionali, seicento parlamentari di tutto il mondo e più di trecento sindaci, perché la Conferma negoziale che si terrà a Roma nel 1998 possa davvero dare vita al Tribunale permanente. E il nostro impegno e speriamo possa diventare la determinazione di molti e far si che, nel cinquantenario della proclamazione della dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, Roma non sia "ladrona" ma diventi portatrice di un messaggio universale come quello per cui: "non c'è pace senza giustizia".